Serve ancora il Concordato?
di Kishore Jayabalan
Ideazione di maggio-giugno 2006

Il problema della religione e la politica, locuzione con cui di solito si intende il problema fra la religione e la politica, è annoso, vecchio almeno come la stessa cristianità. Anche una minima conoscenza storica rivela uno sbalorditivo numero di compromessi raggiunti nel corso dei secoli, e la questione diventa ancora più difficile da comprendere immersi nella foga del terrorismo culturale, delle guerre culturali e delle campagne elettorali. Cosa rende così problematica la combinazione fra religione e politica? In parte si potrebbe rispondere che entrambe si contendono la lealtà totale degli esseri umani, gran parte dei quali non riesce a decidere fra queste istanze che si sovrappongono, e finisce per vivere compromessi incoerenti che, sotto pressione, alla fine crollano. Si potrebbe anche sostenere che la religione e la politica sono complementari nella maggior parte del tempo e dei luoghi, ma si scontrano quando rivendicano istanze morali in competizione fra loro. Un’altra possibilità è che, vista la diversità di opinioni su quale sia la vera religione e quale il miglior regime politico, i conflitti e le dispute sono inevitabili; solo alcune combinazioni di una particolare religione e un particolare regime politico riescono a portare una certa misura di pace e tolleranza. La stessa cristianità presenta un problema unico per ogni regime politico. Non si interessa della legge e del governo politico come il giudaismo e l’islam e la sua concezione del Regno di Dio è esplicitamente trascendente e ultramondana. Essere un buon cristiano inizia avendo fede più che compiendo determinate azioni. Questa enfasi per la vita spirituale interiore impedisce alle autorità politiche di determinare il comportamento dei cristiani e allo stesso modo permette ai cristiani di vivere una vita santa in diversi sistemi politici.
Alcuni scrittori e filosofi hanno sostenuto che i cristiani sono troppo spirituali per essere dei buoni cittadini, ma San Paolo e Sant’Agostino sostenevano il contrario: credendo nel desiderio di Dio di salvare il mondo, manifestato dal sacrificio supremo di Cristo sulla croce, i cristiani possono essere i migliori cittadini, se non sono obbligati a fare qualcosa di contrario alla fede. La storia dei martiri cristiani, tuttavia, dimostra che ci sono stati e ci saranno dei momenti in cui la Chiesa e lo Stato collideranno. In realtà, morire per la fede è semplicemente una via di ingresso nella vita eterna e sicuramente non è la fine peggiore per un cristiano. I cristiani amano il mondo non in quanto tale ma per amore di Dio; sono chiamati a vivere nel mondo senza diventare del mondo. Questo potrebbe apparire in netto contrasto sia con il mondo ambizioso e vanesio della politica imperiale, sia con la natura caotica e tendente al compromesso dell’amministrazione democratica quotidiana. Sembrerebbe che gli alti e bassi della politica richiedano la volontà di fare cose che un cristiano non dovrebbe voler fare, e che quindi Chiesa e Stato dovrebbero essere entità completamente separate. Il cristiano deve preoccuparsi della purezza e dell’integrità della fede, mentre il politico si preoccupa delle questioni di questo mondo. E tuttavia, proprio per la sua vocazione a redimere il mondo, la cristianità ha trasformato la concezione del governo politico da una nozione di dominazione a una di servizio. Invece di estraniare i suoi credenti dal mondo, la religione cristiana lo trasforma.

