Il potere del dollaro
di Clyde Wilcox
Ideazione di maggio-giugno 2000

Anche se alla fine è stato lo scandalo Monica Lewinski a tenere l'attenzione del Grand Old Party (il Partito Repubblicano ndt), del pubblico ministero e dei media, per gran parte del 1997 ci si era occupati dei metodi per raccogliere fondi per la campagna Clinton-Gore. Nell'autunno del 1998, il Procuratore Generale Janet Reno stava valutando se affidare ad un altro pubblico ministero il compito di scoprire se Clinton avesse eluso i limiti di spesa e ad un altro ancora quello di appurare se il vice presidente Al Gore avesse mentito durante un'indagine sulle sue telefonate per raccogliere fondi. Fra gennaio e aprile del 1997 quasi ogni giorno il Washington Post e gli altri principali giornali nazionali riempivano le prime pagine con le irregolarità della raccolta fondi dei democratici. Qualunque cosa la storia Lewinski possa dirci sul carattere del Presidente Clinton, gli scandali della raccolta di fondi mettono in evidenza il rapporto fra politica e denaro e lo sgretolamento in corso del sistema che regolamenta il finanziamento delle campagne. Alla fine del 1997, tutti i più seri studiosi di questo sistema sostenevano che fosse necessario riformarlo urgentemente, perché prossimo al collasso (Wilcox e Joe, 1998).

I soldi sono sempre stato un elemento importante e controverso delle elezioni presidenziali americane. Nel 1896 Mark Hanna diede a McKinley 100.000 dollari (l'equivalente di più di un milione di dollari oggi) e raccolse fra i 3,5 e i 10 milioni di dollari applicando alle banche e alle aziende una tassa in base ai loro beni. La Standard Oil e J. P. Morgan diedero 250.000 dollari ciascuna ed anche altre aziende, banche e industrie diedero forti somme (Baida, 1992). Mentre il candidato democratico William Jennings Bryan mobilitava agricoltori, lavoratori e cristiani evangelici, il Partito repubblicano sfruttava le tasche profonde dell'America aziendale, superando la spesa dei democratici con un rapporto forse di 20 a 1.

Dopo la campagna elettorale del 1904, nella quale Teddy Roosevelt accettò somme considerevoli da parte di aziende, il Congresso proibì i contributi diretti da parte di banche e aziende nelle elezioni nazionali; in seguito proibì anche le donazioni dirette da parte dei sindacati (Mutch, 1988). Anche se questi divieti venivano in una certa misura sistematicamente infranti, nel 1972 il Comitato per la Rielezione del Presidente (CREEP) di Nixon prese una pagina del playbook di Hanna, chiedendo contributi diretti dalle aziende e lasciando intendere che coloro che non acconsentivano avrebbero potuto essere esclusi dalla cerchia che decideva la politica amministrativa. I contributi aziendali illegali al CREEP vennero riciclati attraverso il Grand Claymen Islands e contrabbandati negli Stati Uniti. Alla fine, il responsabile della raccolta dei contributi aziendali per la campagna di Nixon finì in carcere. Altri grandi finanziatori furono nominati ambasciatori, benché non avessero niente che potesse anche lontanamente assomigliare a una qualifica per quell'incarico; un premio sconveniente anche se non illegale per la loro generosità. Questi abusi indussero il governo ad istituire un sistema completo per la regolamentazione delle campagne elettorali, tuttora in vigore.

Regolamentazione dei finanziamenti delle campagne presidenziali
Nel 1974 il Congresso varò alcuni emendamenti al Federal Election Campaign Act, che costituiscono la struttura che regolamenta le elezioni presidenziali e quelle per il Congresso. Il sistema per le campagne presidenziali è costituito da quattro elementi principali:

1. Finanziamento pubblico. Venne istituito un fondo pubblico, finanziato su base volontaria dalle tasse federali. Questo fondo viene utilizzato in parte per finanziare le elezioni primarie fornendo ai candidati una sovvenzione che corrisponde ai primi 250 dollari di contributi ricevuti da un qualsiasi singolo, fino a raggiungere una somma complessiva massima. Un contributo di 1.000 dollari, quindi, ne vale 1.250, mentre uno di 25 dollari ne vale 50 per la corrispondenza federale. I candidati possono prendere in prestito denaro con la garanzia dei fondi, avendo così la disponibilità economica prima. I candidati possono ricevere questi fondi anche se non hanno un concorrente del loro partito nelle primarie, come ha fatto Reagan nel 1984 e Clinton nel 1996. Il fondo pubblico serve anche a finanziare le convention del Partito repubblicano e di quello democratico. Esso, infine, viene usato per finanziare le campagne elettorali politiche dei due maggiori partiti  con somme di pari entità e per fornire ulteriori finanziamenti ai candidati di altri partiti che sono andati bene nell'elezione precedente. Nel 1996 i candidati dei maggiori partiti ricevettero circa 61 milioni di dollari ciascuno mentre Ross Perot ricevette all'incirca 29 milioni di dollari. (1)

2. Limiti ai contributi. I singoli possono offrire a qualsiasi candidato un contributo di un massimo di 1.000 dollari durante la campagna per le elezioni primarie, mentre non possono offrire denaro ai candidati alla presidenza durante le elezioni politiche, che devono essere finanziate interamente dal fondo pubblico. I gruppi di interesse possono fondare comitati d'azione politica (PAC) che possono raccogliere 5.000 dollari da ogni membro e dare ai candidati fino a 5.000 dollari nelle elezioni primarie. I partiti possono dare denaro ai candidati durante le elezioni primarie e possono spendere per loro conto durante le elezioni politiche. I candidati possono spendere 50.000 dollari del proprio denaro per la propria campagna se accettano il finanziamento pubblico. (Ross Perot nel 1992 e Steve Forbes nel 1996 rinunciarono al denaro pubblico, potendo così finanziare senza limitazioni la loro campagna elettorale). I limiti ai contributi non sono indicizzati in base all'inflazione e oggi sono molto più limitativi di quanto fossero nel 1974.

