CdL e questione cattolica
di Mario Sechi
Ideazione di novembre-dicembre 2005

Dice Giuliano Amato che «è importante capire che in ogni uomo c'è il segno di Dio, un antidoto che non appartiene ad una laicità ignara della religione. Questo mi porta a constatare che la religione è parte del dialogo pubblico della società». Ma aggiunge anche che le società del «nostro tempo sono governabili senza un ruolo forte della religione».
Qualcuno tanto per fare dell'ironia potrebbe dire che Giuliano Amato fa parte della schiera dei cristiani rinati della sinistra italiana, in buona compagnia con Fausto Bertinotti e Piero Fassino, oggi alla ricerca del trascendente dopo una assai lunga giovinezza illuministico-rivoluzionaria. Spunti di cronaca che introducono il tema del rapporto tra religione e politica, laici e cattolici, partiti politici e Chiesa. Le (ri)conversioni a sinistra sono divertenti per la loro rapidità con l'approssimarsi della zona Palazzo Chigi-Quirinale, ma sono forse meno esilaranti e più interessanti i rilanci di Rutelli e della Margherita per avere una corsia preferenziale d'accesso Oltre Tevere, i ripensamenti laicisti in casa diessina e le tentazioni di aprire una vera e propria “questione vaticana” (Gavino Angius dixit).

La sinistra italiana ha sempre ritenuto il dialogo con la Chiesa suo esclusivo campo d'azione, un po' perché il comunismo era considerato in fondo un'eresia del cattolicesimo, un po' perché il Pci aveva un gruppo di intellettuali che sulla questione cattolica si interrogava per davvero (vi dice niente Rodano?), un po' perché la destra si occupava della faccenda in modo curiale: la Dc mediava le posizioni Stato-Chiesa, incassava i voti, scambiava favori, manteneva le posizioni, prendeva due o tre abbagli perdendo qualche battaglia (aborto e divorzio) e soprattutto si premurava di non perdere il monopolio dell'unità dei cattolici.
Era un mondo che, diviso in due blocchi, difendeva lo status quo, si appoggiava al Muro di Berlino, l'Islam era un mondo remoto fatto di califfi, deserti, avventure esotiche e pozzi di petrolio gestiti dalle “sette sorelle”, il materialismo avanzava ma il comunismo era la minaccia e la Chiesa non sembrava ancora destinata a ingaggiare una lotta mortale con il secolarismo per non diventare una forza minoritaria. Quel mondo sparisce nel 1989 con il crollo del Muro e da quel momento il gioco si spariglia, l'ordine diventa disordine mondiale, il turbocapitalismo si espande, l'Unione Sovietica si disgrega, la Cortina di ferro si arrugginisce fino a sbriciolarsi, l'America si trova nello scomodo ruolo di unica forza egemone e di Globocop, entrano in campo forze nuove, nuove ondate migratorie, il mondo diventa multipolare, l'Islam partorisce il mostro del terrorismo e la jihad, la Cina e le tigri asiatiche inventano il mix di illibertà politica e capitalismo dirigista, la società italiana conosce una rivoluzione giudiziaria, la Dc sparisce e la Chiesa si trova nel pieno della guerra di civiltà e dell'avanzare in pochi anni di un relativismo che punta all'annichilimento delle idee forti. È in questo scenario globale che oggi la Chiesa e la politica si confrontano.

L'Italia è uno dei teatri più interessanti e agguerriti, perché cuore del Papato è paese ancora resistente al secolarismo. «Qui in Italia – disse Papa Benedetto XVI durante l'assemblea dei vescovi nel maggio scorso – l'egemonia non è affatto totale e incontrastata».
È in questo scenario locale che la Chiesa e la politica si scontrano e incontrano. Chiusa la fase dell'unità dei cattolici, il centrosinistra ha pensato che tutti i voti cattolici fossero in libera uscita, ma il risultato del referendum sulla procreazione ha fatto suonare il gong. Qualcosa in questi anni è cambiato. E a combattere la battaglia sul campo della Chiesa sono rimasti in pochi: Francesco Rutelli, Marcello Pera e Pier Ferdinando Casini. Giocando una scommessa contro l'establishment politico-culturale, i tic degli intellettuali radical chic e la miopia dei partiti, i tre hanno vinto. E riaperto il tema del rapporto tra laici e cattolici, Chiesa e partiti. Soprattutto nel campo del centrodestra, dove sta venendo alla luce un movimento d'opinione che la Casa delle Libertà finora ha sottovalutato, ma con cui presto dovrà fare i conti, soprattutto se vuole seriamente approdare alla costituzione di un partito unitario dei conservatori.

