La lunga strada dell'Europa militare
di Gloria Martini
Ideazione di novembre-dicembre 2005

Lo sviluppo di una Politica europea per la sicurezza e la difesa (Pesd) ha seguito due distinti cammini fin dal momento del suo rinnovato rilancio a Saint-Malo nel 1998. Da un lato si è sviluppata ad alto livello lungo i canali della cooperazione intergovernativa e, dall'altro, ha percorso la via più pragmatica della logica di mercato e della ristrutturazione industriale. Un fossato, tuttavia, ha da sempre separato questi due sentieri, e cioè quello della mancanza di una comune politica europea degli armamenti. è evidente, infatti, come tra i due cammini vi sia un legame indissolubile. La piena realizzazione di una politica estera di sicurezza e difesa europea non può avvenire senza il complementare sviluppo di capacità militari e di armamenti, non potendo la prima essere credibile senza l'ausilio del secondo. Molteplici sono stati gli elementi che hanno ostacolato questo sviluppo: le limitazioni ai bilanci nazionali, i crescenti costi per la realizzazione di sistemi d'arma complessi, le radicate e differenti tradizioni nazionali, l'inerzia delle burocrazie, i divergenti interessi industriali e le differenti filosofie di approvvigionamento militare. è inoltre accaduto che gli Stati hanno proceduto in modo non coordinato. Anche la creazione di Champions a livello transnazionale avvenuta sulla spinta della concorrenza americana, che ha dato vita nel corso degli anni Novanta a tre grandi gruppi – Eads, Bae System e Thales – collegati tra di loro e ai rimanenti gruppi attraverso numerose joint ventures internazionali, è avvenuta al di fuori dal quadro istituzionale europeo.

E' solo in tempi più recenti che si è assistito ad una crescente presa di coscienza della necessità di procedere ad una politica di sicurezza più strutturata supportata da una credibile politica degli armamenti. I mercati nazionali si sono rivelati non essere più in grado di sostenere le rispettive industrie militari, e la loro crescente fusione transnazionale ha aumentato la richiesta di un quadro regolamentare unico a livello continentale. La mutata percezione dei rischi che attentano alla sicurezza dei nostri paesi, già cambiata all'indomani della fine della Guerra Fredda e cresciuta d'intensità in seguito agli attentati terroristici di New York, Madrid e Londra ha stimolato la necessità di provvedere all'approvvigionamento di adeguate strutture d'arma e d'intelligence per la lotta al terrorismo internazionale. L'Agenzia europea di difesa (Aed) rappresenta il passo istituzionale cui si è giunti in conseguenza di siffatta maturazione. Appare quindi importante procedere ad una valutazione della sua struttura, compiti, relazioni con gli altri organismi e con le istituzioni comunitarie al fine di valutarne la portata innovativa e comprenderne il ruolo nell'ambito della realizzazione di una politica di sicurezza per l'Europa.

La cooperazione europea nel settore degli armamenti
La cooperazione dei paesi europei nel settore degli armamenti ha conosciuto un'accelerazione a partire dalla fine della Guerra Fredda quando si è iniziata ad avvertire la necessità di procedere allo sviluppo di un approccio sistematico più ambizioso che si è risolto nell'avvio di una serie di iniziative quali la Weao-Weag, l'Occar e la Lettera di Intenti.
La Weag (Western European Armament Group) è un forum di cooperazione nel settore degli armamenti istituito nell'ambito dell'Unione europea occidentale (Ueo) nel 19931. Il gruppo è nato in seguito ad un'iniziativa intrapresa in seno alla Nato nel 19762 ed è strettamente collegato alla Weao (Western European Armament Organisation). La Weao è stata creata in seguito ai risultati di un gruppo di studio ad hoc che aveva lo scopo di esaminare la possibilità di creare una Agenzia europea per gli armamenti, come stabilito nella dichiarazione sull'Unione europea occidentale allegata al trattato di Maastricht. Il gruppo, nel constatare la mancanza di condizioni per procedere alla istituzione di una tale agenzia capace di occuparsi dell'intero spettro delle attività di approvvigionamento dei paesi europei, suggeriva una possibilità di cooperazione in alcune aree ben identificate riguardanti il miglioramento del mercato attraverso un'azione coordinata degli Stati europei nel quadro dell'attività di un organo avente personalità giuridica, la Weao per l'appunto3.

La Weao vede attualmente la partecipazione di diciannove paesi europei (di cui quattordici membri dell'Ue e sedici membri anche della Nato) ed ha come obiettivo l'armonizzazione dei programmi e degli standard operativi nonché la promozione di progetti nel settore della Research and Development (R&D) che abbiano connotazioni transfrontaliere. Essa non ha avuto, comunque, un grande impatto nel perseguire questo suo obiettivo anche perché ha perso slancio politico da quando l'Ueo è stata integrata nelle strutture dell'Unione Europea.

