Maggioranza, una partita tutta da giocare
di Domenico Mennitti
Chiuso il semestre di presidenza dell’Unione europea, prende avvio in
questi giorni la seconda parte della legislatura parlamentare italiana,
a ragione considerata la fase che deciderà le sorti dell’attuale
maggioranza di centro-destra. A primavera è fissato il primo passaggio
elettorale fra le tre scadenze in calendario sino al 2006: un anno dopo
l’altro le forze politiche, in ordine sparso o raggruppate in
contrapposte aggregazioni, si misureranno prima per eleggere la
delegazione italiana nel Parlamento europeo, poi per rinnovare i governi
regionali e, infine, per stabilire quale maggioranza politica dovrà
guidare l’Italia per il lustro successivo. Sono scadenze obiettivamente
cariche di significato ed ognuna di esse produrrà effetti sugli eventi
successivi: si profila, insomma, una specie di corsa ad ostacoli, un
duro percorso che consentirà agli elettori di selezionare rigorosamente
partiti, programmi e protagonisti.
Berlusconi ha portato a conclusione il semestre di presidenza senza aver
potuto realizzare l’aspirazione di chiudere a Roma i lavori per
l’adozione della Carta costituzionale della Nuova Europa a venticinque
nazioni; però, a parte il fatto che non si può certo attribuire al
nostro paese l’esito negativo dei lavori della conferenza
intergovernativa, è impossibile non rilevare che l’Italia ha svolto un
ruolo dignitoso, assumendo un’immagine internazionale di grande
prestigio. E’ vero che non è stata apposta la firma in calce al
documento predisposto dalla Convenzione, ma sono venuti in evidenza
problemi politici rilevanti sui quali, come ha ben detto il capo del
governo italiano, non potevano essere accettati compromessi. La verità è
che il processo di caratterizzazione politica procede a velocità
intermittente, perché i percorsi sono impervi ed i singoli paesi
esprimono sensibilità, capacità, interessi profondamente diversi ed è
stato impossibile ricondurli a sintesi. La terribile aggressione
terroristica subita dall’America di quel famigerato 11 settembre del
2001 aveva prima evidenziato la debolezza politica del nostro continente
e poi prodotto una accelerazione del processo di integrazione:
evidentemente le buone intenzioni non sono valse a comporre differenze
troppo profonde.
Queste sono ingigantite soprattutto dalla difficoltà di tenuta del
vecchio asse franco-tedesco, che ha frapposto mille pretestuose
difficoltà quando Spagna e Polonia hanno cominciato a dare segnali di
disponibilità a trattare. A far fallire la possibilità che uscisse un
testo condiviso di Costituzione sono state Francia e Germania, entrambe
ostili all’allargamento per via dello spostamento ad Est del baricentro
economico e politico dell’Europa; al tempo stesso è emerso il ruolo
centrale dell’Italia, per la prima volta protagonista sulla scena
internazionale come partecipante a pieno titolo al tavolo dove si vanno
definendo i nuovi equilibri del mondo.
Il centro-destra ha attraversato nella prima fase della sua esperienza
di governo situazioni difficili, nuove, complesse. Dal terrorismo
internazionale alla crisi economica anch’essa di dimensione mondiale,
dalle controversie interne su temi delicati quali la giustizia, il
lavoro, la previdenza, la riorganizzazione del sistema televisivo: su
tutti questi nodi è stato difficile incidere anche a causa di una
irrisolta povertà di idee e di comportamenti da parte dell’opposizione.
Si è detto e scritto molto sulla inadeguatezza della maggioranza,
accreditando l’idea che stesse crescendo una minoranza fervida di idee e
rinnovata nei comportamenti.
Bisogna affermare con determinazione che si tratta di una
rappresentazione falsa, perché la coalizione di minoranza non ha ancora
acquisito la consapevolezza di essere tale ed ha tenuto per due anni e
mezzo un comportamento di negazione pregiudiziale su tutto, rifiutando
di partecipare alla soluzione concreta dei problemi della società.
Questo comportamento ha reso marginale il tentativo di una parte della
sinistra di costruire un autentico polo riformista, evocato nella
testata di un elegante quotidiano, ma da nessuno praticato nel
Parlamento e nel paese. In effetti quel che è venuto allo scoperto è un
estremismo di linguaggio e di comportamento, una risposta sempre rissosa
e rumorosa ad ogni iniziativa del governo senza produrre una dignitosa
tesi alternativa. Al consenso che la Casa delle Libertà ha raccolto
nelle urne guadagnando la fiducia degli italiani, l’opposizione ha
risposto con la vecchia tesi degli “elettori che sbagliano”, cioè
disconoscendo il responso elettorale, in due anni e mezzo ha eretto muri
in Parlamento ed esasperato il dibattito pubblico. I rappresentanti più
aggressivi e oltranzisti, denunciando con petulanza l’assenza del
pluralismo informativo, in effetti sono sempre bene appostati nelle sedi
della comunicazione, soprattutto televisiva, dove utilizzano la satira
come invettiva, brandendola come fosse un’arma.
Attempati ma rancorosi, hanno rubato ai bambini i loro giochi preferiti
(si pensi al “girotondo”) ma esprimono violenza in contraddizione con le
gioie dell’età innocente. Prospettano grandi aggregazioni che si tengono
insieme lo spazio di una settimana: appena sono chiamati ad esprimersi
su un argomento delicato (quello, ad esempio, della fecondazione
assistita) si ritrovano in ordine sparso, pronti a scambiarsi accuse ed
a rinfacciarsi tradimenti. Non hanno inventato un protagonista che possa
alimentare speranze di rinnovamento: il leader annunziato resta Prodi,
testimone tragico dell’Europa in declino.
Non proponiamo al centro-destra di cancellare la memoria della prima
fase di governo, nel corso della quale ha manifestato anche incongruenze
e decisioni inadeguate, ma di rendersi conto che la partita è ancora
tutta da giocare. Si apre una fase in cui peraltro sarà possibile
misurare, attraverso i passaggi elettorali, la forza attrattiva che i
provvedimenti esercitano sugli elettori. I quali reclamano il rispetto
di alcuni impegni fondamentali, prima di tutti quelli che riguardano le
grandi riforme necessarie per rendere moderno il paese. Il centro-destra
ha superato bene la prova internazionale, ora deve misurarsi con i
problemi interni sui quali dovrà concentrarsi l’azione del governo. Si
profilano due passaggi fondamentali: il primo riguarda le riforme
istituzionali, che sono indispensabili sia per far funzionare meglio la
macchina dello Stato sia per poter partecipare allo spirito della
Costituzione europea, che è augurabile possa trovare una larga intesa
prima del prossimo mese di giugno, quando avverrà lo scioglimento del
Parlamento di Strasburgo. Il secondo passaggio riguarda la riforma dello
Stato sociale, una iniziativa già all’esame del Parlamento e sulla quale
non è possibile cumulare ulteriori ritardi. Sono temi che
qualificheranno l’azione del governo e della maggioranza e stabiliranno
la misura di gradimento della coalizione di centro-destra.
16 gennaio 2004
(da Ideazione 1-2004, gennaio-febbraio)
|