













































































 Serve ancora il Concordato?
 
    Serve ancora il Concordato? Il 
      problema della religione e la politica, locuzione con cui di solito si intende 
      il problema fra la religione e la politica, è annoso, vecchio almeno 
      come la stessa cristianità. Anche una minima conoscenza storica rivela 
      uno sbalorditivo numero di compromessi raggiunti nel corso dei secoli, e 
      la questione diventa ancora più difficile da comprendere immersi 
      nella foga del terrorismo culturale, delle guerre culturali e delle campagne 
      elettorali. Cosa rende così problematica la combinazione fra religione 
      e politica? In parte si potrebbe rispondere che entrambe si contendono la 
      lealtà totale degli esseri umani, gran parte dei quali non riesce 
      a decidere fra queste istanze che si sovrappongono, e finisce per vivere 
      compromessi incoerenti che, sotto pressione, alla fine crollano. Si potrebbe 
      anche sostenere che la religione e la politica sono complementari nella 
      maggior parte del tempo e dei luoghi, ma si scontrano quando rivendicano 
      istanze morali in competizione fra loro. Un’altra possibilità 
      è che, vista la diversità di opinioni su quale sia la vera 
      religione e quale il miglior regime politico, i conflitti e le dispute sono 
      inevitabili; solo alcune combinazioni di una particolare religione e un 
      particolare regime politico riescono a portare una certa misura di pace 
      e tolleranza. La stessa cristianità presenta un problema unico per 
      ogni regime politico. Non si interessa della legge e del governo politico 
      come il giudaismo e l’islam e la sua concezione del Regno di Dio è 
      esplicitamente trascendente e ultramondana. Essere un buon cristiano inizia 
      avendo fede più che compiendo determinate azioni. Questa enfasi per 
      la vita spirituale interiore impedisce alle autorità politiche di 
      determinare il comportamento dei cristiani e allo stesso modo permette ai 
      cristiani di vivere una vita santa in diversi sistemi politici.
 
      Il 
      problema della religione e la politica, locuzione con cui di solito si intende 
      il problema fra la religione e la politica, è annoso, vecchio almeno 
      come la stessa cristianità. Anche una minima conoscenza storica rivela 
      uno sbalorditivo numero di compromessi raggiunti nel corso dei secoli, e 
      la questione diventa ancora più difficile da comprendere immersi 
      nella foga del terrorismo culturale, delle guerre culturali e delle campagne 
      elettorali. Cosa rende così problematica la combinazione fra religione 
      e politica? In parte si potrebbe rispondere che entrambe si contendono la 
      lealtà totale degli esseri umani, gran parte dei quali non riesce 
      a decidere fra queste istanze che si sovrappongono, e finisce per vivere 
      compromessi incoerenti che, sotto pressione, alla fine crollano. Si potrebbe 
      anche sostenere che la religione e la politica sono complementari nella 
      maggior parte del tempo e dei luoghi, ma si scontrano quando rivendicano 
      istanze morali in competizione fra loro. Un’altra possibilità 
      è che, vista la diversità di opinioni su quale sia la vera 
      religione e quale il miglior regime politico, i conflitti e le dispute sono 
      inevitabili; solo alcune combinazioni di una particolare religione e un 
      particolare regime politico riescono a portare una certa misura di pace 
      e tolleranza. La stessa cristianità presenta un problema unico per 
      ogni regime politico. Non si interessa della legge e del governo politico 
      come il giudaismo e l’islam e la sua concezione del Regno di Dio è 
      esplicitamente trascendente e ultramondana. Essere un buon cristiano inizia 
      avendo fede più che compiendo determinate azioni. Questa enfasi per 
      la vita spirituale interiore impedisce alle autorità politiche di 
      determinare il comportamento dei cristiani e allo stesso modo permette ai 
      cristiani di vivere una vita santa in diversi sistemi politici.
      Alcuni scrittori e filosofi hanno sostenuto che i cristiani sono troppo 
      spirituali per essere dei buoni cittadini, ma San Paolo e Sant’Agostino 
      sostenevano il contrario: credendo nel desiderio di Dio di salvare il mondo, 
      manifestato dal sacrificio supremo di Cristo sulla croce, i cristiani possono 
      essere i migliori cittadini, se non sono obbligati a fare qualcosa di contrario 
      alla fede. La storia dei martiri cristiani, tuttavia, dimostra che ci sono 
      stati e ci saranno dei momenti in cui la Chiesa e lo Stato collideranno. 
      In realtà, morire per la fede è semplicemente una via di ingresso 
      nella vita eterna e sicuramente non è la fine peggiore per un cristiano. 
      I cristiani amano il mondo non in quanto tale ma per amore di Dio; sono 
      chiamati a vivere nel mondo senza diventare del mondo. Questo potrebbe apparire 
      in netto contrasto sia con il mondo ambizioso e vanesio della politica imperiale, 
      sia con la natura caotica e tendente al compromesso dell’amministrazione 
      democratica quotidiana. Sembrerebbe che gli alti e bassi della politica 
      richiedano la volontà di fare cose che un cristiano non dovrebbe 
      voler fare, e che quindi Chiesa e Stato dovrebbero essere entità 
      completamente separate. Il cristiano deve preoccuparsi della purezza e dell’integrità 
      della fede, mentre il politico si preoccupa delle questioni di questo mondo. 
      E tuttavia, proprio per la sua vocazione a redimere il mondo, la cristianità 
      ha trasformato la concezione del governo politico da una nozione di dominazione 
      a una di servizio. Invece di estraniare i suoi credenti dal mondo, la religione 
      cristiana lo trasforma.
      
