Scacco matto in quattro mosse
intervista a Gaetano Quagliariello di Cristiana Vivenzio
Ideazione di maggio-giugno 2006

«La nuova fase, che si è aperta il 9 e 10 aprile scorso, è fondamentale per il futuro del centrodestra». Da senatore della Repubblica, appena eletto nelle liste di Forza Italia, Gaetano Quagliariello, storico prestato già da tempo alla politica – nella precedente legislatura è stato consigliere culturale del presidente del Senato Marcello Pera – analizza con Ideazione le tappe dei prossimi, delicati mesi. «Le elezioni hanno dimostrato che ben oltre la metà del paese ha un orientamento liberale e conservatore. Con questo dato acquisito, la Casa delle Libertà si trova di fronte ad un'occasione storica, che non deve assolutamente farsi sfuggire: può liberarsi della zavorra accumulata nel corso dell'esperienza di governo, impegnandosi a migliorare la sua proposta politica; dimostrare tenuta e rinsaldare i vincoli all’interno della coalizione; rafforzare la propria classe dirigente; ma anche far sentire con maggior forza la voce di quel cinquanta per cento degli italiani che l’ha sostenuta con il voto, quella che Ideazione ha definito la Right Nation italiana; voce che neanche i sondaggi sono stati in grado di rilevare poiché lontana dalle amplificazioni della piazza, dei movimenti, dei media ma anche lontana, almeno nel caso di Forza Italia, dalle strutture intermedie che operano a livello locale. Non c’è tempo da perdere, è necessario partire subito».

Anche lei, quindi, crede ad un governo Prodi dalla durata breve?
In politica il futuro è aperto per definizione, ma le difficoltà dei vincitori sono evidenti. Il centrosinistra non ha i voti per governare e neppure sufficienti posti di potere per far fronte alle legittime aspirazioni di capi e capetti dei tanti partiti che lo compongono. Oltre naturalmente al dato più evidente e rilevato: sono divisi sugli aspetti qualificanti di un qualsivoglia programma. Di fronte ad un simile scenario, la destra ha fatto bene a dirsi inizialmente disponibile alle larghe intese, per senso di responsabilità nei confronti del paese ma anche per una ragione politicamente strategica: meglio aver avanzato questa proposta tutti insieme piuttosto che averla lasciata in gestione a frange centriste.

E il centrodestra che verrà?
Il voto ha chiarito alcuni aspetti importanti. Il primo è che è ancora impossibile fare a meno della leadership di Berlusconi: è stata la forza del Cavaliere a riaprire la competizione, facendo di Forza Italia il primo partito italiano. Il carisma del Caimano ha ancora una volta sovrastato ogni velleità interna d’autonomia. Il secondo aspetto è che l’onda dell’antistatalismo degli anni Novanta non si è affatto esaurita e non sembra neanche affievolita. Il peso che nel corso della campagna elettorale hanno avuto i temi economici, soprattutto in materia fiscale, e il voto espresso dal Nord e dai settori più produttivi del paese parlano da soli.

Lei crede quindi che la battaglia liberale del centrodestra sia ancora il perno attorno al quale deve muoversi questa parte politica?
Solo in parte. Credo che sarebbe un errore non accorgersi della rilevanza che hanno assunto in questa campagna elettorale – e questo è il terzo aspetto che mi pare abbiano ben chiarito le ultime elezioni – le tematiche legate all’identità e alla preservazione delle tradizioni, nonché i grandi temi etici che hanno animato il dibattito pubblico. Mi riferisco naturalmente al riconoscimento delle radici cristiane dell’Europa nel preambolo della Costituzione europea, ma anche al referendum sui temi bioetici, che a mio avviso ha rappresentato un po’ una chiave interpretativa di svolta della politica del centrodestra nel caso dell’ultimo quinquennio. E poi per capire quanta incidenza abbia avuto questo elemento di divisività nello scontro tra i due poli basta guardare alle percentuali di Margherita e Udeur. In Italia si tratta di un risultato affatto scontato che promette alla destra – se lo saprà cogliere – ancora più soddisfazioni nel futuro prossimo venturo.