3. Limiti di spesa. Durante la campagna elettorale per le elezioni primarie, esiste un tetto generale di spesa indicizzato in base all'inflazione - nel 1996 era di circa 37 milioni di dollari. Vi sono, inoltre, dei limiti di spesa che variano da uno stato all'altro in base alla popolazione ma non all'importanza nel calendario elettorale. Questo significa che stati critici come lo Iowa e il New Hampshire, dove caucus e primarie si tengono molto presto ma dove la popolazione è relativamente bassa, hanno tetti di spesa bassi. Fin dall'inizio quasi tutti i candidati hanno eluso questi limiti con un'ampia varietà di fantasiosi accorgimenti contabili. Vi sono dei tetti anche alle somme che i singoli e i gruppi possono spendere per promuovere particolari candidati o partiti, ma sono stati rovesciati dalla decisione del tribunale discussa in seguito.

4. Trasparenza. Il Feca ha istituito una nuova agenzia federale (Fec), per controllare le campagne presidenziali, erogare il fondo federale e tenere la documentazione delle spese dei candidati, dei partiti e dei Pac, che sono tenuti a compilare regolarmente resoconti specificando nominativi, occupazioni e indirizzi dei loro finanziatori e anche come sono stati spesi i loro soldi. Il Fec rende pubbliche queste informazioni in diversi modi, dando modo ai giornalisti più scaltri di capire quando una particolare industria sta compiendo uno sforzo comune per appoggiare un certo candidato. Il Fec ha un sito web che fornisce una gran quantità di informazioni all'indirizzo: www.fec.gov.

Anche se il Feca ha fornito una struttura completa per il finanziamento delle campagne presidenziali, questa non è stata mai veramente applicata. Quasi subito un'insolita coalizione di liberali e conservatori citò il Feca in tribunale e nel 1976, con la decisione Buckley contro Valeo, la corte apportò importanti modifiche alla legge. Riconoscendo che il governo ha il dovere di impedire la corruzione e l'apparenza della corruzione e riconoscendo anche l'importanza della spesa in quanto una forma del linguaggio politico, la Corte mantenne i limiti ai contributi ma decretò che non potessero essere posti limiti alla cifra che singoli, gruppi o candidati potevano spendere. I candidati che accettavano i fondi federali, però, potevano essere vincolati dai limiti di spesa complessivi e relativi allo stato previsti dal Feca.

Questo significava che gruppi e singoli potevano dare somme limitate ai candidati, ma potevano spendere senza alcun vincolo per sostenerne l'elezione. Un'azienda o un sindacato, quindi, poteva costituire un Pac e dare ad Al Gore o a Dan Quayle 5.000 dollari per le elezioni primarie, ma poteva anche spendere 10 milioni di dollari di pubblicità per esortare gli elettori a sostenere il candidato. Tali spese dovevano essere rigorosamente indipendenti dalla campagna, ma questo non ne comprometteva l'efficacia. Nel 1980 queste spese indipendenti nel New Hampshire aiutarono Ronald Reagan ad ottenere una vittoria importantissima.

In base alla logica della decisione della Corte era necessario porre dei limiti ai contributi per cercare di impedire la corruzione, ma tali limiti alla spesa rappresentavano una restrizione anticostituzionale della libertà di parola. E' una distinzione sottile e, in fondo, assurda. Se si può corrompere un candidato con un finanziamento di 15.000 dollari, lo stesso candidato non sarebbe ancora più grato di avere un milione e mezzo di dollari in spese indipendenti? Al contrario, se l'utilizzo del denaro è una parte importante dell'espressione politica, perché non permettere a gruppi e singoli di dare il denaro direttamente al candidato? Sebbene non sia sotto esame la logica della decisione, la Corte ha cercato di trovare un equilibrio fra due importantissimi princìpi in contrasto fra loro.

Recentemente, grazie a una serie di decisioni della corte di giustizia "di circuito", è possibile un altro tipo di finanziamento: in base a queste norme i gruppi possono spendere senza limitazioni per sostenere "questioni"; possono persino mostrare il nome e l'immagine del candidato, basta che non usino frasi specifiche come "votate per" o "rieleggete". Le spese di questo tipo possono essere effettuate tramite un Pac, ma anche con denaro di cassa proveniente da tassa d'iscrizione o da profitti aziendali. Anche i singoli e i partiti possono fare questo tipo di campagne. La cosa più importante è che non è necessario comunicare al Fec questo tipo di campagne: il pubblico, quindi, non è informato dell'entità e della provenienza dei finanziamenti .Nella campagna del 1996 alcuni istituti finanziari (istituti di credito, compagnie per le ipoteche e banche), durante le primarie del Partito repubblicano, condussero una campagna contro i candidati che sostenevano la flat tax (la maggior parte delle versioni della quale abolirebbero la deducibilità degli interessi sulle ipoteche), ed entrambi i partiti utilizzarono contributi generici e contributi destinati direttamente ai candidati per fare pubblicità a sostegno dei loro candidati. Non è chiaro se questo tipo di campagne possano essere coordinate con le campagne dei candidati, ma probabilmente questo costituirebbe attività elettorale e sarebbe perciò soggetto alla normativa del Fec.

