Assistenza o merito, programmi a confronto
di Stefano Caliciuri
Ideazione di
marzo-aprile 2007

Assistenzialismo collettivo o meritocrazia individuale? Alloggi popolari o di proprietà? Salario minimo garantito o libertà di lavoro straordinario? Sono i tre punti chiave su cui si incentra la campagna per la conquista dell’Eliseo e fra poco meno di due mesi saranno direttamente i francesi, con loro volontà elettorale, a scegliere le risposte a questi quesiti; in ogni caso, a prescindere da chi risulterà vincente, per la Francia del secondo decennio del Ventunesimo secolo sarà un punto di non ritorno.

Se il pacte presidentiel di Ségolène Royal è stato concepito al termine di un dibattito monodirezionale avvenuto soprattutto in Rete, dove gli utenti segnalavano e lo staff socialista raccoglieva, Nicolas Sarkozy ha invece optato per il confronto vis à vis, bilaterale, raggiungendo di persona oltre cinquecento comuni e ascoltandone i disagi, le problematiche, le necessità. La sintesi ragionata è stata quindi affidata ad un gruppo di saggi da cui è scaturito il manifesto programmatico. Così facendo, Sarkozy è riuscito a spiazzare i suoi detrattori che lo hanno sempre definito come la quintessenza del telepopulista, colui cioè che lega la propria notorietà all’immagine costruita e non alla reputazione conseguita. Ma in realtà Sarkozy ha semplicemente capovolto l’idea di comunicazione politica, consentendo a tutti di comprendere il messaggio con chiarezza e linearità, senza nascondere al suo interno quelle piccole sottigliezze e strategie “politichesi” fino ad allora usate come scialuppa di salvataggio, utili ad attraversare eventuali momenti di difficoltà. Insomma, per usare una sua stessa definizione, ha usato un linguaggio di rottura.

I programmi dei due candidati tendono entrambi a salvaguardare prima di tutto gli interessi della Francia e dei francesi innanzi alle preoccupazioni provenienti dall’Est europeo e dall’Asia con il suo tasso di sviluppo a due cifre. Entrambi sono per una politica ragionata di recupero sociale ma, mentre madame Royal, secondo la miglior tradizione del socialismo transalpino, tende a ragionare per classi e categorie, Sarkozy pone al centro della propria riflessione l’individuo. La sua tesi, che deriva dalla tradizione repubblicana e illuminista francese, è che prima di tutto viene la responsabilità individuale, per cui ognuno paga e riceve per quello che fa, ha o sa fare. Parimenti, la colpa per un eventuale insuccesso, non è da attribuire alla società ma a lui stesso. Da questa concezione di società deriva l’atteggiamento di discriminazione attiva esplicitata nei confronti degli immigrati (e che gli è valsa molte accuse di razzismo): in sostanza, messa al bando dei clandestini e, soprattutto, nessuna assistenza preventiva e preconcetta per gli immigrati regolari ma pari opportunità per tutti. In sostanza, non esistono situazioni che, a priori, devono essere sostenute ed assistite in misura differente rispetto ad altre: il compito dello Stato è di fornire gli stessi strumenti e parità di condizioni di partenza. Idea che non può non vedere un’applicazione concreta al mondo del lavoro ed al suo regime regolamentare: sciopero, 35 ore e retribuzione dello straordinario.

Ségolène Royale e Nicolas Sarkozy hanno due visioni diametralmente opposte del concetto di impiego: se per la socialista è un diritto, per il conservatore è un dovere; se per la prima è una necessità, per il secondo è una possibilità; se per una è un obbligo, per l’altro è un’opportunità. Proprio da queste basi conseguono anche i provvedimenti contenuti nei programmi di entrambi, che hanno come parola d’ordine combattere la precarietà. Salario minimo di 1500 euro garantito per tutti e indennità del 90 per cento dello stipendio per il primo anno di disoccupazione: sono i due provvedimenti principali della riforma del mercato del lavoro che Ségolène Royale ha presentato alla nazione francese in occasione della sua investitura a candidata all’Eliseo. Le misure vorrebbero favorire il reinserimento dei lavoratori estromessi dal posto di lavoro per cause «non riconducibili alla loro volontà». Garantire un salario minimo significherebbe, secondo la Royale, offrire a tutti la possibilità di reinvestire il denaro, non solo in generi di prima necessità o, eventualmente, investirlo in attività a lunga scadenza: acquisto della casa in primis. Mantenere l’orario di lavoro settimanale per legge a 35 ore, inoltre, gioverebbe alla qualità della vita delle famiglie, consentendo di reinvestire il tempo, ad esempio, nell’educazione dei figli. La proposta Sarkozy, invece, tende a tradurre in pratica quelli che considera i basilari principi liberali: per ottenere un costante miglioramento del benessere familiare è necessario che ognuno abbia la possibilità di costruirselo come meglio crede. Ovvero: orario di lavoro minimo da rispettare ma nessun vincolo sull’orario straordinario che può essere accumulato a seconda del proprio bisogno personale. Per favorirlo, anzi, è prevista una forte detassazione delle ore eccedenti le trentacinque, sia a favore delle aziende, sia del lavoratore stesso, aggiungendo inoltre un taglio della pressione fiscale di quattro punti percentuali. Sul fronte dell’occupazione, Ségolène Royal ha invece più volte chiarito che la sua azione sarà essenzialmente rivolta a garantire un lavoro stabile attraverso il sostegno pubblico a quelle aziende private che versano in situazione di crisi. La contropartita, però, è altrettanto chiara: se la crisi non c’è e l’azienda decide di rilocalizzare, allora deve rimborsare il disagio del lavoratore, libero di accettare o meno il trasferimento.