       Un 
      parallelo Italia-Usa, tra Concordato e Primo Emendamento
 
      Un 
      parallelo Italia-Usa, tra Concordato e Primo Emendamento
      Per rendere questa discussione più concreta, propongo di analizzare 
      la situazione particolare del cattolicesimo e della sua relazione con la 
      politica in Italia e negli Stati Uniti, osservando alcuni paralleli e alcune 
      divergenze fra queste due situazioni, soffermandoci sugli insegnamenti che 
      il centrodestra può trarne. I paralleli sono più ovvi e forse 
      meno interessanti delle divergenze. 
      Tanto l’Italia quanto gli Stati Uniti rimangono in gran parte religiosi 
      e liberali nel senso più generale di questi termini. Un’alta 
      percentuale di persone in entrambi i paesi continua a credere in Dio e a 
      praticare la propria fede (almeno se li si paragona alle altre nazioni europee). 
      Allo stesso tempo, i credenti hanno accettato usi e costumi democratici, 
      persino all’interno della Chiesa. Siano o no credenti, i politici 
      rispettano le fedi religiose dei cittadini, soprattutto nei periodi elettorali, 
      come è normale che sia in una società democratica. I principali 
      leader della Chiesa, infine, non esitano ad esprimere le loro opinioni su 
      questioni politiche, soprattutto quelle che riguardano l’inizio e 
      la fine della vita, la famiglia e l’istruzione, sebbene con gradi 
      molto diversi di efficacia. Prevedibilmente molte delle diversità 
      nel coinvolgimento della Chiesa nella vita politica dipendono dai diversi 
      retroterra politici e culturali dei due paesi e dalla presenza del Vaticano 
      in Italia. La più importante è la relazione formale fra Chiesa 
      e Stato. I rapporti fra l’Italia e la Santa Sede sono regolati dal 
      sistema concordatario, mentre le relazioni Chiesa-Stato in America sono 
      soggette al Primo Emendamento della Costituzione americana. Visto che il 
      Concordato dovrebbe essere piuttosto noto ai lettori, permettetemi di concentrarmi 
      sul significato del Primo Emendamento.
      Il testo dell’Emendamento è abbastanza breve e solo le prime 
      due frasi riguardano specificatamente la religione: «Il Congresso 
      non potrà porre in essere leggi per il riconoscimento ufficiale di 
      una religione o per proibirne il libero culto, o per limitarne la libertà 
      di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica 
      e d’inoltrare petizioni al governo per la riparazione di ingiustizie» 
      (il corsivo è aggiunto dall’autore). Queste prime due disposizioni 
      sono note come della non istituzione e della libertà di culto, e 
      negli anni vi sono state molte discussioni sul loro significato e sulla 
      loro applicazione. La cosa più importante è che le due disposizioni 
      sono collegate – si garantiscono reciprocamente. Non avere una Chiesa 
      nazionale assicura che un’unica confessione non possa perseguitare 
      le altre e allontanarle dal paese, mentre permettere il libero esercizio 
      di tutte le religioni in una vasta repubblica commerciale garantisce il 
      pluralismo religioso. 
      Le differenze fra un sistema concordatario e un sistema come quello americano 
      sono vaste e si ripercuotono sul rapporto fra la religione e la società 
      civile. Un Concordato è fatto per proteggere i membri di una particolare 
      Chiesa, mentre il Primo Emendamento protegge tutte le religioni anche se 
      gli Stati Uniti sono per la stragrande maggioranza cristiani. E la Chiesa 
      cattolica, che negli Stati Uniti era minoritaria, è rapidamente diventata 
      addirittura fiorente, quando le è stato permesso di operare la sua 
      missione senza un accordo specifico con il governo americano. Si trattava 
      di fornire assistenza pastorale a molti immigrati cattolici e di occuparsi 
      della loro istruzione e dell’assistenza sanitaria. Il Primo Emendamento 
      ha consentito alla Chiesa anche di nominare i suoi vescovi senza che il 
      governo interferisse, una cosa abbastanza rara al tempo ma oggi quasi universale. 
      Un accordo concordatario può essere giustificato per proteggere una 