Sebbene le decisioni della Corte abbiano modificato profondamente il sistema normativo del Feca, un parere consultivo del Fec del 1978 e alcuni emendamenti al Feca del Congresso nel 1979 hanno permesso ai privati e ai gruppi d'interesse di dare contribuire illimitati ai partiti politici. Questi contributi indiretti dovevano essere utilizzati per attività del partito, quali la costruzione di infrastrutture, assumere personale, mobilitare gli elettori e per elezioni non federali.

Quasi subito i partiti hanno scoperto che i candidati alla presidenza sono i più bravi a raccogliere contributi indiretti. Anche se questi fondi non possono essere usati per attività che sostengano esplicitamente l'elezione del candidato, quest'ultimo di solito riesce ad indirizzare e influenzare la destinazione delle spese del partito e il messaggio. Nel 1984 Reagan e Mondale raccolsero decine di milioni di dollari per i loro partiti e nel 1992 la campagna finanziata con i contributi indiretti era grosso modo equivalente a quella finanziata con i fondi pubblici. Nel 1996 i partiti hanno raccolto somme record di contributi indiretti: più di 263 milioni di dollari (Rozell e Wilcox, 1999).

La raccolta dei fondi nelle elezioni presidenziali
Date queste regolamentazioni come fanno i candidati a raccogliere fondi nelle elezioni presidenziali? Durante le elezioni primarie, quando dipendono soprattutto da contributi individuali di mille dollari o meno, i candidati alla presidenza si affidano a due strumenti per la raccolta fondi. Tutti i candidati allestiscono alcuni incontri per la raccolta fondi - di solito cene - e chi vi partecipa deve offrire un contributo di una certa entità. I candidati che sembrano avere possibilità di vittoria, quelli che al momento occupano posizioni importanti a Washington o sono governatori in carica e i candidati moderati riescono spesso a raccogliere cifre significative grazie a questi eventi. Nel 1998 George Bush raccolse la maggior parte dei suoi soldi con cene da mille dollari al piatto e Bob Dole e Bill Clinton hanno tenuto una serie di cene per contribuire al finanziamento della campagna per le elezioni primarie.

Durante questi incontri i candidati sollecitano contributi, costruendo piramidi di propagandisti e finanziatori. Durante le campagne vengono presi propagandisti esperti che cercano di mobilitare reti già esistenti di propagandisti e finanziatori per conto del candidato. Nel 1996 Clinton prese il veterano Terry McAuliff per guidare i suoi sforzi propagandistici. Molte di queste reti già esistenti sono spesso specializzate: funzionari del sud del Partito democratico, fisici immigrati dall'India, proprietari di ristoranti greci, esuli cubani di Miami, attori e attrici hollywoodiani, pastori battisti e molti altri. Quando la rete raggiunge un importante funzionario di una delle principali aziende è possibile che riesca a sollecitare altri funzionari e dipendenti (per dettagli vedere Brown, Powell e Wilcox, 1995).

I candidati, inoltre, raccolgono fondi contattando in maniera impersonale possibili finanziatori (di solito per posta, ma a volte telefonicamente) e chiedendo contributi. Tutti i candidati utilizzano questo sistema, ma quelli appartenenti alle ali più ideologiche dei loro partiti lo fanno più spesso e con più possibilità di riuscita. I candidati possono prendere in prestito mailing list da organizzazioni i cui membri potrebbero simpatizzare per la loro causa e "saggiarla" inviando un'unica sollecitazione ad ogni nome della lista. Chi risponde può essere inserito nella home list del candidato ed essere sollecitato ripetutamente, ma chi non risponde al primo contatto non viene più sollecitato. Patrick Buchanan ha avuto molto successo contattando nominativi presi da associazioni per le armi da fuoco, organizzazioni religiose, e persino da liste di precedenti candidati come Jack Kemp. La posta è una tecnica efficace per raccogliere fondi fra i più anziani, mentre il tele marketing funziona meglio fra i cittadini più giovani.

Durante le elezioni politiche, i candidati organizzano grandi e sontuosi incontri per raccogliere contributi indiretti per il loro partito e quindi per le loro campagne. La festa per il cinquantesimo compleanno del presidente Bill Clinton al Radio City Music Hall è stato semplicemente uno dei più grandi eventi per la raccolta di contributi indiretti del 1996. Durante questi avvenimenti si chiede ai finanziatori di donare somme ingenti e a volte quelli che offrono ancora di più possono incontrare il candidato privatamente. I finanziatori più importanti, inoltre, vengono spesso ricompensati con iscrizioni a vari comitati e associazioni. Nel 1996 il Comitato Nazionale del Partito democratico offriva l'iscrizione all'Executive Committee in cambio di un contributo di 100.000 dollari: i membri avrebbero avuto un'occasione per incontrare i funzionari del partito e fornire il loro punto di vista ai policymakers. Il Partito repubblicano offriva l'iscrizione al Team 100 per un contributo iniziale di 100.000 dollari, un ulteriore contributo della stessa entità quattro anni più tardi con donazioni annuali di 25.000 dollari negli anni in mezzo.

Le elezioni del 1996
Le elezioni del 1994 forniscono l'importante contesto per la raccolta fondi delle presidenziali del 1996 . In quell'elezione i democratici hanno perso il controllo del Congresso per la prima volta dopo una generazione e molti analisti sostengono che il voto fu più contro Clinton che contro i democratici. Di fronte alla possibilità di perdere tutti i rami del governo nel caso in cui un repubblicano avesse conquistato la Casa Bianca, durante il 1995 il Partito democratico spese milioni di dollari in pubblicità generiche ideate per rafforzare la posizione di Clinton nei sondaggi.

