Il
problema della religione e la politica, locuzione con cui di solito si intende
il problema fra la religione e la politica, è annoso, vecchio almeno
come la stessa cristianità. Anche una minima conoscenza storica rivela
uno sbalorditivo numero di compromessi raggiunti nel corso dei secoli, e
la questione diventa ancora più difficile da comprendere immersi
nella foga del terrorismo culturale, delle guerre culturali e delle campagne
elettorali. Cosa rende così problematica la combinazione fra religione
e politica? In parte si potrebbe rispondere che entrambe si contendono la
lealtà totale degli esseri umani, gran parte dei quali non riesce
a decidere fra queste istanze che si sovrappongono, e finisce per vivere
compromessi incoerenti che, sotto pressione, alla fine crollano. Si potrebbe
anche sostenere che la religione e la politica sono complementari nella
maggior parte del tempo e dei luoghi, ma si scontrano quando rivendicano
istanze morali in competizione fra loro. Un’altra possibilità
è che, vista la diversità di opinioni su quale sia la vera
religione e quale il miglior regime politico, i conflitti e le dispute sono
inevitabili; solo alcune combinazioni di una particolare religione e un
particolare regime politico riescono a portare una certa misura di pace
e tolleranza. La stessa cristianità presenta un problema unico per
ogni regime politico. Non si interessa della legge e del governo politico
come il giudaismo e l’islam e la sua concezione del Regno di Dio è
esplicitamente trascendente e ultramondana. Essere un buon cristiano inizia
avendo fede più che compiendo determinate azioni. Questa enfasi per
la vita spirituale interiore impedisce alle autorità politiche di
determinare il comportamento dei cristiani e allo stesso modo permette ai
cristiani di vivere una vita santa in diversi sistemi politici.
Alcuni scrittori e filosofi hanno sostenuto che i cristiani sono troppo
spirituali per essere dei buoni cittadini, ma San Paolo e Sant’Agostino
sostenevano il contrario: credendo nel desiderio di Dio di salvare il mondo,
manifestato dal sacrificio supremo di Cristo sulla croce, i cristiani possono
essere i migliori cittadini, se non sono obbligati a fare qualcosa di contrario
alla fede. La storia dei martiri cristiani, tuttavia, dimostra che ci sono
stati e ci saranno dei momenti in cui la Chiesa e lo Stato collideranno.
In realtà, morire per la fede è semplicemente una via di ingresso
nella vita eterna e sicuramente non è la fine peggiore per un cristiano.
I cristiani amano il mondo non in quanto tale ma per amore di Dio; sono
chiamati a vivere nel mondo senza diventare del mondo. Questo potrebbe apparire
in netto contrasto sia con il mondo ambizioso e vanesio della politica imperiale,
sia con la natura caotica e tendente al compromesso dell’amministrazione
democratica quotidiana. Sembrerebbe che gli alti e bassi della politica
richiedano la volontà di fare cose che un cristiano non dovrebbe
voler fare, e che quindi Chiesa e Stato dovrebbero essere entità
completamente separate. Il cristiano deve preoccuparsi della purezza e dell’integrità
della fede, mentre il politico si preoccupa delle questioni di questo mondo.
E tuttavia, proprio per la sua vocazione a redimere il mondo, la cristianità
ha trasformato la concezione del governo politico da una nozione di dominazione
a una di servizio. Invece di estraniare i suoi credenti dal mondo, la religione
cristiana lo trasforma.
Un
parallelo Italia-Usa, tra Concordato e Primo Emendamento
Per rendere questa discussione più concreta, propongo di analizzare
la situazione particolare del cattolicesimo e della sua relazione con la
politica in Italia e negli Stati Uniti, osservando alcuni paralleli e alcune
divergenze fra queste due situazioni, soffermandoci sugli insegnamenti che
il centrodestra può trarne. I paralleli sono più ovvi e forse
meno interessanti delle divergenze.
Tanto l’Italia quanto gli Stati Uniti rimangono in gran parte religiosi
e liberali nel senso più generale di questi termini. Un’alta
percentuale di persone in entrambi i paesi continua a credere in Dio e a
praticare la propria fede (almeno se li si paragona alle altre nazioni europee).