      popolazione cattolica da governi che la minacciano come la Francia napoleonica 
      o la Germania nazista, ma può anche finire per ridurre la vitalità 
      e l’indipendenza di quelle che ora chiamiamo organizzazioni non governative. 
      A parte l’ovvio argomento che è molto improbabile che i vescovi 
      approvati dal governo lo critichino, le comunità religiose (come 
      gli ordini mendicanti in Europa) erano spesso i membri originali più 
      attivi della società civile. Più questi membri sono attivi, 
      meno c’è bisogno di un governo centralizzato, che alla fine 
      si traduce in maggiore libertà per gli individui e le associazioni 
      volontarie. Il pluralismo religioso può essere sia una causa che 
      un effetto della libertà religiosa e si distingue come uno dei maggiori 
      fattori di influenza della religione e della politica in America. Al contrario, 
      l’idea di una cultura principalmente cattolica è certamente 
      di grande effetto e degno di lode, considerando la quantità di persone 
      e prodotti nobili provenienti da posti come la Baviera, la Spagna, la Polonia 
      e l’Italia. Ma la predominanza di un gruppo religioso sanzionata dallo 
      Stato potrebbe anche rendere questo gruppo incapace di formulare tesi che 
      convincano chi non appartiene a quella fede specifica. Con la crescita dell’immigrazione 
      e la diminuzione del tasso di crescita in tutta l’Europa (e fra i 
      più bassi nell’Europa cattolica), il sistema concordatario 
      potrebbe in realtà avere impedito la capacità della Chiesa 
      di affermare la sua posizione nelle società pluralistiche, e potrebbe 
      non essere il modello migliore per il futuro.
      
       Pluralismo 
      religioso e legge naturale
 
      Pluralismo 
      religioso e legge naturale
      Per fortuna la Chiesa riesce a sostenere argomenti morali sulla base della 
      legge naturale. Per la sua accessibilità alla ragione, la legge naturale 
      è il più efficace punto di partenza per le tesi morali in 
      assenza di una fede religiosa condivisa. E tuttavia gli accademici europei 
      hanno in genere abbandonato la legge naturale, favorendo tesi personalistiche 
      o soggettiviste, esibendo così una mancanza di fiducia nella capacità 
      della ragione di dare risposte autorevoli e oggettive ai problemi morali. 
      Negli Stati Uniti, forse ancora una volta grazie al pluralismo religioso, 
      la legge naturale sta riemergendo soprattutto fra seri studiosi cattolici 
      e protestanti. Esistono divergenze anche nel modo in cui la Chiesa interviene 
      nell’arena politica. E dal punto di vista politico, l’esperienza 
      del centrodestra americano e la sua relazione con le chiese cristiane può 
      essere di grande insegnamento. Negli Stati Uniti la “destra religiosa” 
      è emersa da un movimento organizzato e di lungo respiro, teso a invertire 
      le conquiste della sinistra secolare negli anni Sessanta e Settanta. Quello 
      che oggi è chiamato il movimento teocon, ha contribuito a spostare 
      il dibattito culturale in America non solo vincendo nell’arena politica, 
      ma anche creando nuovi sfoghi mediatici (come talk-show radiofonici, riviste 
      a bassa circolazione ma molto influenti e blog), reti di finanziatori, attivisti 
      e militanti di base e sistemi di istruzione privati. Il successo dei conservatori 
      religiosi è dovuto alla loro capacità di competere a livello 
      di idee, organizzazione ed energia. Sul piano delle idee, la destra ha tratto 
      grande beneficio dalla crescita di diversi think tanks che fungono da mini-università 
      alternative, fornendo agli studiosi conservatori l’opportunità 
      di ricercare, pubblicare e discutere di temi che altrimenti susciterebbero 
      il disprezzo della sinistra accademica. Gran parte di questo lavoro è 
      avvenuto quando la destra non era al governo e la prospettiva di tornarci 
      appariva pallida. Questi studiosi o i loro allievi sono potuti arrivare 
      al governo o nei media intellettualmente equipaggiati e pronti per la battaglia.
      