Inoltre Clinton e Gore raccolsero milioni di dollari in contributi indiretti grazie a caffè privati alla Casa Bianca, telefonate ai principali finanziatori e una serie di eventi importanti. Spaventati dai risultati delle elezioni del 1994 e spronati dal consulente Dick Morris (che stando a quel che si dice, riceveva una percentuale su tutte le pubblicità e consigliava sempre di spendere di più), Clinton raccolse abbastanza soldi da permettere al Partito democratico di spendere fra l'estate e l'autunno diciotto milioni di dollari in pubblicità indiretta, che contribuì alla sua campagna. Una pubblicità, intitolata "Valori", era tipica del genere.

"Il presidente Clinton protegge il servizio sanitario statale," intonava il narratore. "Dole e Gingrich hanno cercato di operarvi tagli per 270 miliardi di dollari... Il presidente Clinton ha diminuito le tasse per milioni di famiglie di lavoratori. Dole e Gingrich hanno cercato di aumentarle per otto milioni di famiglie."

 

Alla fine il partito ha raggiunto spese 44 milioni di dollari (Marcus e Babcock, 1997). I finanziamenti arrivarono soprattutto da contributi indiretti raccolti da Clinton e Gore e si dice che Clinton abbia controllato il messaggio, il mercato e i tempi della pubblicità. Questa coordinazione significherebbe che legalmente queste pubblicità facevano parte della campagna e non erano pubblicità indiretta, il che costituirebbe una violazione dei limiti di spesa. Nell'autunno del 1998 era in corso un'indagine su come Clinton avesse controllato queste spese.

Sotto molti aspetti le elezioni primarie del 1996 somigliarono a quelle del 1984: un presidente in carica correva senza concorrenti del suo partito nelle primarie e poteva quindi indirizzare tutti i finanziamenti prima a rafforzare la sua posizione e poi ad indebolire quella del candidato dell'altro partito. Questo costituisce un vantaggio importantissimo per il candidato in carica, che può spendere 37 milioni di dollari in più per ciò che è sostanzialmente pubblicità per le elezioni politiche. Le pubblicità di Clinton contro Dole alla fine delle primarie e prima delle convention erano considerate molto efficaci e Dole non aveva le risorse per rispondere adeguatamente.

Egli dovette, al contrario, spendere molto nella campagna per le primarie per distinguersi da una schiera di concorrenti che comprendeva l'opinionista conservatore Patrick Buchanan, che raccolse miliardi contattando per posta gli elettori, e l'uomo d'affari Steve Forbes, che spese 37 milioni di dollari del suo patrimonio personale. Alla fine delle primarie Dole aveva raggiunto il limite previsto dalla legge e la sua campagna fu seriamente ostacolata fino alla convention del Partito repubblicano. Quest'ultimo spese circa 20 milioni di dollari in pubblicità indiretta che contribuì alla campagna di Dole (Colorado, 1997) e utilizzò contributi indiretti per permettergli di viaggiare e contattare potenziali elettori repubblicani. I democratici accusarono Dole di aver controllato queste spese, proprio come Clinton poteva aver fatto con quelle del Partito democratico. Nel complesso, tuttavia, in quel periodo Clinton fu chiaramente avvantaggiato dal punto di vista finanziario.

Durante l'estate e durante la campagna elettorale, entrambi i partiti cercarono spasmodicamente ulteriori contributi indiretti. Quando il Partito repubblicano iniziò a intordurre più contributi indiretti, i democratici allentarono la normale sorveglianza, una mossa che inevitabilmente causò irregolarità nella raccolta dei fondi che costrinse il partito a restituire circa tre milioni di dollari, per lo più contributi raccolti da alcuni propagandisti (Balz, 1997). Dopo l'elezione in tutto il paese i giornali iniziarono a pubblicare storie di irregolarità nella raccolta fondi per la campagna di Clinton. Il Senato tenne delle udienze, dove furono chiamati a testimoniare coloro che avevano donato contributi indiretti più ingenti, rivelando l'altra faccia della raccolta presidenziale di contributi indiretti.

La raccolta dei finanziamenti nella campagna del 1996: il sistema collassa
Fino al 1996 il sistema di finanziamento delle campagne elettorali (sia di quelle presidenziali che di quelle per il Congresso) procedeva zoppicando. La maggior parte dei candidati si sforzava di attenersi alla lettera e allo spirito della legge, sebbene vi fossero delle grandi eccezioni a questa regola. Quasi tutti i candidati ignoravano sistematicamente i limiti di spesa per i caucus dello Iowa e le primarie del New Hampshire, elaborando complicati stratagemmi per attribuire il denaro agli stati vicini. Nei mesi immediatamente precedenti ai caucus nello Iowa, per esempio, gli attivisti passavano sempre la notte negli alberghi sul confine del Nebraska, e compravano tutte le provviste, il cibo e il carburante in altri stati. Anche se i candidati riferivano  che le spese erano entro i limiti statali, non era raro che si spendesse più del doppio di quanto previsto dalla legge. Nessun partito, inoltre, cercò mai veramente di nascondere il fatto che gran parte dei contributi indiretti raccolti durante un'elezione presidenziale veniva spesa per sostenere il candidato alla presidenza.

