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Le virtù del populismo
SENZA IL NORD NON SI GOVERNA
di Giulio Tremonti

C’è un passo, in un’intervista al Corriere della Sera all’on. Veltroni del 28 giugno 1999, che spiega tutto. Domanda: «A Milano siete molto deboli …». Risposta: «E’ la metropoli della modernità, è la città dove deve rinascere la via riformista e liberale …». La domanda è una domanda. La risposta non è una risposta. Proviamo a formulare qui di seguito una risposta, articolandola sulla base dell’analisi progressiva del caso-Nord, del caso-Sud, del caso-Lega. Cominciamo dal Nord. Il caso di Milano è certamente e fortemente sintomatico. Soprattutto qui è infatti evidente la dissociazione tra la modernità e la sinistra che si candida a rappresentarla. Ma non è così solo a Milano. E’ così in tutto il Nord. Non c’è infatti un solo posto del Nord in cui il centro-sinistra sia strutturalmente maggioritario. La maggiore evidenza in ordine a questa dissociazione si ha nel Nordest. Da un lato si nota che il Nordest è la parte del paese «più dinamica, più integrata nei processi di globalizzazione» (così l’on. D’Alema, in un’intervista al Corriere della Sera, 2 febbraio 2000). Dall’altro lato, va registrato il fatto che il centro-sinistra ha, nel Nordest, uno strutturale modesto 30 per cento di consenso elettorale. Vuole dire che il 70 per cento della modernità (del Nord) vota contro il centro-sinistra. A sua volta, il 70 per cento della modernità (del Nord) ha perso nel 1996 perché, oltre a votare contro il centro-sinistra, ha votato contro se stesso. Nelle ultime elezioni politiche, realtà e politica hanno in specie preso strade diverse. La realtà sostanziale di base del blocco maggioritario è strutturalmente unitaria. Ed è prevalentemente, (anche se per fortuna non esclusivamente), rappresentata da “padroncini” + famiglie + operai. E’, si noti per inciso, questo degli operai il punto fondamentale. Un punto che sfugge sistematicamente all’analisi della sinistra. La sinistra ha infatti capito (tardissimo) la fine del fordismo e della “grande fabbrica”. Ma non ha ancora capito ciò che veniva dopo: il travaso del lavoro fuori dal suo container classico, in altri contenitori. Ciò che politicamente è soprattutto rilevante, in questa dinamica, è in specie la fine del conflitto tra capitale e lavoro. Perché, a livello di “capannone”, il capitale ed il lavoro si identificano in una stessa koinè. Il “padroncino” è un ex operaio, l’operaio sogna a sua volta di diventare “padroncino”. Nel durante, hanno la stessa mentalità e la stessa  cultura, gli stessi interessi e gli stessi ideali. Mentre la realtà era (ed è) in questi termini unitaria, la politica si è divisa: Lega contro Polo. E’ così che la maggioranza è diventata minoranza. E’ così che un gigante sociale ed economico è diventato un nano politico. E’ stata solo una fase. Una pura timing difference politica, rispetto alla struttura materiale dell’esistente. La dissociazione tra realtà e politica non poteva infatti, e non può, essere permanente.

La realtà la fa la realtà. Un blocco sociale ed economico “strutturato” non può infatti restare troppo a lungo privo di una reale rappresentanza politica. Per questo era tanto inevitabile, quanto prevedibile, che la divisione fosse superata. E’ stato solo il centro-sinistra ad illudersi che la dissociazione tra realtà e politica fosse “sostanza” e non “accidente”. Ad illudersi che fosse sufficiente, per conservarla a suo favore, speculando sull’effetto-divisione, fare l’“offerta” alla Lega di un federalismo puramente “istituzionale”, ma sistematicamente montato con un meccano mentale centralista. Un federalismo senza libertà, buono forse per il Palazzo, ma non “a livello di capannone”. In realtà, si può governare senza il Nord, come ha fatto il centro-sinistra in questi ultimi quattro anni. Ma solo transitoriamente. Non si può governare a lungo contro il Nord. E governare senza il Nord o contro il Nord ha, comunque, un costo altissimo per il paese. Un costo politico, perché la dissociazione tra paese e politica genera l’astensionismo, che è il vero rischio politico di secessione in essere nel paese: la secessione dal voto. Un costo economico, costituito dal ritardo nella modernizzazione del paese, che può essere operata solo se la modernità è politicamente rappresentata. L’alleanza tra Polo e Lega elimina questi costi. Ristabilisce l’equilibrio democratico. Infatti, perché ci sia il bipolarismo, ci devono essere due polarità opposte e non tre, di cui una messa di traverso alle altre due. E poi costituisce il presupposto essenziale per la modernizzazione del paese, immettendo nel circuito politico la vitale cultura della concretezza.