Un'altra importante organizzazione è la Joint Armament Cooperation Organisation. Meglio conosciuta con il suo acronimo francese, l'Occar è nata come dipartita dalla Weao a causa di divergenze interne. Nel dicembre del 1995 la Francia e la Germania hanno deciso di progredire insieme allo scopo di realizzare nuovi principi di cooperazione, detti di “Baden-Baden”, nel quadro di una struttura permanente franco-tedesca. Il Regno Unito, l'Italia e il Belgio hanno aderito rapidamente, mentre i Paesi Bassi e la Spagna hanno iniziato un processo di ratifica e la Svezia ha espresso il suo interesse4. I principi applicati dalla Occar sono innovativi se rapportati alle pratiche tradizionali della cooperazione in questo settore. Essi prevedono la concorrenza sistematica tra i fornitori dei differenti Stati membri e l'apertura alla concorrenza extraeuropea in caso di effettiva reciprocità. è previsto l'abbandono del principio del “giusto ritorno” industriale basato su valutazioni annuali e per programma da parte di ogni paese partecipante a favore di un equilibrio globale apprezzato su una base pluriennale e su più programmi. Infine, si prevede l'acquisto preferenziale da parte degli Stati membri degli equipaggiamenti per lo sviluppo dei quali, gli stessi Stati hanno partecipato attivamente nel quadro dell'Occar5.
Si osservi che la Gran Bretagna, la Francia, la Germania, l'Italia, la Spagna e la Svezia rappresentano, da sole, più dell'80 per cento della produzione delle attrezzature militari nell'Unione Europea e sono, al tempo stesso, i principali consumatori di questi beni.

La Lettera di Intenti rappresenta il tentativo dei sei paesi, che sono i maggiori produttori di armi, di perseguire un duplice obiettivo. Essi intendono, da un lato, far sì che sia più facile, per imprese produttrici aventi caratteristiche transnazionali, operare all'interno dei loro mercati e, dall'altro lato, consentire ai corrispondenti governi una più agevole organizzazione di progetti comuni. Gli Stati firmatari della Lettera sono, tuttavia, reticenti ad estendere il contenuto di questo accordo a paesi che hanno una carenza significativa nelle loro industrie della difesa. Temono, infatti, che i contenuti della Lettera, che copre tematiche molto sensibili e prevede comuni procedure di esportazione, possano essere alterati qualora aderisse un numero elevato di paesi. Detto ciò, è da rilevare che, da un punto di vista strettamente pratico, la Lettera di Intenti ha un impatto irrilevante sulla realtà di fatto dei mercati europei. Nessuna istituzione multinazionale, inoltre, vigila sulla sua reale applicazione.

Appare quindi evidente che la cooperazione europea nel settore degli armamenti non è stata una storia di successi. Gli Stati hanno proceduto in modo non coordinato, in base a cooperazioni ad hoc, su base puramente intergovernativa e al di fuori del quadro istituzionale europeo. Piuttosto che unificare gli sforzi hanno dissipato le loro energie dando vita ad una serie di organismi che, comunque, non hanno raggiunto l'obiettivo di risolvere la fondamentale debolezza del settore degli armamenti: la frammentazione dei mercati e la conseguente duplicazione dei costi. Da questo punto di vista l'Agenzia europea per la difesa (Aed) rappresenta il primo esperimento avente caratteristiche innovative rispetto alle precedenti esperienze.

L'Agenzia europea per la difesa
L'idea di dar vita ad una Agenzia europea per gli armamenti non è solo storia di questi ultimi anni. Essa risale al 19916, quando, in seguito ai negoziati che hanno condotto alla redazione del Trattato di Maastricht, una dichiarazione relativa alla possibilità di creare una tale Agenzia fu allegata al Trattato sull'Unione Europea. La proposta, tuttavia, non ebbe seguito. La Gran Bretagna, in particolar modo, temeva che un'agenzia per gli armamenti avrebbe creato una “Fortezza Europa” che avrebbe escluso una relazione privilegiata con gli Stati Uniti, presso cui, molti paesi europei si rifornivano di attrezzature militari7.

Il dibattito relativo all'istituzione di una Agenzia è stato ripreso più tardi in seno ai lavori della Convenzione europea e al suo gruppo di lavoro “Difesa”8. In questo contesto tre dichiarazioni bilaterali (dichiarazioni franco-tedesca, anglo-francese e anglo-italiana)9 hanno sostenuto la realizzazione di una politica comune di acquisizione e produzione delle attrezzature militari e la realizzazione di una Agenzia con carattere intergovernativo e sono divenute parte integrante del “Progetto di Trattato che istituisce una Costituzione per l'Europa”10: progetto successivamente approvato dalla Conferenza intergovernativa e attualmente sottoposto alle procedure di ratifica dei venticinque paesi membri dell'Unione Europea. In concomitanza a questi avvenimenti, i capi di Stato e di governo degli allora quindici paesi membri dell'Unione Europea, riuniti nei Consigli europei di Bruxelles e di Salonicco, del marzo e del giugno 2003, hanno adottato le misure necessarie per la sua creazione.

Grandi differenze persistevano tra gli Stati membri relativamente agli obiettivi di fondo dell'Agenzia. La Francia e il Regno Unito avevano opinioni divergenti relativamente alla sue competenze fondamentali. La Gran Bretagna desiderava che fosse riservata un'attenzione particolare alle capacità di sviluppo e sottolineava pertanto il ruolo centrale dei ministri della Difesa nel processo decisionale dell'Aed. La Francia preferiva, invece, che l'Agenzia si concentrasse su tutte e quattro le funzioni previste dal mandato di Salonicco e poneva l'accento sulla sua natura multifunzionale. Diversamente dal Regno Unito, essa desiderava, inoltre, che altri ministri fossero presenti alle riunioni del Comitato direttivo per discutere di questioni industriali o di ricerca. La Germania sosteneva la posizione francese sottolineando, in aggiunta, che gli incontri tra i ministri della Difesa degli Stati membri con i direttori nazionali degli armamenti ottenessero una adeguata previsione istituzionale11.