Un parallelo Italia-Usa, tra Concordato e Primo Emendamento
Per rendere questa discussione più concreta, propongo di analizzare la situazione particolare del cattolicesimo e della sua relazione con la politica in Italia e negli Stati Uniti, osservando alcuni paralleli e alcune divergenze fra queste due situazioni, soffermandoci sugli insegnamenti che il centrodestra può trarne. I paralleli sono più ovvi e forse meno interessanti delle divergenze.
Tanto l’Italia quanto gli Stati Uniti rimangono in gran parte religiosi e liberali nel senso più generale di questi termini. Un’alta percentuale di persone in entrambi i paesi continua a credere in Dio e a praticare la propria fede (almeno se li si paragona alle altre nazioni europee). Allo stesso tempo, i credenti hanno accettato usi e costumi democratici, persino all’interno della Chiesa. Siano o no credenti, i politici rispettano le fedi religiose dei cittadini, soprattutto nei periodi elettorali, come è normale che sia in una società democratica. I principali leader della Chiesa, infine, non esitano ad esprimere le loro opinioni su questioni politiche, soprattutto quelle che riguardano l’inizio e la fine della vita, la famiglia e l’istruzione, sebbene con gradi molto diversi di efficacia. Prevedibilmente molte delle diversità nel coinvolgimento della Chiesa nella vita politica dipendono dai diversi retroterra politici e culturali dei due paesi e dalla presenza del Vaticano in Italia. La più importante è la relazione formale fra Chiesa e Stato. I rapporti fra l’Italia e la Santa Sede sono regolati dal sistema concordatario, mentre le relazioni Chiesa-Stato in America sono soggette al Primo Emendamento della Costituzione americana. Visto che il Concordato dovrebbe essere piuttosto noto ai lettori, permettetemi di concentrarmi sul significato del Primo Emendamento.
Il testo dell’Emendamento è abbastanza breve e solo le prime due frasi riguardano specificatamente la religione: «Il Congresso non potrà porre in essere leggi per il riconoscimento ufficiale di una religione o per proibirne il libero culto, o per limitarne la libertà di parola o di stampa o il diritto dei cittadini di riunirsi in forma pacifica e d’inoltrare petizioni al governo per la riparazione di ingiustizie» (il corsivo è aggiunto dall’autore). Queste prime due disposizioni sono note come della non istituzione e della libertà di culto, e negli anni vi sono state molte discussioni sul loro significato e sulla loro applicazione. La cosa più importante è che le due disposizioni sono collegate – si garantiscono reciprocamente. Non avere una Chiesa nazionale assicura che un’unica confessione non possa perseguitare le altre e allontanarle dal paese, mentre permettere il libero esercizio di tutte le religioni in una vasta repubblica commerciale garantisce il pluralismo religioso.
Le differenze fra un sistema concordatario e un sistema come quello americano sono vaste e si ripercuotono sul rapporto fra la religione e la società civile. Un Concordato è fatto per proteggere i membri di una particolare Chiesa, mentre il Primo Emendamento protegge tutte le religioni anche se gli Stati Uniti sono per la stragrande maggioranza cristiani. E la Chiesa cattolica, che negli Stati Uniti era minoritaria, è rapidamente diventata addirittura fiorente, quando le è stato permesso di operare la sua missione senza un accordo specifico con il governo americano. Si trattava di fornire assistenza pastorale a molti immigrati cattolici e di occuparsi della loro istruzione e dell’assistenza sanitaria. Il Primo Emendamento ha consentito alla Chiesa anche di nominare i suoi vescovi senza che il governo interferisse, una cosa abbastanza rara al tempo ma oggi quasi universale. Un accordo concordatario può essere giustificato per proteggere una popolazione cattolica da governi che la minacciano come la Francia napoleonica o la Germania nazista, ma può anche finire per ridurre la vitalità e l’indipendenza di quelle che ora chiamiamo organizzazioni non governative. A parte l’ovvio argomento che è molto improbabile che i vescovi approvati dal governo lo critichino, le comunità religiose (come gli ordini mendicanti in Europa) erano spesso i membri originali più attivi della società civile. Più questi membri sono attivi, meno c’è bisogno di un governo centralizzato, che alla fine si traduce in maggiore libertà per gli individui e le associazioni volontarie. Il pluralismo religioso può essere sia una causa che un effetto della libertà religiosa e si distingue come uno dei maggiori fattori di influenza della religione e della politica in America. Al contrario, l’idea di una cultura principalmente cattolica è certamente di grande effetto e degno di lode, considerando la quantità di persone e prodotti nobili provenienti da posti come la Baviera, la Spagna, la Polonia e l’Italia. Ma la predominanza di un gruppo religioso sanzionata dallo Stato potrebbe anche rendere questo gruppo incapace di formulare tesi che convincano chi non appartiene a quella fede specifica. Con la crescita dell’immigrazione e la diminuzione del tasso di crescita in tutta l’Europa (e fra i più bassi nell’Europa cattolica), il sistema concordatario potrebbe in realtà avere impedito la capacità della Chiesa di affermare la sua posizione nelle società pluralistiche, e potrebbe non essere il modello migliore per il futuro.