Schematizzando: liberisti in economia e conservatori nelle politiche sociali. Ma crede che queste due anime possano convivere nel centrodestra e in Forza Italia?
La convivenza di Giulio Tremonti e di Marcello Pera all’interno dello stesso partito dimostra chiaramente che la convivenza non solo è possibile ma è vincente: sono proprio loro che meglio di altri hanno incarnato i due aspetti principali del voto di centrodestra. Ma, a questo punto, il problema del “Che fare?” si dipana con naturalezza. Del resto, è lo stesso al cospetto del quale si trovano tutte le forze liberal-conservatrici europee. Di fronte alle sfide interne e internazionali, conseguenza innanzi tutto del terrorismo internazionale, ci si deve dimostrare in grado di saldare in un’unica proposta di governo modernità economica e identità tradizionale. Laddove questa sintesi non riesce, si è sconfitti. Nella Spagna di Aznar, ad esempio, hanno compreso ciò e stanno correndo ai ripari.

Stiliamo una sorta di cento giorni dell’opposizione. Quali provvedimenti vanno assolutamente avviati nei prossimi mesi per non trovarsi impreparati ad un confronto elettorale a breve?

Distinguerei tra ambito parlamentare ed extraparlamentare, e in quest’ultimo tra il ruolo dei partiti di centrodestra e il ruolo dei think tank di orientamento liberal-conservatore. Ai parlamentari chiederei di esprimere la consapevolezza della propria forza. E di predisporre dieci provvedimenti legislativi che diano una traduzione emblematica ad un programma unitario di governo. In modo che, se si dovesse ritornare alle urne in tempi medio-brevi, non soltanto il programma sarebbe già scritto. Sarebbe anche già tradotto in termini legislativi e sottoscritto dalle diverse anime della coalizione.

E al di fuori delle aule parlamentari?
Ai partiti, e soprattutto a Forza Italia, affiderei il compito di creare una classe politica “intermedia” che rappresenti degnamente nelle istanze locali quella base liberale e popolare che, ne abbiamo avuto l’ennesima prova, esiste nel paese. Non si può sperare di vincere solo alle elezioni politiche, con Berlusconi. è necessario divenire competitivi anche a livello amministrativo. Ai think tank, come Magna Carta e come Ideazione, chiederei di tenere insieme il meglio della classe politica espressa da un’esperienza di governo per nulla fallimentare, per predisporre le idee e gli strumenti che consentano di tornare al più presto alla guida del paese. Anche attraverso un sostegno diretto alle iniziative parlamentari sostenute dal centrodestra. Bisogna creare sinergie e scambio continuo. E lanciare nuove iniziative: dall’ambito dell’informazione a quello dei rapporti con le Fondazioni e i think tank di centrodestra europei e americani.

Per fare un esempio concreto?
Individuare un modo creativo per utilizzare quel finanziamento annuale di circa dieci milioni di euro che la legge per l’editoria mette a disposizione di Forza Italia e che essa – unico tra tutti i partiti – non ha mai utilizzato. Delle due l’una: o lo si utilizza o si fa una battaglia civile per l’abolizione di quelle sovvenzioni.

Parlando del futuro della coalizione, ci crede al partito unico?
Ci ho creduto e ci credo tuttora, anche se in questo momento la proposta di un gruppo unico potrebbe essere prematura; senz’altro è concretamente sostenibile, invece, l’idea di un inter-gruppo compatto nella difesa dei valori dell’Occidente e della sua tradizione, che esalti ciò che unisce le anime del centrodestra e avvicini gradualmente la prospettiva di un solo grande partito, conservatore e liberale.

Gaetano Quagliariello, presidente della Fondazione Magna Carta e senatore di Fi.

Cristiana Vivenzio, redattore di Ideazione.

(c) Ideazione.com (2006)
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