Nel 1996, tuttavia, il sistema arrivò al collasso. I limiti di spesa non significavano più niente, i partiti incanalarono decine di milioni di dollari nella pubblicità indiretta e i gruppi d'interesse spesero denaro di cassa per la propria pubblicità indiretta. Furono creati gruppi speciali, chiaramente ad hoc, per fare questo tipo di propaganda, in realtà per nascondere la fonte dei finanziamenti. I limiti ai contributi non avevano più senso e entrambi i partiti facevano pressione sui loro finanziatori perché dessero contributi indiretti sempre più ingenti. Il confine fra i partiti e i gruppi d'interesse divenne sempre più labile quando i gruppi d'interesse iniziarono a ricevere soldi dai partiti per organizzare campagne per mobilitare gli elettori "non di parte" (Rozell e Wilcox, 1999). Alla fine le sponshorship da parte delle aziende dei congressi di partito raggiunsero livelli record, con compagnie che davano milioni di dollari in contanti o in beni ad uno o ad entrambi i partiti.

Con i repubblicani in maggioranza al Congresso e Clinton presidente, la maggior parte dei media si concentrò sulle irregolarità dei democratici. Cercando invano di eguagliare la raccolta fondi dei repubblicani (che alla fine raccolsero il doppio dei democratici) il partito democratico rilassò il controllo dei finanziamenti e intraprese qualche iniziativa discutibile e, occasionalmente, illegale (Drew, 1997). Molti di questi problemi, tuttavia, non riguardavano solo il Partito democratico e dimostrano come stesse diventando difficile nella pratica attenersi alle norme del finanziamento delle campagne presidenziali. Lo scandalo dei finanziamenti della campagna Clinton, quindi, riguarda in parte il comportamento personale, ma è soprattutto la storia del crollo di un sistema.

Nelle pagine seguenti illustrerò in dettaglio alcune delle accuse che sono state mosse ai democratici (e a volte ai repubblicani). Esaminerò se questi presunti comportamenti rappresentano una violazione della legge, della normale prassi politica o delle norme del "buon governo". Per alcune di queste questioni le indagini sono ancora in corso e non è ancora stata stabilita la fondatezza di alcune affermazioni.

In molti casi la campagna di Clinton ha superato qualsiasi precedente amministrazione o campagna. Nella maggior parte dei casi, in questa campagna o in altre prima di questa, i repubblicani hanno fatto cose simili. Tuttavia, senza considerare "chi ha più colpa", i comportamenti di solito scatenano fastidiosi sospetti circa l'affidabilità del governo, il fatto che vi siano accessi e forse politiche speciali per i principali finanziatori e, in ultima analisi, circa il processo democratico.

Accesso per i grandi finanziatori
Nel 1995 e 1996, Clinton organizzò numerosi caffe privati alla Casa Bianca per i principali finanziatori e alcuni di essi dormirono nella stanza da letto di Lincoln. Clinton dichiarò che solo i suoi amici personali erano invitati a pernottare nella stanza da letto di Lincoln e che, naturalmente, alcuni dei suoi amici erano importanti finanziatori, ma vi sono prove che alcuni di essi erano semplicemente grandi finanziatori che, nel migliore dei casi, potevano essere "futuri amici di Bill". Alcuni documenti, infatti, suggeriscono che Clinton fosse un grande sostenitore dei pigiama-party e incitasse il suo staff politico ad arruolare energicamente partecipanti.

I critici accusarono Clinton di aver "affittato" la stanza da letto di Lincoln al miglior offerente e che sembrava che i caffè offrissero accesso al presidente a coloro che avevano abbastanza soldi per pagarlo. Inoltre la scarsa prudenza si risolse in forte imbarazzo quando si scoprì che Clinton aveva incontrato un mercante d'armi cinese, un criminale convinto, ed altri che in seguito divennero il centro dello scandalo finanziario asiatico discusso in seguito. Nel complesso questo comportamento era sconveniente ma probabilmente non illegale.

Si presume che i grandi finanziatori abbiano avuto accesso ai membri del gabinetto democratico, a volte tramite la distribuzione di biglietti da visita con il numero di telefono privato di importanti policymakers del governo. E' possibile che questo rappresenti una violazione di una piccola interpretazione della legge, ma anche nei governi passati i finanziatori hanno avuto accesso privilegiato ai funzionari di gabinetto.

In realtà i policymakers  di entrambi i partiti garantiscono sistematicamente accesso privilegiato ai grandi finanziatori. E' probabile che alcuni dei membri del Congresso che più duramente criticavano il comportamento di Clinton, subito dopo corressero al proprio coktail party o alla propria cena per raccogliere fondi, dove incontravano personalmente coloro che contribuivano con forti somme alla loro campagna. Dopo la rivoluzione del Grand Old Party nel 1994, i deputati repubblicani permisero ai gruppi che offrivano grossi contributi al partito di avere un input nella stesura della bozza della legislatura per il "Contract with America", e, persino mentre criticavano la raccolta fondi di Clinton, i parlamentari repubblicani incontravano in privato grandi finanziatori, spesso in luoghi nascosti. Ronald Reagan era solito incontrare i grandi finanziatori in meeting privati dove la droga scelta era il martini, non la caffeina, e, stando a quanto si dice, questi incontri si tenevano a volte alla Casa Bianca. Reagan, infatti, sollecitò contributi alla Casa Bianca in un incontro in onore dei principali finanziatori del Partito Repubblicano e le sue parole sono registrate in una videocassetta (Marcus, 1997).