Questa divergenza di posizioni è stata fonte di tutta una serie di difficoltà che gli Stati hanno incontrato nel procedere alla realizzazione dell'Agenzia. Il cammino è stato, inoltre, reso ancora più ispido dal fatto che l'adozione delle decisioni è avvenuta seguendo l'insidioso metodo intergovernativo. Ad ogni modo, l'Agenzia europea per la difesa12 è stata finalmente istituita con all'approvazione dell'azione comune del Consiglio del 12 luglio 2004.

Obiettivi e struttura
L'istituzione dell'Agenzia europea per la difesa ha visto l'adesione di ventiquattro paesi dell'Unione, dato che la Danimarca beneficia di una clausola di opting-out relativamente al settore della difesa13. Essa opera sotto la stretta autorità del Consiglio che, agendo all'unanimità, ne formula gli orientamenti e il programma di lavoro. La missione dell'Agenzia è volta al sostegno della Pesc (Politica estera di sicurezza comune) e della Pesd (Politica europea per la sicurezza e la difesa), a fornire un adeguato supporto al Consiglio e agli Stati membri nello sforzo teso al miglioramento delle capacità militari dell'Unione Europea nel settore della gestione delle crisi nell'ambito del quadro istituzionale unico dell'Unione Europea e senza pregiudizio né per le responsabilità delle istituzioni europee né per le competenze dei paesi membri in materia di difesa.

E' governata da un Comitato direttivo composto da un rappresentante per ogni Stato membro e della Commissione europea. Si riunisce almeno due volte all'anno a livello di ministri della Difesa e può essere convocata anche in formazioni specifiche, più particolarmente, a livello di direttori nazionali della ricerca nel settore della difesa e degli armamenti, di responsabili nazionali della pianificazione e di direttori politici. Alle riunioni del Comitato direttivo prendono parte anche il presidente del Comitato militare dell'Ue e, qualora si discutano materie di comune interesse, possono essere invitati anche il segretario generale della Nato e i capi o presidenti di altri regimi, organizzazioni o gruppi le cui attività siano pertinenti con quelle dell'Agenzia (per esempio Lettera di Intenti, Weag-Weao, Occar). L'Agenzia è simbolicamente presieduta dall'alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune, Javier Solana, ma diretta dal capo dell'organo esecutivo nominato dagli Stati membri. In seguito ad un acceso dibattito tra la Francia e la Gran Bretagna, Nick Witney, dirigente uscente del ministero della Difesa britannico, è stato nominato a capo del Comitato direttivo.

Il Comitato può prendere decisioni a maggioranza qualificata, cioè con almeno due terzi dei voti degli Stati membri partecipanti, ma ogni paese può dichiarare che intende opporsi a che una decisione sia presa a maggioranza qualificata a causa di specificati e importanti motivi di politica nazionale. In tale circostanza il voto non ha luogo.

L'Agenzia ha competenza in quattro settori principali. Si occupa dello sviluppo delle capacità di difesa nel settore della gestione delle crisi attraverso l'individuazione dei bisogni dell'Ue e la valutazione degli impegni assunti dagli Stati membri; coordina l'armonizzazione delle priorità militari e propone attività di collaborazione in settori operativi formulando pareri sulle priorità finanziarie per lo sviluppo e l'acquisizione di capacità. Promuove nuovi progetti di cooperazione a carattere multilaterale e coordina i programmi esistenti. Essa si preoccupa, inoltre, di rafforzare la base tecnologica dell'industria della difesa attraverso la creazione di un mercato europeo degli equipaggiamenti militari aperto alla concorrenza internazionale e l'armonizzazione delle relative regole.

Infine, ha competenza relativamente al rafforzamento dell'efficacia della ricerca tecnologica nel settore della difesa attraverso la promozione di studi in materia e il coordinamento di attività di ricerca congiunte miranti a soddisfare i bisogni futuri in termini di capacità e a rafforzare la base tecnologica dell'industria militare.

L'Agenzia è, dunque, il risultato del compromesso tra le posizioni francese, inglese e tedesca. Il metodo adottato è quello intergovernativo, mitigato dalla possibilità di un voto a maggioranza in seno al comitato direttivo sul quale pende la spada di Damocle del veto degli Stati membri. Tale diritto di veto, che di fatto reintroduce la regola dell'unanimità, non deve, tuttavia, essere interpretato in senso completamente negativo. Può essere comprensibile che, nelle fasi iniziali di una cooperazione in un settore completamente nuovo, gli Stati vogliano conservare il controllo sulle decisioni adottate nella prospettiva che la progressiva realizzazione di politiche rispettose di tutte le posizioni permetta l'abbandono del criterio dell'unanimità. Anche se pesi e contrappesi sono stati previsti, l'Agenzia ha, comunque, davanti a sé sfide ambiziose. I primi mesi della sua attività saranno rivolti alla tessitura delle relazioni che sono al cuore della riuscita della sua missione. Purtroppo, la sua disponibilità di spesa, che ammonta a qualche milione di euro da destinarsi alla realizzazione di studi e consulenze,14 implica che essa non abbia né risorse proprie né un budget per la ricerca, con la conseguenza che la sua attività sarà volta all'acquisto di equipaggiamenti o alla gestione di programmi multinazionali15 solo seguendo le politiche e le decisioni vincolanti dei paesi membri, almeno per quel che riguarda il breve termine.