Formatosi negli anni caldi del 1968, il giovane Sarkozy ne ha però vissuto i subbugli dalla parte meno consueta della barricata. Storica è la presa di posizione contro gli scioperi indiscriminati e senza regole, considerati come un ostacolo al corretto funzionamento di ogni democrazia. Ora che Sarkozy delle piazze non è più solo coreografia ma ne è voce e timpano, ha la possibilità di vedere realizzato il suo disegno sociale. Innanzitutto attraverso un servizio minimo garantito nei trasporti e negli altri servizi pubblici che, in caso di sciopero, non causeranno più il blocco totale della nazione in tutte le sue manifestazioni economiche. Dopo gli otto giorni di chiusura forzata, i lavoratori dovranno votare se proseguire o meno nella protesta. Questo per evitare che una minoranza di oltranzisti possa decidere le sorti di uno sciopero anche per conto di una maggioranza che eventualmente volesse riprendere il lavoro. Per la prima volta dunque, lo sciopero potrebbe davvero essere inteso come l’esplicazione di un diritto personale; negli ultimi decenni esso invece si era via via trasformato in un dovere di categoria che non lasciava spazio a posizioni alternative.

La crescita costante della popolazione francese, dovuta oltre che all’alto asso di natalità anche ai flussi migratori, ha portato alla ribalta la problematica legata all’abitazione ed all’assistenza familiare. La proposta Royal sottolinea la necessità di costruire 120 mila alloggi popolari all’anno per i prossimi cinque anni; un compito che lo Stato sarà pronto ad accollarsi, qualora i sindaci non ci riuscissero. Opposta naturalmente la visione di Sarkozy: costruire non per affidare in usufrutto assistenziale e vitalizio, ma per offrirne la possibilità di acquisto attraverso interessi privilegiati a favore delle famiglie che non dispongono di casa di proprietà. Termine massimo per portare a termine la riforma immobiliare: primavera 2009. Che il modello di Stato secondo la concezione Royal debba essere necessariamente assistenziale si comprende bene sfogliando i progetti relativi alle pensioni: incremento di tutti i trattamenti vitalizi post-lavorativi del 5 per cento, attuabile prelevando le risorse sia dalla tassazione personale dei lavoratori, sia da quella delle aziende. Il modello Sarkozy, coerentemente con la visione liberale del leader, punta invece a considerare ogni lavoratore in grado di autoanalizzarsi, ovvero decidere in maniera autonoma quando sia arrivato il momento di ritirarsi in pensione. Il trattamento economico che ne conseguirà, però, sarà frutto dei suoi stessi contributi precedentemente accantonati.

Le elezioni presidenziali francesi sono attese con molta curiosità anche dall’Unione Europea. Gran parte dei futuri provvedimenti comunitari potranno avere un calco diverso a seconda di chi siederà all’Eliseo. Prendiamo la questione turca, ad esempio. Royal giudica auspicabile l’ingresso nell’Unione della nazione che rappresenta l’ultima frontiera occidentale; Sarkozy continua invece a ripetere che non acconsentirà mai all’ingresso della Turchia nella comunità europea. Netta distinzione anche per quanto riguarda la Costituzione europea. Se la Royal vorrebbe che la Francia partecipasse da protagonista alla rinegoziazione del trattato, Sarkozy risponde che bisognerebbe che la Francia si dotasse di un trattato autoctono, fatto approvare in parlamento, e successivamente presentato in sede europea. Lo statalismo socialista, d’altronde, parrebbe rispecchiare anche la concezione di Unione a cui Royal vorrebbe dar seguito: un complesso governo composto da tutti i ventisette paesi membri che dovranno decidere insieme le strategie fiscali da applicare sul territorio continentale. Ovviamente di parere opposto Nicolas Sarkozy: restringere il campo d’azione di ciascun aderente a seconda della propria zona d’influenza. Ecco perché all’interno dei suoi punti programmatici prende corpo l’ipotesi di una Unione mediterranea composta, oltre che dalla Francia, anche da Grecia, Spagna, Italia, Cipro e Portogallo; un insieme di paesi accomunati da analoghi problemi e, verosimilmente, analoghe strategie risolutive. Per molti versi le elezioni di aprile rappresentano un formidabile punto di svolta. I francesi dovranno decidere quale volto dare alla loro nazione del prossimo decennio: quello socialiste et assistanataire di madame Royal o quello conservateur et liberal di monsieur Sarkozy. Una scelta che non è soltanto ideologica e strategica, ma è soprattutto una scelta di non ritorno. In un senso o nell’altro.




Stefano Caliciuri, giornalista.

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