Però mentre il contatto fra i finanziatori e i candidati fa parte del normale processo politico e della pratica comune a entrambi i partiti, lo stretto rapporto fra grandi finanziatori e candidati desta inevitabilmente preoccupazioni riguardo al processo democratico. Quando gli interessi più ricchi (e quelli con una legge che li riguarda prossima ad essere votata dal governo) dando più soldi possono essere ascoltati dal governo, aumentano le probabilità di corruzione. Nel 1995-96 le aziende produttrici di tabacco furono i maggiori finanziatori e forse non è stato per caso che Bob Dole abbia difeso il tabacco per una settimana durante la campagna, insinuando a un certo punto che forse il tabacco non faceva in realtà più male del latte. Dopo le elezioni il Partito repubblicano inserì silenziosamente un articolo nel bilancio che avrebbe dato alle compagnie produttrici di tabacco un grande guadagno, anche poi la cosa fu abbandonata dopo che il Washington Post rese pubblica la storia. Nel 1998 il Post dichiarò che l'industria del tabacco aveva promesso grandi campagne indirette per conto dei senatori repubblicani se il partito avesse bloccato il tobacco bill nel 1998.

Con una testimonianza insolitamente candida di fronte alla Commissione del Senato per gli affari governativi, l'uomo d'affari libanese Roger Tamraz disse che nel 1996 aveva dato 300.000 dollari al partito e ai candidati democratici per una sola ragione: ottenere accesso ai funzionari del governo. Tamraz cercava, senza riuscirci, di costruire un oleodotto che andasse dal Mar Caspio all'Europa. I suoi contributi fruttarono a Tamraz sei serate alla Casa Bianca ma non un incontro privato con Clinton. Il senatore Joseph Lieberman gli chiese se pensava di aver ricevuto molto per i suoi 300.000 dollari e Tamraz rispose che la volta seguente ne avrebbe dati 600.000. Tamraz ammise di non essere iscritto alle liste elettorali, ma sosteneva che i suoi contributi erano più importanti del voto (Walsh, 1997). Alla fine, però, Tamraz non ottenne il suo incontro privato, né il suo oleodotto, un fallimento che ricorda quello di Charles Keating dieci anni prima.

Anche se la testimonianza di Tamraz fu colorita e divertente, essa mette in luce le complicate e volgari interazioni fra policymakers e finanziatori, specialmente quando erano in ballo ingenti contributi indiretti. A quanto sembra, gli attivisti di Clinton fecero inutili pressioni per far incontrare privatamente Clinton e Tamraz, alludendo alla promessa di ulteriori contributi. Tamraz si difese facendo notare che le più importanti compagnie petrolifere per anni avevano ottenuto accesso ai policymakers  offrendo contributi.

Contributi illegali
La pressione delle elezioni presidenziali porta inevitabilmente alcuni contributi illegali che spesso i candidati e i partiti devono restituire durante e dopo la campagna elettorale. Nel 1996, però, il team Clinton-Gore e il Comitato nazionale democratico raccolsero  da personaggi di nazionalità asiatica notevoli quantità di contributi, che il partito fu costretto a restituire. Alla fine del 1998, gli investigatori non avevano ancora sbrogliato del tutto la rete dei rapporti, ma alcuni dei finanziatori avevano legami con l'intelligence cinese, il che suggeriva la possibilità di un grosso scandalo.

La pietra dello scandalo era John Huang, un cittadino americano nato in Cina e cresciuto a Taiwan. Huang era un ex funzionario del Lippo Group, controllato dalla famiglia Riady, vecchi sostenitori di Clinton dall'Indonesia. Il Lippo Group contribuì all'assunzione di Webster Hubbel, l'ex socio di Hilary Clinton che passò del tempo in carcere e per un periodo fu al centro delle investigazioni del pubblico ministero del caso Whitewater, Kenneth Starr. La famiglia Riady aveva anche legami con l'intelligence cinese (Woodward, 1998) e sosteneva Clinton da molto tempo.

Un'altra figura chiave è Johnny Chung, solitamente descritto dai media come un "opportunista", che nella primavera del 1998 disse agli investigatori di aver ricevuto 300.000 dollari da Liu Chao-Ying, un ufficiale dell'esercito cinese e funzionario di un'industria produttrice di missili. Anche se non è chiaro quanto di questi soldi Chung abbia tenuto per sé e quanto abbia incanalato in contributi, la sua testimonianza destò la preoccupazione che la Cina stesse cercando di comprare la tecnologia missilistica americana. Chung accusò il Partito democratico di aver cercato contributi stranieri illegali, anche se gli investigatori dubitavano della sua credibilità (Suro, 1998).

Non è insolito che si ricevano contributi stranieri illegali per le campagne presidenziali; anche Dole ne dovette restituire. Tuttavia la grandezza di questi contributi e la relativa facilità con la quale sono rintracciabili nelle registrazioni del Fec, indica che il Comitato nazionale democratico fu insolitamente negligente nel controllo delle fonti di questi contributi mentre arrivavano. La Casa Bianca, inoltre, riuscì in qualche modo a non tenere conto (o forse a non sentire parlare) di un briefing dell'Fbi dello staff del Consiglio nazionale per la sicurezza sui tentativi cinesi di influenzare le elezioni americane. Nel migliore dei casi, questa è la storia di uno scandalo limitato alla rete per la raccolta dei finanziamenti di Clinton e del Partito, che un vaglio più diligente avrebbe colto.

Ma potrebbe emergere uno scandalo molto più grande circa i rapporti di Chung e Huang con l'intelligence e gli interessi militari cinesi. Misteriosamente Huang aveva una national security clearance  (dichiarazione ufficiale che la persona non è un rischio per la sicurezza dello stato, n. d. t.) e secondo alcuni vecchi resoconti avrebbe usato questa dichiarazione prima di alcune visite all'ambasciata cinese. Se alla fine venisse fuori che Huang aveva usato in qualche modo la national security clearance per raccogliere soldi o che forse la dichiarazione gli era stata concessa per aiutarlo a raccogliere fondi, la storia prenderebbe una piega ancora più seria.