L'Agenzia dovrà perciò fare in modo di riuscire a proporre metodologie di lavoro che permetteranno ai paesi membri di lavorare insieme per colmare sia il divario nelle capacità europee che lo sviluppo di programmi di ricerca, proponendosi come uno specchio in cui gli Stati membri possano valutare il livello delle loro realizzazioni. Dovrà essere estremamente flessibile e agire come un sistema integratore, cercando di esercitare una certa pressione sui principali attori che agiscono nel settore della difesa per superare l'attuale situazione di frammentazione16.

Collaborazione con organizzazioni internazionali
La nuova Agenzia europea per la difesa è posta al centro di un nodo di relazioni estremamente importante per il futuro sviluppo e la riuscita della sua missione. Essa deve cooperare strettamente con paesi terzi, organizzazioni internazionali quali la Nato e strutture e forum operanti nel settore europeo degli armamenti tra cui la Weao-Weag, la Lettera di Intenti e l'Occar. L'obiettivo è quello di fare in modo che l'Agenzia funga, almeno in un primo tempo, da centro di coordinamento di questa rete, per passare poi, in una fase pienamente operativa, ad incorporare le regole e le procedure sviluppate in seno a questi organismi.

Se un trasferimento di elementi, principi e pratiche è in corso per quanto riguarda la Waeg-Weao, un tale processo appare essere più complicato relativamente all'Occar e alla Lettera di Intenti. Sebbene sia stata una espressa previsione del Rapporto finale del Gruppo di Lavoro Difesa in seno alla Convenzione europea che si è espressa per la creazione di un European label, alcuni problemi sorgono in considerazione del fatto che la loro membership non coincide con quella degli attuali Stati membri dell'Ue. Non è questo un fattore di secondaria importanza se si pensa al potenziale economico dei paesi che costituiscono questo organismo.

Questo ultimo punto ci porta a riflettere sul meccanismo della cooperazione strutturata permanente17 applicabile, per la prima volta, al settore della difesa, e prevista dal Trattato Costituzionale. Essa consiste in una procedura che apre la possibilità ad un gruppo di Stati di cooperare più strettamente tra di loro all'interno del quadro istituzionale unico dell'Unione Europea, seguendo regole e procedure prestabilite e accettate da tutti. Mancando una tale possibilità il rischio è quello di continuare a favorire il mantenimento di cooperazioni che, pur avendo conseguenze rilevanti sullo sviluppo delle attività dell'Agenzia, continueranno a svolgersi in fori esterni all'Unione, senza riscontri formali e giuridicamente vincolanti. Il ruolo di raccordo della Aed tra tutte queste strutture e il futuro sviluppo dell'efficacia della sua azione potrebbero, quindi, risultare sminuiti dalla mancata ratifica del Trattato Costituzionale.

Di primaria importanza saranno, poi, le relazioni che l'Aed svilupperà con l'Alleanza Atlantica, tenuto conto dell'esperienza pluridecennale di quest'ultima nel settore degli armamenti e del fatto che sia l'Ue che la Nato sono coinvolte nello sviluppo e nel miglioramento delle capacità militari europee. Una collaborazione fondata su una base cooperativa sarà necessaria per riuscire ad individuare le priorità evitando la duplicazione degli sforzi e per favorire l'interoperabilità dei sistemi d'arma.

La necessaria cooperazione con la Commissione europea
Con l'azione comune del luglio 2004, il Consiglio ha riconosciuto che la Commissione europea sia pienamente associata ai lavori dell'Agenzia attraverso la presenza di un suo membro nel comitato direttivo, seppur senza diritto di voto. L'attuale Commissario per l'Impresa e Industria, Günter Verheugen, è la figura che incarnerà questo legame istituzionale.

L'Agenzia coopererà quindi con la Commissione nel raggiungimento delle finalità relative all'istituzione di un mercato europeo degli equipaggiamenti militari e per lo sviluppo della Research and Development nel settore della sicurezza in stretta cooperazione con il settore della difesa.

