Un crollo
epocale
LA RIVINCITA
DELLA REALTA'
di Gianni Baget Bozzo
La
storia gioca sui simboli: che la crisi dell’impero sovietico abbia il nome
di Berlino e del suo Muro è significativo, perché l’occupazione di
Berlino fu il vertice ad un tempo del massimo di potenza dell’Unione
Sovietica e della Russia. Occupare la capitale della più grande potenza
europea, la capitale di quella Germania che era ad un tempo la base della
cultura russa ed il suo maggiore nemico, significava il massimo successo
mondiale di quella fusione tra Russia ed Unione Sovietica che era stata
l’opera di Stalin: una grande opera spietata e criminale che aveva dato
all’Unione Sovietica e alla Russia lo spazio di potenza globale nel mondo,
un posto mai occupato prima. Berlino russa e sovietica, mezza Germania
stalinizzata, erano un successo storico senza precedenti nella storia russa
e nella storia del comunismo marxista. Berlino
fu nel ’48 la prima forma del nuovo intervento dell’America in Europa,
proprio per far fronte alla Russia, ed impedire il blocco di Berlino Ovest
– la parte di Berlino occupata dagli occidentali – con il ponte aereo
dai territori tedeschi dell’Ovest. Gli Stati Uniti assumevano così verso
la Russia la parte che era stata della Germania, divenendo l’antemurale
dell’Occidente rispetto alla Russia ed all’impero sovietico. A Berlino
ed a Vienna inizia con piccoli passi la fuga dall’Est dei tedeschi che
volevano raggiungere l’Ovest, la grande vittoria della libertà tedesca
nei confronti del dispotismo russo, divenuto l’universo concentrationnaire
comunista.
La vittoria della
Germania creata da Adenauer, che aveva voluto essere la patria di tutti i
tedeschi, diveniva realtà. Era la parte cattolica della Germania, e
specificatamente la Renania, a creare le condizioni per unificare la
Germania. La Prussia di Bismarck aveva unificato la Germania con il ferro e
con il sangue: ora non esisteva più la Prussia sovietizzata e, in parte,
addirittura annessa all’Unione Sovietica. E l’unificazione questa volta
era fatta dalla parte cattolica della Germania, mediante la libertà,
mediante i “piccoli passi” che dall’Ungheria e poi dalla Germania
comunista avevano condotto i tedeschi nella loro patria, la Germania della
Cdu.
Era un rovescio della
storia tedesca, la prova che la Germania autoritaria e autocentrata di
Lutero e di Bismarck cedeva il passo ad un’altra Germania. L’idea
prussiana di un grande impero tedesco era fallita ed i cattolici del Sud e
dell’Ovest divenivano i costruttori di una umile Germania, fondata sulla
società civile e sull’economia. Cominciava il grande itinerario del
reinserimento della Germania nel concerto delle nazioni.
Per un rovesciamento
della sorte, è avvenuta anche la fine dell’impero russo, più di
quarant’anni dopo la fine di quello tedesco. Come la Germania del ’45,
la Russia è oggi l’humilis Russia, divenuta un vassallo degli Stati
Uniti. Gli Stati Uniti, il paese che più dell’Europa aveva mantenuta la
sua identità cristiana in forma calvinista, divenivano vittoriosi del
totalitarismo europeo e del nazionalismo asiatico (e così anche l’umile
Giappone). Su queste basi morali e civili nasceva la legittimità
dell’impero americano, che si fonda sulla potenza della tecnologia,
l’evento che ha distrutto il razionalismo rivoluzionario e totalitario.
L’Europa che nasce
dalla fine dei due imperi ottocenteschi e dei due totalitarismi
novecenteschi è un’altra Europa, è l’Europa della tradizione
occidentale del diritto naturale: il secolo delle rivoluzioni è finito. Lo
Stato borghese e nazionale dell’Occidente aveva assunto la forma
imperiale. E l’impero poteva fondare la sua universalità solo con
l’idea di rivoluzione. Fu il grande tentativo di Hitler ed il grande esito
di Stalin. La fine degli imperi avviene attraverso il fallimento delle
rivoluzioni che si erano impossessate degli imperi. La grande intuizione
staliniana del socialismo in un solo paese fu la base del successo del
comunismo in Russia.