Dopo il referendum, l'altro colpo di cannone è arrivato da una lettera di Papa Benedetto XVI al seminario di Norcia organizzato dalla Fondazione Magna Carta e dalla Fondazione per la sussidiarietà. Una lettera dove il Papa occupandosi di laicità e libertà scrive che «la riflessione che si farà al riguardo tenga conto della dignità dell'uomo e dei suoi diritti fondamentali, che rappresentano valori previi a qualsiasi giurisdizione statale. Questi diritti fondamentali non vengono creati dal legislatore, ma sono inscritti nella natura stessa della persona umana, e sono pertanto rinviabili ultimamente al Creatore. Se, quindi, appare legittima e proficua una sana laicità dello Stato, in virtù della quale le realtà temporali si reggono secondo norme loro proprie, alle quali appartengono anche quelle istanze etiche che trovano il loro fondamento nell'essenza stessa dell'uomo. Tra queste istanze, primaria rilevanza ha sicuramente quel “senso religioso” in cui si esprime l'apertura dell'essere umano alla Trascendenza. Anche a questa fondamentale dimensione dell'animo umano uno Stato sanamente laico dovrà logicamente riconoscere spazio nella sua legislazione. Si tratta, in realtà, di una “laicità positiva”, che garantisca ad ogni cittadino il diritto di vivere la propria fede religiosa con autentica libertà anche in ambito pubblico. Per un rinnovamento culturale e spirituale dell'Italia e del Continente europeo occorrerà lavorare affinché la laicità non venga interpretata come ostilità alla religione, ma, al contrario, come impegno a garantire a tutti, singoli e gruppi, nel rispetto delle esigenze del bene comune, la possibilità di vivere e manifestare le proprie convinzioni religiose».

La lettera autografa del Pontefice è un documento di straordinaria importanza che certifica la volontà della Santa Sede di continuare a intervenire nel dibattito politico italiano per ribadire il magistero della Chiesa nella società e non solo entro le mura vaticane. Tranne alcune lodevoli eccezioni, questo documento non ha raccolto l'attenzione nel mondo politico e culturale dell'area del centrodestra, convinto che la querelle sull'Ici e gli immobili vaticani fosse più importante (e dunque temporale) mentre la lettera del Papa sulla laicità fosse un gioco filosofico (e dunque spirituale). Il significato della lettera del Pontefice non è sfuggito, per esempio, a un vaticanista attento come Marco Politi, che su Repubblica scrive: «Papa Ratzinger si sta addentrando nella giungla politica italiana. Può darsi sia solo una sortita. O forse no. Certo è che mandando il suo beneaugurante pensiero a Marcello Pera e al suo progetto dichiaratamente ispirato alla visione dei neoconservatori americani (in cui la politica di governo è direttamente impostata dai postulati di una fede) il Pontefice tedesco ha scavalcato il Tevere e si è immesso nelle vicende nostrane». Il giornale diretto da Ezio Mauro legge la lettera del Papa come una sorta di “discesa” in campo e “scelta di campo”. Politi fa notare che nell'attuale opposizione il dialogo con la Chiesa «è un terreno che il mondo laico del centrosinistra sembra avere completamente abbandonato». Non sappiamo quanti tra i politici della CdL abbiano colto questi segnali, certo è che nessuno tra i leader del centrodestra è intervenuto nel dibattito politico aperto dalla lettera di Ratzinger. Si dirà che bisogna tenere distinti il fatto religioso da quello politico. Ci sentiamo di dire che è proprio questo l'errore: pensare a una Chiesa che si occupa delle anime solo nel chiuso recinto delle basiliche, in un confine che in duemila anni di storia non è mai esistito. La Chiesa cattolica è sempre stata un global player e la sua diplomazia si dispiega sui due emisferi.

Il suo ruolo nelle rivoluzioni democratiche degli anni Ottanta è stato fondamentale. Un libro poco citato e poco letto di Samuel Huntington (autore dello Scontro delle Civiltà, libro invece citatissimo e altrettanto poco letto) intitolato La Terza Ondata, offre al lettore una panoramica dell'azione della Chiesa nella costruzione delle democrazie e del libero mercato. Il centrodestra dovrebbe riflettere su questo aspetto: il liberalismo è stato separato dalla sua originaria radice cattolica, e oggi è in crisi proprio dal punto di vista morale, sembra essere assente una missione suprema. Qualcuno dirà che fu la Democrazia cristiana ad assicurare in Italia un equilibrio tra mercato e Stato, valori della Chiesa e missione dell'impresa. In questo senso, è interessante leggere questa valutazione storica proposta da Giorgio Vittadini: «Dal punto di vista politico, la Democrazia cristiana, che ha enormi meriti per ciò che è riuscita a fare per lo sviluppo della vita democratica del paese, è implosa a poco a poco scivolando nella sola preoccupazione di una gestione del potere e imboccando la via dello statalismo, perdendo così coscienza della sua diversità culturale». Addirittura è arrivata ad accettare un regime consociativo in cui «nella concreta vita parlamentare si realizzava una strategia di compromesso», mentre «nel presupposto che la società civile del dopoguerra fosse impreparata, venne colonizzata politicamente e si favorì una concezione “paternalistica” dei diritti sociali. Nella vita concreta della nuova Repubblica italiana i soggetti attivi del pluralismo sociale vennero identificati e sostanzialmente esauriti nei partiti e nei sindacati, destinando le altre formazioni sociali ad un ruolo marginale e secondario».