Non vi è alcun dubbio che la progressiva istituzione di un mercato europeo degli armamenti coinvolgerà l'attività delle istituzioni comunitarie. L'esperienza maturata dalla Commissione europea nella costruzione del mercato unico sarà d'aiuto nel procedere efficacemente nella mediazione tra contrapposti interessi nazionali e per superare il tortuoso approccio intergovernativo. Una possibile azione sinergica tra l'Agenzia e la Commissione potrebbe condurre, inoltre, ad una più coerente struttura istituzionale che tenga conto sia delle procedure del metodo comunitario che di quelle intergovernative per realizzare al meglio una strategia globale nei tre campi della ricerca, del mercato e dell'approvvigionamento militare. Il punto di partenza per la costruzione di un mercato degli equipaggiamenti militari è dato dall'articolo 296 del trattato sulla Comunità europea18 che permette agli Stati membri di derogare dalle regole del mercato comune qualora i loro «essenziali interessi di sicurezza siano coinvolti». Sebbene questa esenzione sia sottoposta a certe condizioni definite dal trattato e sia stata anche oggetto di una sentenza della Corte di Giustizia europea che l'ha interpretata in modo restrittivo, nella pratica si è verificato che i governi hanno applicato in modo automatico la possibilità di derogare alle regole del mercato unico. Ogni qual volta il settore degli equipaggiamenti militari entrava in gioco, essi sono ricorsi costantemente all'applicazione dei contratti pubblici di appalto a livello nazionale. È questa una tipologia contrattuale molto complessa, che differisce da paese a paese, e che si aggiunge a tutta un'altra serie di regolamenti. Ad oggi, il risultato è quello di una situazione di estrema mancanza di trasparenza e inefficienza che intralcia l'equa competizione intracomunitaria. In seguito ad un primo tentativo della Commissione mirante ad incoraggiare l'istituzione di un efficiente mercato degli equipaggiamenti militari, giudicato peraltro prematuro, essa è pervenuta, nel settembre 2004, alla pubblicazione di un Libro Verde con cui ha aperto una fase di consultazione della durata di quattro mesi relativamente alla possibile proposta di procedere alla realizzazione di una siffatta iniziativa a livello europeo. Due sono le soluzioni avanzate dalla Commissione.

La prima riguarda la possibilità di adottare una comunicazione interpretativa che non abbia ad effetto quello di cambiare, bensì, di chiarificare l'attuale quadro legale, tenuto conto dei recenti sviluppi introdotti dalla sentenza della Corte di giustizia. In base a questa ipotesi gli Stati membri potranno scegliere tra l'applicazione dell'articolo 269, e le conseguenti regole nazionali, o ricorrere alla possibilità di applicare ai loro contratti di natura militare direttive di natura civile che, però, non tengono conto delle specificità di questo settore. In questo caso il problema dei governi che vogliono aprirsi alla concorrenza ma non si sentono sufficientemente tutelati non viene risolto.

La seconda opzione concerne l'adozione di una direttiva che tenga conto della specifica natura del settore della difesa19. In quest'ultimo caso, le esenzioni previste dall'articolo 269 resteranno pienamente applicabili, ma i governi potranno anche utilizzare la nuova direttiva concepita ad hoc per il settore dell'approvvigionamento e dell'equipaggiamento militare ed aprirsi, in tal modo, alla concorrenza intraeuropea quando i contratti in questione non riguardano essenziali interessi di sicurezza nazionale. Attraverso l'istituzione di un mercato intraeuropeo animato da una maggiore competizione si potrà contribuire al sostegno della base industriale europea nel settore della difesa, si ridurranno le duplicazioni, si creeranno centri di eccellenza e si trarranno vantaggi dalle economie di scala con un conseguente risparmio di risorse pubbliche di per sé già scarse. Attraverso il coordinamento dei regolamenti nazionali si potrà, inoltre, razionalizzare il quadro giuridico europeo, al momento estremamente frammentato, e ottenere così un sistema più trasparente20.

Da osservare che le regole dell'Organizzazione Mondiale del Commercio non sono applicabili a questo settore in quanto un accordo sugli appalti pubblici ha escluso i prodotti militari dal loro campo di applicazione. L'eventuale apertura del mercato nel settore della difesa, ad esempio tra l'Europa e gli Usa, potrebbe essere affrontato soltanto nel quadro di negoziati internazionali e solo qualora le parti interessate desiderino procedere in tal senso. Possiamo quindi dedurre che la probabile istituzione di un mercato europeo degli armamenti sarà indubbiamente ispirato ad una maggiore trasparenza e competitività, ma non si aprirà ad una sorta di liberismo cieco che abbandona le imprese europee alle incontrollabili forze del mercato. Esso, forse, sarà non meno regolamentato e codificato ma la novità rispetto al passato è che sarà in funzione espansiva e in una prospettiva di respiro europeo in cui il consolidamento economico generale incontra le esigenze di sicurezza del continente.

Tecnologia per le imprese civili
Una natura del tutto particolare hanno gli investimenti nella Research and Development nel settore della sicurezza e difesa poiché essi perseguono il duplice obiettivo di sostenere la base tecnologica e industriale delle imprese europee e di permettere la realizzazione di sistemi d'arma tecnologicamente avanzati in grado di rispondere alle esigenze di sicurezza del continente. Il mondo del post Guerra Fredda si è, infatti, trovato a dover fronteggiare nuove sfide per la sicurezza quali il terrorismo internazionale e la proliferazione delle armi di distruzione di massa. Minacce diversificate necessitano pertanto di una risposta flessibile che associ le risorse militari all'utilizzo di mezzi civili di intelligence, di polizia, economici, giuridici, finanziari e scientifici.