Il comunismo di Stalin
si fondò sull’etnicismo “grande russo”, ma, del resto, il comunismo
si è sempre alleato con l’etnicismo. Il caso serbo, forma recente di
questa grande alleanza è una ripetizione della forma originaria staliniana
di etno-comunismo. E si può dire che, dopo aver distrutto l’idea della
Santa Russia, l’identità spirituale di un popolo, non rimaneva che la
carnalità russa. L’etnicismo nasce con il comunismo: è un prodotto del
comunismo, che distrusse le tradizioni spirituali dei popoli. Il comunismo,
in sé, è un’altra cosa: è, anzi, il frutto del razionalismo
occidentale. Esso è l’esito della linea principale della filosofia
europea, che da Spinoza a Kant ha creato il Soggetto Trascendentale, che
Hegel ha reso forma della storia ideale e Marx forma della storia reale. E
Lenin è l’esito di un processo di pensiero, che non avrebbe mai pensato
od accettato il leninismo, ma che si è alla fine precipitato nel reale
concreto della politica con il comunismo russo. E perché il leninismo
presupponeva il Soggetto Trascendentale, perché lo faceva divenire un
concreto soggetto politico – il partito comunista – ed un sistema
sociale e politico – l’Unione Sovietica. È per questo che il comunismo
è diventato il maggiore evento culturale, filosofico e persino teologico
del secolo. Il filone principale del Moderno si è riconosciuto in lui,
perché il comunismo russo non fu soltanto un fatto istituzionale, politico,
sociale, militare, ma anche un fatto spirituale, ideale, culturale: la
determinazione di una finalità assoluta, immanente della storia, la
realizzazione ed il compimento della storia umana come il Moderno l’aveva
pensata. Il cristianesimo era demitizzato, realizzato, diveniva interamente
cosa del mondo. La umanità rivoluzionaria era il Dio cristiano realizzato
dall’uomo.
Fu questa dimensione
spirituale che spiega il fervore totale, assoluto che si realizzò nel
comunismo ed attorno al comunismo russo. Le famose autoaccuse dei condannati
nei processi stalinisti nascevano dal desiderio di annullare se stessi nel
grande corpo che realizzava l’assoluto nella storia. Solo in un popolo
cristiano come quello russo e senza una educazione cristiana poteva sorgere
l’idea di una apocalisse immanente, la realizzazione sulla terra del regno
dell’uomo al posto del regno di Dio, ma con il medesimo senso del regno di
Dio. Ed esso si presentava armato da tutto un filone razionalista
occidentale da Cartesio a Hegel era ad un tempo la realizzazione della fede
cristiana e del razionalismo occidentale. Infine il comunismo pur avendo
forma religiosa, aboliva ciò che era stato sino allora il proprio della
religione, il riferimento al divino.
Nonostante si sapesse
da tempo ciò che era l’Unione Sovietica creata da Stalin, la sinistra
europea non lo volle sapere. Né prima né soprattutto dopo la seconda
guerra mondiale, la parificazione tra nazismo e comunismo rimase in Europa a
lungo una bestemmia. Fu in Russia, non in Europa, che avvenne una modesta
rottura dello stalinismo come il rapporto Krusciov. Rimane il problema di
quello che sarà il futuro religioso dell’Occidente dopo la fine del
comunismo. La fine del comunismo è la fine del “principio Utopia”, e
quindi della violenza sulla realtà in nome dell’idea. Il materialismo era
una forma di idealismo, l’imposizione di un pensiero filosofico sulla
realtà, l’ideologia appunto. Esso si poneva in concreto come una
redenzione del reale dalla sua realtà, per farlo assurgere al valore di
ragione che realizzava il suo dominio sul mondo sensibile.
Ciò che avvenne sul
piano del pensiero e della realtà occidentale è la rivincita della realtà.
Essa appare oggi, proprio in alternativa alla prassi comunista, governata
dal principio del mercato e quindi della competizione e della selezione con
l’inevitabile divisione tra ricchi e poveri.
Nella cultura
occidentale alla perdita dell’utopia è corrisposto il sentimento della
perdita di senso del mondo. Vi è un rapporto tra la fine del comunismo e
l’avvento del nichilismo come stato del sentimento sulla vita in
Occidente. Non sappiamo se, dopo il comunismo, l’Occidente possa tornare
culturalmente religioso, nonostante il nichilismo sia non solo l’assenza
ma anche la domanda sui problemi come quelli sul senso della storia e del
senso del destino dell’uomo.
Gianni
Baget Bozzo |

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