Il vice presidente Gore si trovò coinvolto nei finanziamenti illegali quando prese parte ad un pranzo in un tempio buddista, organizzata da Maria Hsia e John Huang, nella quale furono raccolti 140.000 dollari. Dopo che i media parlarono di questo pranzo, il Partito democratico riconobbe che era inappropriato tenere una manifestazione per raccogliere finanziamenti in una istituzione religiosa esente dalle tasse. In seguito venne alla luce che alcuni dei contributi erano stati rimborsati dal tempio, violando la legge federale (Rempell, Miller e Weinstein, 1997).

Proprio come l'accesso preferenziale per i finanziatori, gli sforzi per la raccolta fondi di Clinton, Gore e del Comitato nazionale democratico furono diversi da quelli dei loro predecessori per grandezza, non per genere. L'urgenza di raccogliere velocemente enormi somme spesso causa negligenza nei controlli. Inoltre, proprio quando il Partito repubblicano cominciava a investigare sulla raccolta fondi dei democratici, questi ultimi affermarono che l'uomo di affari di Hong Kong Ambrous Tung Young aveva dato 2 milioni di dollari aggiuntivi grazie ai quali il Republican National Policy Forum aveva preso in prestito dei soldi per ripagare il Comitato nazionale repubblicano prima delle elezioni del 1994, permettendo a quest'ultimo di spendere del denaro per aiutare il Partito repubblicano a vincere le elezioni di quell'anno per il Congresso . Anche se Haley Barbour, presidente del Comitato, respinge energicamente l'accusa, Richard Richards, che presiedette il Comitato nel 1981 e nel 1982, conferma la storia (Morgan e Farris, 1997).

Ancora una volta emerge un quadro generale nel quale entrambi i partiti avevano un'intricata rete per raccogliere fondi che comportava sempre più scarsi controlli, rapporti discutibili, e sforzi spasmodici per assicurarsi contanti. E' inquietante che grosse somme di denaro straniero finirono nella campagne del Comitato democratico e forze aiutarono gli sforzi del Comitato Repubblicano nel 1994. Ma disturba particolarmente la possibilità che l'intelligence cinese e i suoi ufficiali militari abbiano cercato di guadagnarsi accesso alla Casa Bianca attraverso un propagandista con una national security clearance.

Telefonate illegali per raccogliere fondi
Nel 1997 si seppe che il vice presidente Al Gore fece quasi cinquanta telefonate dal suo ufficio alla Casa Bianca, chiedendo denaro per il Comitato democratico e forse per la campagna Clinton-Gore. Le persone chiamate, e le aziende che esse rappresentavano, alla fine diedero più di tre milioni di dollari al Comitato democratico, anche se non furono tutti frutto delle telefonate di Gore. Questo tipo di sollecitazioni sono illegali in base a una legge di un secolo fa che proibisce di sollecitare o di ricevere contributi per le campagne elettorali in spazi degli uffici federali utilizzati per funzioni ufficiali.

Questa legge viene spesso violata dai membri del Congresso, il cui staff a volte riceve contributi negli uffici della Camera o del Senato. Tuttavia molti membri si prendono fastidi particolari per evitare di violare la legge. Alcuni portano i lobbisti in strada per accettare contributi, altri girano attorno al loro ufficio in auto telefonando con un cellulare. Le telefonate di Gore sarebbero state legali se fosse andato al primo telefono pubblico fuori dalla Casa Bianca.

Inizialmente Gore si difese sostenendo che stava sollecitando solo contributi indiretti, cosa che probabilmente sarebbe stata legale in base alla decisione del Fec del 1978 che li istituiva. Ma dopo venne alla luce che almeno una parte del denaro da lui raccolto andò a finire al partito sotto forma di contributi diretti: vale a dire, contributi soggetti alle limitazioni del Fec che possono essere usati per sostenere l'elezione di particolari candidati federali. In realtà proprio alcuni appunti di Gore suggeriscono che probabilmente era consapevole della divisione fra contributi diretti e indiretti prevista per il denaro che stava chiedendo.

Le telefonate furono probabilmente illegali, ma si tratta di una cosa poco importante. Infatti Elisabeth Drew (1997) sostiene che il fatto che il vice presidente in persona chiamasse per chiedere soldi fosse molto più grave rispetto al luogo dal quale chiamava. Perché sembra che uno dei più alti funzionari del paese stia battendo cassa ai potenziali finanziatori.

La copertura
Nella politica americana odierna accade sistematicamente che i tentativi di coprire possibili comportamenti sbagliati finiscono per essere più gravi dei comportamenti stessi. Nel settembre del 1998, Janet Reno autorizzò le indagini per appurare se Gore fosse colpevole di spergiuro per aver dichiarato di aver fatto solo telefonate per raccogliere contributi indiretti. Fu nominato un consiglio indipendente per appurare se il Ministro dell'interno Bruce Babbit avesse ingannato il Congresso riguardo i contributi degli indiani Chippewa, cercando di influenzare la decisione su una licenza per un casinò. E all'inizio di settembre la Reno iniziò un'indagine per stabilire se fosse necessario un altro pubblico ministero per appurare se il propagandista e membro dello staff di Clinton, Harold Ikes, avesse mentito al Senato in merito ai favori promessi agli autotrasportatori in cambio del loro sostegno finanziario. Dato lo stretto rapporto fra Ickes e Clinton e Gore, era possibile che l'indagine alla fine arrivasse allo stesso presidente.