Allo stesso tempo, i credenti hanno accettato usi e costumi democratici,
persino all’interno della Chiesa. Siano o no credenti, i politici
rispettano le fedi religiose dei cittadini, soprattutto nei periodi elettorali,
come è normale che sia in una società democratica. I principali
leader della Chiesa, infine, non esitano ad esprimere le loro opinioni su
questioni politiche, soprattutto quelle che riguardano l’inizio e
la fine della vita, la famiglia e l’istruzione, sebbene con gradi
molto diversi di efficacia. Prevedibilmente molte delle diversità
nel coinvolgimento della Chiesa nella vita politica dipendono dai diversi
retroterra politici e culturali dei due paesi e dalla presenza del Vaticano
in Italia. La più importante è la relazione formale fra Chiesa
e Stato. I rapporti fra l’Italia e la Santa Sede sono regolati dal
sistema concordatario, mentre le relazioni Chiesa-Stato in America sono
soggette al Primo Emendamento della Costituzione americana. Visto che il
Concordato dovrebbe essere piuttosto noto ai lettori, permettetemi di concentrarmi
sul significato del Primo Emendamento.
Il testo dell’Emendamento è abbastanza breve e solo le prime
due frasi riguardano specificatamente la religione: «Il Congresso
non potrà porre in essere leggi per il riconoscimento ufficiale di
una religione o per proibirne il libero culto, o per limitarne la libertà
di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica
e d’inoltrare petizioni al governo per la riparazione di ingiustizie»
(il corsivo è aggiunto dall’autore). Queste prime due disposizioni
sono note come della non istituzione e della libertà di culto, e
negli anni vi sono state molte discussioni sul loro significato e sulla
loro applicazione. La cosa più importante è che le due disposizioni
sono collegate – si garantiscono reciprocamente. Non avere una Chiesa
nazionale assicura che un’unica confessione non possa perseguitare
le altre e allontanarle dal paese, mentre permettere il libero esercizio
di tutte le religioni in una vasta repubblica commerciale garantisce il
pluralismo religioso.
Le differenze fra un sistema concordatario e un sistema come quello americano
sono vaste e si ripercuotono sul rapporto fra la religione e la società
civile. Un Concordato è fatto per proteggere i membri di una particolare
Chiesa, mentre il Primo Emendamento protegge tutte le religioni anche se
gli Stati Uniti sono per la stragrande maggioranza cristiani. E la Chiesa
cattolica, che negli Stati Uniti era minoritaria, è rapidamente diventata
addirittura fiorente, quando le è stato permesso di operare la sua
missione senza un accordo specifico con il governo americano. Si trattava
di fornire assistenza pastorale a molti immigrati cattolici e di occuparsi
della loro istruzione e dell’assistenza sanitaria. Il Primo Emendamento
ha consentito alla Chiesa anche di nominare i suoi vescovi senza che il
governo interferisse, una cosa abbastanza rara al tempo ma oggi quasi universale.
Un accordo concordatario può essere giustificato per proteggere una
popolazione cattolica da governi che la minacciano come la Francia napoleonica
o la Germania nazista, ma può anche finire per ridurre la vitalità
e l’indipendenza di quelle che ora chiamiamo organizzazioni non governative.
A parte l’ovvio argomento che è molto improbabile che i vescovi
approvati dal governo lo critichino, le comunità religiose (come
gli ordini mendicanti in Europa) erano spesso i membri originali più
attivi della società civile. Più questi membri sono attivi,
meno c’è bisogno di un governo centralizzato, che alla fine
si traduce in maggiore libertà per gli individui e le associazioni
volontarie. Il pluralismo religioso può essere sia una causa che
un effetto della libertà religiosa e si distingue come uno dei maggiori
fattori di influenza della religione e della politica in America. Al contrario,
l’idea di una cultura principalmente cattolica è certamente
di grande effetto e degno di lode, considerando la quantità di persone
e prodotti nobili provenienti da posti come la Baviera, la Spagna, la Polonia
e l’Italia. Ma la predominanza di un gruppo religioso sanzionata dallo
Stato potrebbe anche rendere questo gruppo incapace di formulare tesi che
convincano chi non appartiene a quella fede specifica. Con la crescita dell’immigrazione
e la diminuzione del tasso di crescita in tutta l’Europa (e fra i
più bassi nell’Europa cattolica), il sistema concordatario
potrebbe in realtà avere impedito la capacità della Chiesa
di affermare la sua posizione nelle società pluralistiche, e potrebbe
non essere il modello migliore per il futuro.
Pluralismo
religioso e legge naturale
Per fortuna la Chiesa riesce a sostenere argomenti morali sulla base della
legge naturale. Per la sua accessibilità alla ragione, la legge naturale
è il più efficace punto di partenza per le tesi morali in
assenza di una fede religiosa condivisa. E tuttavia gli accademici europei
hanno in genere abbandonato la legge naturale, favorendo tesi personalistiche
o soggettiviste, esibendo così una mancanza di fiducia nella capacità
della ragione di dare risposte autorevoli e oggettive ai problemi morali.