Il caso-Sud

L’unificazione d’Italia, operata meno di due secoli fa con la tecnica dell’annessione, ha trasformato in prefetture quelle che erano capitali. Territori che erano agli albori della rivoluzione industriale furono così fatti regredire. Ne è derivata una lunghissima fase di straniamento, di spoliazione, di emigrazione, di illusione. Ora più che mai il Sud deve e può invece decidere. Decidere tra la fine del declino ed un declino senza fine. Il federalismo, che è il futuro positivo tanto del Nord quanto del Sud, non può essere in una sola parte del paese. Il federalismo non è infatti chiusura ma, all’opposto, apertura dei territori. Il Sud contiene risorse ancora inespresse, sintetizzabili nella formula delle “tre t”: terra, turismo e testa. Dall’agricoltura al capitale umano, queste risorse sono penalizzate. Penalizzate dai vincoli centralistici, ormai senza la contropartita di nuovi e consistenti trasferimenti finanziari dal centro. Penalizzate dalla distanza. Il federalismo abbatte i vincoli centralistici. La distanza può essere superata con le infrastrutture. Sul presupposto del passaggio anche del Sud al federalismo, il Nord deve e può, e questa è la base di un possibile patto tra il Polo e la Lega, aiutare il Sud nel più vasto possibile piano di modernizzazione.

Il caso-Lega

L’unione monetaria (1998) ha cementato l’unificazione europea e, con questa, l’unità del paese. Se c’è stata una secessione, è stata verso l’alto. Con lo spostamento di enormi quote di potere, da Roma a Bruxelles. In questo nuovo scenario geopolitico, ha senso parlare sia di Patria europea, sia di Patria italiana, sia della risorgimentale e storicamente e tipicamente italiana “Pluralità delle patrie” (citata nel discorso di capodanno del presidente Ciampi). Il blob della politica può continuare. L’ultimo esempio è fornito dall’on. Veltroni: – tesi: «da qui all’eternità… finché la Lega sarà quella della secessione…» (Corriere della Sera, 5 febbraio 2000); – antitesi: «Bossi ha lasciato la secessione…» (Corriere della Sera, 26 giugno 1999). 

Ma sarebbe un esercizio retrospettivo, polemico e sterile. L’analisi che va fatta è più seria. La posizione attuale della Lega è contro la standardizzazione consumistica, capitalistica e “americana” del mondo, contro la identificazione del capitale e del mercato come matrici di valori, contro la riduzione dell’individuo a consumatore tipo. La Lega reagisce in specie contro il livellamento consumistico delle diversità tradizionali, storiche e basiche: famiglie e “piccole patrie”, vecchi usi e consumi, vecchi valori e vecchie monete. Al fondo c’è qualcosa di molto più intenso che una parodia bigotta della tradizione. Assente ogni elemento di razzismo, è un misto di paura e di orgoglio, una riserva di memoria, un retroterra arcaico ed umorale che è difficile negare, comprimere o sopprimere, in cui “rivive” il romanticismo, se pure in forme non ideologiche e non eroiche. Questa azione della Lega va naturalmente combinata, e qui trova anzi il suo naturale campo di espressione, con la difesa degli individui e della piccola e media impresa, contro la pervasiva ed ossessiva burocrazia di Bruxelles. Una difesa che può e deve essere fatta in base al principio costituzionale europeo della sussidiarietà, finora oggettivamente troppo poco considerato e difeso. E’, questo, uno scenario di azione politica positiva, da un lato perfettamente politically correct e, dall’altro lato, perfettamente coerente con l’azione politica delle altre componenti del Polo.

(Ideazione Marzo-Aprile 2000)