L'esigenza di trovare una risposta adeguata spinge l'Europa a dover sviluppare un approccio nuovo e su scala continentale ai problemi della sicurezza. Tutti i settori devono essere coinvolti al fine di coprire tutto l'arco degli interventi possibili, dalla sicurezza interna fino alla difesa verso l'esterno. Ecco quindi che uno sforzo di coordinamento tra i settori della Research and Development di tipo militare e civile deve essere fatto al fine di realizzare un concetto più vasto di sicurezza. Questo imperativo si impone ancor più se si tiene conto del fatto che la dualità delle moderne tecnologie implica che i settori civile e militare nel campo della Research and Development non conoscono soluzioni di continuità. Sempre più si realizza tra i due una reciproca contaminazione e tecnologie sviluppate per propositi di difesa sono poi state sfruttate commercialmente. Gli investimenti in Research and Development sono, inoltre, il fondamento del futuro dell'industria ed dell'economia in Europa e rappresentano il supporto fondamentale per base tecnologica e industriale delle imprese in Europa, ne favoriscono la competitività e rappresentano l'elemento che permette loro di restare sul mercato e di allargare i loro orizzonti. Una delle competenze chiave della nuova Agenzia sarà pertanto quella di incoraggiare i governi europei ad investire di più nel settore della Research and Development in materia di difesa. È quindi necessario che essi prendano posizione in favore della grande industria europea della difesa con alti contenuti strategici, ben coordinata a livello continentale al fine di perseguire il duplice obiettivo della sicurezza e della crescita economica globale. Sono questi obiettivi da perseguirsi in uno spirito di collaborazione: l'Agenzia è stata, infatti, progettata per evitare rivalità e per lavorare al raggiungimento di obiettivi condivisi con la Commissione21.

Il budget: 65 milioni di euro per tre anni
Nel corso degli ultimi anni la Commissione europea ha cercato di portare avanti una certa progettualità relativamente alla ricerca nel settore della sicurezza. Essa ha avviato due azioni concrete: ha varato un'azione preparatoria22 e ha istituito un gruppo di personalità di alto livello la cui missione fondamentale era quella di enucleare principi e priorità per un Programma europeo di ricerca in materia di sicurezza (Pers) che tenesse conto degli obiettivi strategici della Pesd e dell'azione dell'Unione nell'area della libertà, sicurezza e giustizia. La Commissione ha successivamente pubblicato un primo “appello a presentare proposte” per sostenere le attività previste nel quadro della nuova azione preparatoria per il rafforzamento del potenziale industriale nel settore della ricerca in materia di sicurezza (Pasr 2004) che potrà contare su un budget di spesa di 65 milioni di euro per tre anni e avrà come obiettivo l'istituzione, a partire dal 2007, di uno specifico programma in materia di sicurezza nell'ambito del settimo Programma Quadro. Per la buona riuscita del programma è necessario garantire un adeguato livello di risorse che dovrebbero aggiungersi a quelle attualmente concesse dal settimo Programma Quadro, o provenienti da fonti nazionali o intergovernative, con l'obiettivo di raggiungere la soglia del 3 per cento del Pil, così come stabilito dalla strategia di Lisbona. A tal proposito, la ricerca in materia di sicurezza è stata anche inclusa nella comunicazione concernente le prospettive finanziarie dell'Unione per il periodo 2007-201323.

L'azione della Commissione può servire anche da stimolo all'Agenzia europea di difesa. La prima potrà chiamare in causa, trasportandoli su un piano europeo, anche altri attori quali le industrie, i consumatori, i governi e altre organizzazioni quali la Nato, con cui dovrà adoperarsi per garantire un adeguato coordinamento. La Commissione si sta, infatti, presentando sempre più come la portavoce di grandi gruppi industriali europei nei confronti dei governi nel tentativo di sensibilizzarli ad incrementare le spese per la Research and Development nel settore della sicurezza. È dunque probabile che essa possa divenire il canale attraverso il quale l'industria potrà indirizzare richieste e proposte ai rappresentanti degli esecutivi nazionali presenti nel comitato direttivo della Agenzia europea di difesa.

La Commissione ha anche iniziato vari studi di standardizzazione per le industrie militari in vista di una cooperazione sia a livello europeo che transatlantico e, in considerazione del possibile doppio impiego di prodotti e tecnologie relativi alla sicurezza, avrà voce in capitolo anche in molti settori quali l'acquisizione e la fusione di imprese, il settore dei contratti pubblici, l'esportazione di beni a doppio uso. Essa è, inoltre, coinvolta nella gestione civile delle crisi e in operazioni di polizia per le quali rappresenta un valido quadro di coordinamento e, cosa ancora più importante, interviene con rilevanti finanziamenti.

Proprio questo ultimo elemento ci induce a ipotizzare che nelle aree in cui la Commissione e l'Agenzia potranno lavorare congiuntamente la partecipazione degli strumenti finanziari comunitari potrà essere di complemento e supporto per le eventuali carenze di risorse dell'Agenzia stessa. Per di più, per questioni di opportunità politica la Commissione potrà, talvolta, risultare una sede più opportuna rispetto a quella intergovernativa, facilitando l'adozione di decisioni altrimenti difficili da approvare a livello di singoli governi.

Verso una politica estera comune
Anche se l'esito del processo di ratifica della Costituzione sottopone a condizione sospensiva la possibilità di applicare alla Pesd i meccanismi della cooperazione strutturata permanente e la clausola di reciproca difesa, l'Agenzia europea per gli armamenti non è stata messa in discussione essendo il frutto di un processo intrapreso a livello intergovernativo24. La sua istituzione, in concomitanza con il processo costituente dell'Unione Europea, testimonia di una presa di coscienza a livello politico a procedere sulla strada della realizzazione di una più compiuta Pesd.