Riforma del finanziamento delle campagne elettorali
Gli scandali, e i problemi del finanziamento delle campagne presidenziali si riflettono anche nelle campagne per il Congresso. E', inoltre, probabile che senza riforma le campagne del 2000 saranno ancora più problematiche. I contributi indiretti sono diventati così dilaganti, e le somme così ingenti, che entrambi i partiti si azzuffano per raccogliere sempre più denaro: facendo pressione sui loro finanziatori, cercandone di nuovi, e offrendo sempre maggior accesso ai policymakers in circostanze intime, dando l'impressione, forse perché è così, che si venda la politica in cambio di denaro. Nella campagna del 1996 i due partiti hanno raccolto 263 milioni di dollari in contributi indiretti, un aumento circa del 200 per cento rispetto al 1992. Nel 1998 i partiti stabilirono un altro record, stavolta per elezioni in un anno in cui non c'erano le presidenziali. Anthony Corrado, uno dei maggiori studiosi del finanziamento delle campagne presidenziali, sosteneva che "Una malattia che ha afflitto le precedenti elezioni è diventata un'epidemia" (Corrado, 1997). Una relazione scritta da un gruppo di importanti politologi concludeva che "Il sistema di finanziamento delle campagne elettorali in America... nel 1996... andò dall'equivalente politico di una febbre bassa a un'emergenza, da un problema cronico che prima o poi aveva bisogno di attenzione a una crisi, con un sistema ormai chiaramente incontrollabile" (Ornstein, Mann, Taylor, Malbin e Corrado, 1997).

Ancora più problematica è la possibilità che la pubblicità indiretta da parte di gruppi e singoli giochi un ruolo determinante nelle elezioni del 2000. Queste campagne comportano spese illimitate con denaro di cassa per i gruppi e del proprio conto bancario per i singoli e né la fonte né l'ammontare delle somme spese viene rivelata al Fec o ad altre agenzie federali. Nel 1996 saltarono su numerosi gruppi ad hoc per spendere a favore  o contro un particolare candidato. I loro nomi ambigui non dicevano nulla ai cittadini sulla provenienza del denaro o sui loro possibili scopi. Se queste campagne prendono piede nelle elezioni presidenziali (e in quelle per il Congresso) del 2000, il sistema di trasparenza, il maggior successo del Feca, non avrà più senso.

Nell'autunno del 1998 la Camera ha approvato un disegno di legge per la riforma del finanziamento delle campagne elettorali, che si è bloccato, però, in Senato. Ma gli accademici e molti politologi sono concordi nell'affermare che bisognerebbe migliorare il finanziamento delle campagne almeno con poche importanti misure. La maggior parte delle proposte prevede il divieto (o un severo limite) ai contributi indiretti. Mentre nessuno crede che un modesto contributo di 1000 o anche 5000 dollari possa comprare un membro del Congresso o un presidente, contributi di milioni di dollari da parte di una sola azienda o di un'industria sono un altro discorso. La ricerca spasmodica di contributi indiretti ha portato la campagna di Clinton in numerose difficoltà e anche le sollecitazioni del Partito repubblicano hanno portato simili problemi di scorrettezza.

E' interessante il fatto che gli stessi finanziatori sono di gran lunga favorevoli a vietare i contributi indiretti. Una relazione di un gruppo di studiosi rivelava che più di tre su quattro finanziatori erano favorevoli a vietare tutti i contributi indiretti, anche se alcuni di loro ne avevano offerti (Green, Herrnson, Powell e Wilcox, 1998). E' possibile che vietare i contributi indiretti crei ai partiti difficoltà finanziarie, ma a questo si può rimediare aumentando i limiti per i contributi diretti, che sono bloccati dal 1974 nonostante l'inflazione.

Sembra, inoltre, che siano tutti d'accordo sulla necessità di regolamentare in qualche modo la pubblicità indiretta. Quasi certamente l'obbligo della trasparenza non sarebbe anti costituzionale, e tutti i gruppi che fanno campagne di pubblicità indiretta sarebbero costretti a rivelare le spese e la provenienza del denaro. Sarebbe possibile regolare la pubblicità indiretta durante le campagne elettorali obbligando i gruppi a indirizzare queste attività nei Pac, cosa che porrebbe anche dei limiti alle cifre che i singoli possono incanalare nella pubblicità indiretta attraverso i gruppi.

Quali che siano le riforme prese in considerazione, è importante che vengano approvate presto, in modo da consentire ai partiti e ai candidati di prepararsi all'impatto che avranno sulla campagna elettorale. E' necessario studiare attentamente una riforma completa, poiché avvocati, strateghi e propagandisti passano molto tempo a scoprire e sfruttare scappatoie legali e le conseguenze inaspettate sono all'ordine del giorno. Questo vuol dire anche che la riforma dovrebbe essere un processo continuo: quando viene fuori una nuova scappatoia, il Congresso (o il Fec) potrebbe darsi da fare per correggerla.

Ma in mancanza di una riforma completa, vietare i contributi indiretti e allo stesso tempo aumentare il tetto di quelli diretti sarebbe molto utile per contenere alcuni degli abusi della campagna del 1996. E la trasparenza della pubblicità indiretta ci permetterebbe almeno di rintracciare il flusso del denaro nella campagna del 2000, per poi pensare ad un'ulteriore riforma.

 

Traduzione dall'inglese di Barbara Mennitti

 

Estratto da "Understanding the Presidency" edito da Addison Wesley Longman, Inc.. Pubblicato per gentile concessione della Addison Wesley Educational Publisher, Inc.

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