Pluralismo religioso e legge naturale
Per fortuna la Chiesa riesce a sostenere argomenti morali sulla base della legge naturale. Per la sua accessibilità alla ragione, la legge naturale è il più efficace punto di partenza per le tesi morali in assenza di una fede religiosa condivisa. E tuttavia gli accademici europei hanno in genere abbandonato la legge naturale, favorendo tesi personalistiche o soggettiviste, esibendo così una mancanza di fiducia nella capacità della ragione di dare risposte autorevoli e oggettive ai problemi morali. Negli Stati Uniti, forse ancora una volta grazie al pluralismo religioso, la legge naturale sta riemergendo soprattutto fra seri studiosi cattolici e protestanti. Esistono divergenze anche nel modo in cui la Chiesa interviene nell’arena politica. E dal punto di vista politico, l’esperienza del centrodestra americano e la sua relazione con le chiese cristiane può essere di grande insegnamento. Negli Stati Uniti la “destra religiosa” è emersa da un movimento organizzato e di lungo respiro, teso a invertire le conquiste della sinistra secolare negli anni Sessanta e Settanta. Quello che oggi è chiamato il movimento teocon, ha contribuito a spostare il dibattito culturale in America non solo vincendo nell’arena politica, ma anche creando nuovi sfoghi mediatici (come talk-show radiofonici, riviste a bassa circolazione ma molto influenti e blog), reti di finanziatori, attivisti e militanti di base e sistemi di istruzione privati. Il successo dei conservatori religiosi è dovuto alla loro capacità di competere a livello di idee, organizzazione ed energia. Sul piano delle idee, la destra ha tratto grande beneficio dalla crescita di diversi think tanks che fungono da mini-università alternative, fornendo agli studiosi conservatori l’opportunità di ricercare, pubblicare e discutere di temi che altrimenti susciterebbero il disprezzo della sinistra accademica. Gran parte di questo lavoro è avvenuto quando la destra non era al governo e la prospettiva di tornarci appariva pallida. Questi studiosi o i loro allievi sono potuti arrivare al governo o nei media intellettualmente equipaggiati e pronti per la battaglia.

Un fusionismo di stampo americano
Sul piano dell’organizzazione, il proliferare di gruppi conservatori con interessi particolari avrebbe potuto causare divisioni e lotte fra fazioni. Ma i politici e i leader di maggior successo sono riusciti a costruire coalizioni ampie su alcune questioni chiave come la riforma dell’istruzione o i tagli fiscali, che mettevano insieme sia i conservatori religiosi che quelli secolari, gettando così un ponte fra i teocon e i neocon. Questi gruppi non sarebbero mai stati d’accordo su tutto, ma erano in grado di concentrarsi e lavorare sui temi che li mettevano d’accordo. (Anche il sistema elettorale americano, che tende a dare vita a due grandi partiti politici nazionali, ha contribuito a compattare questa coalizione e non è facilmente trasferibile nel sistema italiano). L’energia dei gruppi di centrodestra, infine, spesso deriva dalle loro concezioni imprenditoriali e religiose.
Questi tipi di gruppi tendono ad attirare tipi ambiziosi e intraprendenti che non sopportano la burocrazia e non sono disposti ad andare avanti grazie alle connessioni politiche. Questi gruppi hanno voglia di viaggiare, fare network e strategie a lungo termine, per vincere le battaglie culturali che durano molto di più di una campagna elettorale. Naturalmente queste attività devono essere finanziate da privati facoltosi che condividono gli obiettivi dei gruppi di centrodestra. In America alcuni di loro hanno creato fondazioni per continuare la loro eredità finanziando cause e organizzazioni meritevoli. Spesso hanno adattato le loro opinioni a favore del libero mercato nell’impresa e i loro sentimenti filantropici al campo della politica e delle idee. Hanno anche insistito sul fatto che la loro missione consiste nella realizzazione delle idee e non semplicemente nel tenersi stretto il potere in quanto tale.
Dentro il governo o fuori, l’alleanza fra teocon e neocon è importante per l’Europa e soprattutto per l’Italia, dove gli elettori religiosi hanno storicamente appoggiato un partito unico cattolico di fatto più sbilanciato a sinistra. Questa unità non esiste più e non esisterà mai più. Per i credenti la tentazione è quella di aspettarsi troppo o troppo poco dalla politica. È ora che i laici, e non le gerarchie ecclesiastiche, mettano in atto i principi della dottrina sociale cattolica, permettendo la vasta diversità di opinioni fra i partiti su quasi tutte le questioni politico-socio-economiche e preservando l’unità per le poche materie in cui gli insegnamenti della Chiesa sono definitivi e vincolanti. Il dibattito e la discussione sono elementi necessari di una democrazia sana che i cristiani non dovrebbero evitare per una malintesa castità.


(Traduzione dall’inglese di Barbara Mennitti)

Kishore Jayabalan, direttore dell’Acton Institute di Roma.

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