Ma l'Agenzia europea di difesa rappresenta una svolta rispetto al passato e alle precedenti forme di cooperazione proprio per il fatto di essere saldamente inserita nel quadro istituzionale dell'Unione.

L'Unione Europea non è una organizzazione squisitamente militare ma ha uno spiccato carattere politico avendo competenza ad agire in un ampio spettro di settori – quali la politica della concorrenza, il mercato interno, la ricerca e lo sviluppo tecnologico – in cui le altre organizzazioni non hanno la possibilità di proferire parola. È la sinergia tra tutti questi settori che può conferire alla seppur intergovernativa Agenzia europea di difesa il valore aggiunto del retroterra di cinquanta anni di integrazione europea. L'Aed ha, dunque, la capacità di stringere insieme i complicati mondi della difesa e della sicurezza, della ricerca, dello sviluppo, dell'industria e dell'approvvigionamento di capacità militari sia grazie alle competenze che le sono state conferite, sia grazie al fatto che la collaborazione con le altre istituzioni europee le permetterà di ottenere la massima efficacia in tutte le scelte adottate. Sarà infatti possibile costruire ponti tra il settore intergovernativo e quello comunitario miranti a razionalizzare l'intervento dell'Unione nel settore della politica estera, della sicurezza e, infine, anche della difesa. Questo elemento potrebbe risultare ulteriormente rafforzato con l'entrata in vigore della Costituzione poiché il futuro ministro degli Affari esteri dell'Unione – figura istituzionale che sarà al tempo stesso Commissario e membro del Consiglio – potrà contribuire a rafforzare l'idea di un'Agenzia per la difesa come punto di confluenza di più politiche dell'Unione stessa.

Nel frattempo, l'elemento determinante che permetterà all'Aed di avere successo sarà il fatto di essere sostenuta da una reale volontà politica degli Stati membri a procedere congiuntamente nei settori della cooperazione in materia di armamenti. Da questo punto di vista è da sottolineare che non ha precedenti il fatto che l'Agenzia veda riunirsi i ministri della Difesa sotto gli auspici dell'alto rappresentate per la politica estera di sicurezza comune, Javier Solana. Per la prima volta nella storia dell'integrazione europea, relativamente al settore della difesa, Bruxelles diviene al tempo stesso il punto d'incontro e di partenza di idee e innovazioni nel settore. L'Agenzia avrà, quindi, da svolgere un fondamentale compito di carattere pedagogico volto a stimolare e ad abituare le mentalità a pensare strategie e soluzioni per un'Europa concepita come un insieme. I governi dovranno, poi, sostenerne l'attività attraverso adeguati livelli di spesa soprattutto nell'ambito degli investimenti nella Research and Development, cosa non facile tenuto conto degli stringenti criteri di Maastricht e del Patto di crescita e stabilità. Ecco allora che l'Agenzia, da questo punto di vista, rappresenta la possibilità per gli Stati di cominciare a spendere meglio ancor prima di spendere di più.

 