Partiti e sindacati, un tempo architrave della vita sociale italiana, oggi sembrano essere ai margini del paese reale. I primi chiusi da tempo nel Palazzo, i secondi intenti a difendere antiche posizioni e rendite, pronti a sostenere le politiche dei diritti, ma inadeguati a sostenere le sfide lanciate dal mercato globale. Questa inadeguatezza si potrebbe estendere anche all'impresa italiana, ma usciremmo dal seminato. Restiamo dunque nel campo arato (e un po' incolto) della politica e del centrodestra, e vediamo se il sistema di coltivazione della CdL è conciliabile con la potatura che Ratzinger sta svolgendo nella “vigna del Signore”.
Di contadini conservatori intenti a dare una sistematina all'agro Chiesa-politica non se ne vedono molti in giro. Marcello Pera, of course, su un livello francamente inarrivabile per tutti; Pier Ferdinando Casini per cultura e tradizione post-democristiana; Roberto Formigoni, la cui impronta ciellina è fonte di attenzione verso i movimenti ecclesiali; Letizia Moratti, che il 13 ottobre scorso ha firmato l'accordo con la Cei per l'insegnamento della religione nei licei (scelta fatta dall'87 per cento degli studenti), inserendo negli organici tremila insegnanti precari e evitando l'esclusione dai programmi di un tema che – se fosse passata la visione laicista – avrebbe fatto mancare all'educazione dei ragazzi «significati e simboli religiosi, escludendo i quali sarebbe incomprensibile gran parte del nostro patrimonio letterario, artistico e filosofico».

Sono però soltanto dei timidi segnali. Il problema del rapporto tra politica e religione in Italia, dopo l'eclisse della Dc, era fino a poco tempo fa quello di intercettare i consensi in libera uscita, oggi, senza stare a fare giri di parole, è quello della creazione di una nuova formazione che sappia farsi interprete del nuovo rapporto tra laici e cattolici. Vale la pena di ricordare le parole pronunciate dal Papa Giovanni Paolo II il 23 novembre 1995 durante il convegno ecclesiale di Palermo: «La Chiesa non deve e non intende coinvolgersi con alcuna scelta di schieramento politico o di partito, come del resto non esprime preferenze per l'una o per l'altra soluzione istituzionale o costituzionale, che sia rispettosa dell'autentica democrazia. Ma ciò nulla ha a che fare con una “diaspora” culturale dei cattolici, con un loro ritenere ogni idea o visione del mondo compatibile con la fede, o anche con una loro facile adesione a forze politiche e sociali che si oppongano o non prestino sufficiente attenzione, ai principi della dottrina sociale della Chiesa sulla persona e sul rispetto della vita umana, sulla famiglia, sulla libertà scolastica, la solidarietà, la promozione della giustizia e della pace». Queste parole sono state rievocate dal cardinale Camillo Ruini il 7 ottobre del 2004, durante la 44a settimana sociale dei cattolici. Siamo portati a credere che non sia un caso, la Chiesa ha visione assai più lunga e strategica di quanto possa la politica. Sono trascorsi dieci anni da quando Karol Wojtyla pronunciò quelle parole, il mondo è cambiato con rapidità impressionante, le sfide contemporanee sono molteplici, l'Occidente e i suoi valori sono sotto attacco. Dalla finestra del Palazzo Apostolico oggi per l'Angelus si affaccia un altro Papa, Joseph Ratzinger, Benedetto XVI, ispirato a quel Benedetto da Norcia che volle ricristianizzare l'Europa, oggi senza radici. Nel centrodestra si chiacchiera di partito unitario, ma se fosse arrivato il momento, proprio per i laici, di riaccendere il motore dell'unità politica dei cattolici?



Mario Sechi, giornalista, vicedirettore de il Giornale, si occupa prevalentemente di politica interna e attività parlamentare.

(c) Ideazione.com (2006)
Home Page
Rivista | In edicola | Arretrati | Editoriali | Feuilleton | La biblioteca di Babele | Ideazione Daily
Emporion | Ultimo numero | Arretrati
Fondazione | Home Page | Osservatorio sul Mezzogiorno | Osservatorio sull'Energia | Convegni | Libri
Network | Italiano | Internazionale
Redazione | Chi siamo | Contatti | Abbonamenti| L'archivio di Ideazione.com 2001-2006