       Un fusionismo di stampo americano
 
      Un fusionismo di stampo americano
      Sul piano dell’organizzazione, il proliferare di gruppi conservatori 
      con interessi particolari avrebbe potuto causare divisioni e lotte fra fazioni. 
      Ma i politici e i leader di maggior successo sono riusciti a costruire coalizioni 
      ampie su alcune questioni chiave come la riforma dell’istruzione o 
      i tagli fiscali, che mettevano insieme sia i conservatori religiosi che 
      quelli secolari, gettando così un ponte fra i teocon e i neocon. 
      Questi gruppi non sarebbero mai stati d’accordo su tutto, ma erano 
      in grado di concentrarsi e lavorare sui temi che li mettevano d’accordo. 
      (Anche il sistema elettorale americano, che tende a dare vita a due grandi 
      partiti politici nazionali, ha contribuito a compattare questa coalizione 
      e non è facilmente trasferibile nel sistema italiano). L’energia 
      dei gruppi di centrodestra, infine, spesso deriva dalle loro concezioni 
      imprenditoriali e religiose.
      Questi tipi di gruppi tendono ad attirare tipi ambiziosi e intraprendenti 
      che non sopportano la burocrazia e non sono disposti ad andare avanti grazie 
      alle connessioni politiche. Questi gruppi hanno voglia di viaggiare, fare 
      network e strategie a lungo termine, per vincere le battaglie culturali 
      che durano molto di più di una campagna elettorale. Naturalmente 
      queste attività devono essere finanziate da privati facoltosi che 
      condividono gli obiettivi dei gruppi di centrodestra. In America alcuni 
      di loro hanno creato fondazioni per continuare la loro eredità finanziando 
      cause e organizzazioni meritevoli. Spesso hanno adattato le loro opinioni 
      a favore del libero mercato nell’impresa e i loro sentimenti filantropici 
      al campo della politica e delle idee. Hanno anche insistito sul fatto che 
      la loro missione consiste nella realizzazione delle idee e non semplicemente 
      nel tenersi stretto il potere in quanto tale.
      Dentro il governo o fuori, l’alleanza fra teocon e neocon è 
      importante per l’Europa e soprattutto per l’Italia, dove gli 
      elettori religiosi hanno storicamente appoggiato un partito unico cattolico 
      di fatto più sbilanciato a sinistra. Questa unità non esiste 
      più e non esisterà mai più. Per i credenti la tentazione 
      è quella di aspettarsi troppo o troppo poco dalla politica. È 
      ora che i laici, e non le gerarchie ecclesiastiche, mettano in atto i principi 
      della dottrina sociale cattolica, permettendo la vasta diversità 
      di opinioni fra i partiti su quasi tutte le questioni politico-socio-economiche 
      e preservando l’unità per le poche materie in cui gli insegnamenti 
      della Chiesa sono definitivi e vincolanti. Il dibattito e la discussione 
      sono elementi necessari di una democrazia sana che i cristiani non dovrebbero 
      evitare per una malintesa castità.
      (Traduzione dall’inglese di Barbara Mennitti)
    
 Kishore Jayabalan, direttore dell’Acton Institute di Roma.
 
      Kishore Jayabalan, direttore dell’Acton Institute di Roma.
(c) 
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