Note
1. Western European Armament Group, “History and Objectives”, www.weo.int/weag/weag.htm.
2. Nel 1976 i ministri della difesa dei paesi europei appartenenti alla Nato istituirono un forum per la cooperazione nel settore degli armamenti (Independent European Programme Group, Iepg) approvato anche dai ministri della difesa dei membri appartenenti alla Ueo. Essi si adoperarono ad esaminare le possibilità per realizzare una più stretta cooperazione nel settore degli armamenti e realizzare una agenzia europea nel settore. Solo successivamente i membri dell'Iepg decisero di trasferire le loro competenze alla Ueo. È dunque a partire dal maggio 1993 che il forum della Ueo per la cooperazione nel settore degli armamenti è conosciuto come Western European armament Group (Weag). La Western European Armaments Organisation (Weao) ha sede a Bruxelles ed è collegata alla Western European Armament Group (Weag).
3. L'accordo ministeriale del 18/19 novembre 1996 ha istituito la Western European Armament Organisation in qualità di organismo della Ueo, Western European Armament Group, “A European Armament Agency”, www.weo.int/ahsgeaa.htm.
4. Ministère de la Défense, France, Délégation générale pour l'armement, l'Organisation conjointe de cooperation en matière d'armement (OCCAR), www.defense.gouv.fr/sites/dga/enjeux/politique_d_armement/europe and www.occar-ea.org.
5. I programmi attualmente gestiti dall'Occar sono: i programmi franco-tedeschi dell'elicottero Tigre, dei missili Hot, Milan e Roland; i programmi franco-tedeschi-britannici del missile Cobra; il programma franco-italiano Fsaf (famiglia dei sistemi sol-air-futurs); il programma anglo-tedesco-olandese di veicoli blindati leggeri Mrav/Gtk; il programma franco-italo-britannico di munizioni Paams; il programma per l'aereo militare di trasporto A400M (Francia, Germania, Regno Unito, Turchia, Spagna, Belgio, Lussemburgo), dal 27 maggio 2003.
6. In realtà già nel 1978 l'europarlamentare Egon Klepsch aveva presentato una relazione al Parlamento europeo proponente la formazione di una Agenzia europea per gli armamenti. Purtroppo l'iniziativa non ebbe seguito in quanto gli Stati membri più atlantisti si mostrarono riluttanti all'idea di istituire un'agenzia con carattere meramente continentale che si occupasse di tale settore.
7. Daniel Keohane, “Europe's new defence agency”, Defence security and Control, Giugno 2004.
8. “Rapport final du Groupe de Travail VIII Défense”, European Convention, CONV 461/02, 16 dicembre 2002.
9. Le tre dichiarazioni bilaterali sono state approvate rispettivamente il 21 novembre 2002, il 4 febbraio 2003 e il 21 febbraio 2003.
10. Il Trattato Costituzionale prevede, quindi, agli articoli I-41 paragrafo 3 e III-311 l'esistenza di una “Agency in the field of defence capabilities development, research, acquisition and armaments (the European Defence Agency)”.
11. Daniela Manca e Gerrard Quille, “The European Armament Agency: a Virtual Reality”, European Security Revue, ISIS Europe, numero 20, dicembre 2003.
12. Azione comune del Consiglio del 12 luglio 2004 per l'istituzione di una Agenzia per la Difesa europea, Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, L 245/17, 17.7.2004.
13. Ai sensi dell'articolo 6 del protocollo relativo alla posizione della Danimarca annesso al trattato dell'Unione Europea e al trattato istituente la Comunità europea, la Danimarca non partecipa all'elaborazione e alla implementazione delle decisioni e delle azioni dell'Unione Europea che hanno implicazioni in materia di difesa.
14. Relativamente al bilancio dell'Agenzia, il comitato direttivo in occasione del suo secondo incontro ha approvato un primo budget annuale per l'Agenzia per un importo di circa 20 milioni di euro tale da permetterle l'assunzione di un organico di 77 funzionari entro la prima metà del 2005. Nick Witney, “Nick Witney plaide en faveur d'une riforme du marché européen des équipements militaires”, Euractiv, venerdì 21 gennaio 2005.
15. Daniel Keohane “ Europe 's new defence agency”, Defence security and Control, giugno 2004.
16. Nick Witney, “Hopes and Ambitions of the European Defence Agency”, New defence Agenda, Press Dinner, 28 April 2004
17. I criteri che regolano la cooperazione strutturata permanente sono molto severi. Tra questi si può leggere che gli Stati membri devono avere un adeguato livello di spesa nel settore della difesa, intraprendere concrete misure per rafforzare la disponibilità, l'interoperabilità e il dispiegamento delle loro forze armate. Devono, inoltre, impegnare risorse per far fronte alle carenze identificate dal meccanismo stabilito con il piano d'azione di capacità europeo (European Capability Action Plan mechanism).
18. Il contenuto dell'articolo 296 è stato mantenuto nel Trattato che stabilisce una Costituzione per l'Europa all'articolo III-436.
19. È previsto anche un miglioramento della classificazione dei contratti attraverso una definizione generale delle categorie degli equipaggiamenti militari coperte dalla direttiva e/o una lista di tali categorie.
20. Burkard Schmitt, “Defence procurement: new ways ahead?”, ISSEU Newsletter n. 13, gennaio 2005.
21. Nick Witney, “Nick Witney plaide en faveur d'une réforme du marché européen des équipements militaires”, Euractiv, venerdì 21 gennaio 2005
22. COM (2004) 72 definitivo, “Comunicazione della Commissione sull'attuazione dell'azione preparatoria per il rafforzamento del potenziale industriale europeo nel campo della ricerca in materia di sicurezza – Verso un programma per lo sviluppo della sicurezza europea mediante la ricerca e la tecnologia”; e decisione 2004/213/CE, “Decisione della Commissione del 3 febbraio 2004 sull'attuazione dell'azione preparatoria per il rafforzamento del potenziale industriale europeo nel campo della ricerca in materia di sicurezza”.
23. COM(2004) 353, Comunicazione della Commissione “Costruire il nostro avvenire comune – Sfide e mezzi finanziari dell'Unione allargata”.
24. Se si confrontano l'azione comune del Consiglio del 14 giugno 2004 con le disposizioni del Trattato Costituzionale vediamo che quest'ultimo permetterebbe all'Agenzia di estendere il suo campo di azione. L'Agenzia avrebbe, infatti, la possibilità di partecipare alla definizione di una vera politica europea delle capacità e degli armamenti quando l'art. 17 par. 1 del TUE26 prevedeva soltanto la possibilità di una cooperazione tra Stati membri in questo settore, potrebbe assistere il Consiglio nella valutazione e miglioramento delle capacità militari (in particolar modo nel quadro della cooperazione strutturata permanente), potrà svolgere un'azione riguardante l'insieme delle politiche dell'Unione e, quando necessario, intratterrà relazioni con la Commissione mentre il suo campo di applicazione è per ora limitato solo alla Pesc. Infine, le decisioni del Consiglio che fissano lo statuto, la sede e le modalità di funzionamento potranno essere riviste con una procedura che prevede il voto a maggioranza qualificata. Elemento quest'ultimo che permetterebbe l'adozione di decisioni in modo efficace e rapido e che sottraggono lo sviluppo successivo dell'Agenzia agli ostacoli spesso insormontabili delle tortuose decisioni unanimi dei governi su questioni organizzative di mero carattere pratico.



Gloria Martini, è manager per la gestione di progetti internazionali presso Aerospace and Defence Industries Association Europe (Asd) di Bruxelles.

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