Job sharing, job on call, staff leasing. Tre nomi anglofoni per tre diverse
forme di flessibilità del lavoro, introdotte dalla legge Biagi che,
ormai, compie il secondo anno di vita – è stata infatti approvata
nel settembre del 2003. Secondo i dati di Unioncamere, il ricorso ai contratti
atipici, lo scorso anno, ha visto coinvolto il 44,5 per cento delle imprese.
Ma le tre formule più innovative del provvedimento sono anche quelle
che sembrano aver riscosso minore successo. Nel job sharing – o lavoro ripartito
– due persone condividono un'identica posizione di lavoro; una modalità
che, secondo un'indagine dell'Associazione direttori risorse umane, è
la meno amata, tanto che il 94 per cento degli intervistati ha dichiarato
che non ha intenzione di applicarla, almeno per quest'anno. Il lavoro a
chiamata, invece, verrà utilizzato, sempre secondo le previsioni
degli intervistati, nel 12 per cento dei casi. Chi si tiene a disposizione
delle aziende riceve un'indennità. Ma la normativa è ancora
in divenire. Del resto, lo stesso decreto legislativo 276 indica la natura
«sperimentale» della legge: e alcune tipologie di contratto,
come appunto il job sharing e il job on call, potrebbero beneficiare degli
sviluppi futuri. Lo staff leasing (un'agenzia per il lavoro mette il personale
a disposizione di un'impresa, a tempo indeterminato), ad esempio, ha avuto
un esordio difficile, ma sta cominciando ad assumere la sua fetta di mercato.
A farla da padrone sono però soprattutto l'interinale, la collaborazione
a progetto e il contratto di inserimento. Quest'ultimo, che riguarda il
collocamento di soggetti «socialmente deboli», consente alle
imprese di avere sconti contributivi fino al 75 per cento: secondo una ricerca
di Assolombarda è in cima alle preferenze delle aziende. E, stando
all'indagine condotta dall'associazione, l'89 per cento di imprese medio-grandi
– quelle con più di 250 dipendenti – è pronto a utilizzare
le nuove forme contrattuali offerte dalla riforma.
Anche nelle piccole e medie imprese sta crescendo la sintonia fra organizzazione
del lavoro e flessibilità: lo rileva uno studio condotto da Confapi
e Manpower su un campione di 428 aziende. Il ricorso al lavoro atipico è
ancora limitato, ma in salita: la maggior parte delle imprese considerate
ha attivato uno (29 per cento) o due (26 per cento) contratti flessibili.
Le previsioni sono di una crescita del 16 per cento per quanto riguarda
le collaborazioni a progetto, del 22 per cento per il tempo determinato.
L'espansione più decisiva sarà però quella dell'interinale:
più 52 per cento, secondo l'indagine.
Una tendenza che rispecchia quella più generale: nel 2004 il settore
dell'interinale ha infatti registrato una forte crescita, con una media
trimestrale – secondo i dati Istat – di 152.000 lavoratori e con un picco
stagionale di 200.000, pari a 3,4 milioni di giornate lavorate; un aumento
globale che, secondo le associazioni di categoria, è stato del 18
per cento. Dall'altro lato, il numero più significativo è
quello dei precari, i collaboratori coordinati continuativi (i famosi Co.co.co)
che la riforma ha trasformato in Co.co.pro (i collaboratori a progetto):
secondo le stime erano 1,2 milioni i lavoratori interessati dall'operazione.
Una ricerca Eurispes (che però si riferisce al primo anno di applicazione
della legge) ha sottolineato come il 43,6 per cento dei lavoratori non avesse
cambiato contratto; il 30,6 per cento aveva invece modificato contratto
e posizione. Di questi ultimi, il 68 per cento era diventato collaboratore
a progetto. Nel complesso, sempre secondo l'indagine Eurispes, le formule
contrattuali atipiche coinvolgono il 16 per cento degli occupati dipendenti;
mentre rispetto al totale dei lavoratori la quota è del 14,9 per
cento, pari a circa 3 milioni e 300.000 persone. I dati dell'Istat, relativi
al primo trimestre di quest'anno, parlano di 1 milione e 900.000 persone
impiegate con un contratto a termine (un dato che non comprende, però,
tutte le nuove modalità di contratto), il 10,9 per cento in più
rispetto allo stesso periodo del 2004; una cifra che, sul totale dei dipendenti,
significa una porzione dell'11,7 per cento, in crescita rispetto al 10,8
per cento dello scorso anno.
Eleonora Barbieri, giornalista, collaborare con testate
nazionali su temi di politica estera e economia.
(c)
Ideazione.com (2006)
Home
Page
Rivista | In
edicola | Arretrati
| Editoriali
| Feuileton
| La biblioteca
di Babele | Ideazione
Daily
Emporion | Ultimo
numero | Arretrati
Fondazione | Home
Page | Osservatorio
sul Mezzogiorno | Osservatorio
sull'Energia | Convegni
| Libri
Network | Italiano
| Internazionale
Redazione | Chi
siamo | Contatti
| Abbonamenti|
L'archivio
di Ideazione.com 2001-2006