Negli Stati Uniti, forse ancora una volta grazie al pluralismo religioso,
la legge naturale sta riemergendo soprattutto fra seri studiosi cattolici
e protestanti. Esistono divergenze anche nel modo in cui la Chiesa interviene
nell’arena politica. E dal punto di vista politico, l’esperienza
del centrodestra americano e la sua relazione con le chiese cristiane può
essere di grande insegnamento. Negli Stati Uniti la “destra religiosa”
è emersa da un movimento organizzato e di lungo respiro, teso a invertire
le conquiste della sinistra secolare negli anni Sessanta e Settanta. Quello
che oggi è chiamato il movimento teocon, ha contribuito a spostare
il dibattito culturale in America non solo vincendo nell’arena politica,
ma anche creando nuovi sfoghi mediatici (come talk-show radiofonici, riviste
a bassa circolazione ma molto influenti e blog), reti di finanziatori, attivisti
e militanti di base e sistemi di istruzione privati. Il successo dei conservatori
religiosi è dovuto alla loro capacità di competere a livello
di idee, organizzazione ed energia. Sul piano delle idee, la destra ha tratto
grande beneficio dalla crescita di diversi think tanks che fungono da mini-università
alternative, fornendo agli studiosi conservatori l’opportunità
di ricercare, pubblicare e discutere di temi che altrimenti susciterebbero
il disprezzo della sinistra accademica. Gran parte di questo lavoro è
avvenuto quando la destra non era al governo e la prospettiva di tornarci
appariva pallida. Questi studiosi o i loro allievi sono potuti arrivare
al governo o nei media intellettualmente equipaggiati e pronti per la battaglia.
Un fusionismo di stampo americano
Sul piano dell’organizzazione, il proliferare di gruppi conservatori
con interessi particolari avrebbe potuto causare divisioni e lotte fra fazioni.
Ma i politici e i leader di maggior successo sono riusciti a costruire coalizioni
ampie su alcune questioni chiave come la riforma dell’istruzione o
i tagli fiscali, che mettevano insieme sia i conservatori religiosi che
quelli secolari, gettando così un ponte fra i teocon e i neocon.
Questi gruppi non sarebbero mai stati d’accordo su tutto, ma erano
in grado di concentrarsi e lavorare sui temi che li mettevano d’accordo.
(Anche il sistema elettorale americano, che tende a dare vita a due grandi
partiti politici nazionali, ha contribuito a compattare questa coalizione
e non è facilmente trasferibile nel sistema italiano). L’energia
dei gruppi di centrodestra, infine, spesso deriva dalle loro concezioni
imprenditoriali e religiose.
Questi tipi di gruppi tendono ad attirare tipi ambiziosi e intraprendenti
che non sopportano la burocrazia e non sono disposti ad andare avanti grazie
alle connessioni politiche. Questi gruppi hanno voglia di viaggiare, fare
network e strategie a lungo termine, per vincere le battaglie culturali
che durano molto di più di una campagna elettorale. Naturalmente
queste attività devono essere finanziate da privati facoltosi che
condividono gli obiettivi dei gruppi di centrodestra. In America alcuni
di loro hanno creato fondazioni per continuare la loro eredità finanziando
cause e organizzazioni meritevoli. Spesso hanno adattato le loro opinioni
a favore del libero mercato nell’impresa e i loro sentimenti filantropici
al campo della politica e delle idee. Hanno anche insistito sul fatto che
la loro missione consiste nella realizzazione delle idee e non semplicemente
nel tenersi stretto il potere in quanto tale.
Dentro il governo o fuori, l’alleanza fra teocon e neocon è
importante per l’Europa e soprattutto per l’Italia, dove gli
elettori religiosi hanno storicamente appoggiato un partito unico cattolico
di fatto più sbilanciato a sinistra. Questa unità non esiste
più e non esisterà mai più. Per i credenti la tentazione
è quella di aspettarsi troppo o troppo poco dalla politica. È
ora che i laici, e non le gerarchie ecclesiastiche, mettano in atto i principi
della dottrina sociale cattolica, permettendo la vasta diversità
di opinioni fra i partiti su quasi tutte le questioni politico-socio-economiche
e preservando l’unità per le poche materie in cui gli insegnamenti
della Chiesa sono definitivi e vincolanti. Il dibattito e la discussione
sono elementi necessari di una democrazia sana che i cristiani non dovrebbero
evitare per una malintesa castità.
(Traduzione dall’inglese di Barbara Mennitti)
Kishore Jayabalan, direttore dell’Acton Institute di Roma.
(c)
Ideazione.com (2006)
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