Del Noce, il cattolico liberale
IL FILOSOFO 
DELLA LIBERTA' POLITICA
di Gianni Baget Bozzo

Dieci anni dalla morte di Augusto Del Noce. Il tempo trascorre velocemente, ma la memoria non conosce il tempo, i ricordi sono tutti contemporanei. La mia vita si è intrecciata solo per brevi momenti con quella di Augusto: collaborammo insieme alla rivista dossettiana Cronache Sociali, discutemmo intensamente con Felice Balbo. Fu per me importante la sua collaborazione all’Ordine Civile, una rivista da me diretta, critica della sinistra cattolica negli anni 1959-60. Seguii i suoi dibattiti con il fondatore della Sinistra Cristiana, Franco Rodano. Non ho mai avuto molti contatti con Del Noce da allora e perciò ho scelto la via della memoria per scrivere di lui se non in parte.Del  Noce non è stato un filosofo cristiano nel senso proprio del termine: non si è interessato né di metafisica né di teologia né di mistica. Il suo interesse è stato alla storia del pensiero politico, la ricerca delle idee negli eventi, del senso ideale degli eventi. In questo senso egli evidenziò la “potenza filosofica del marxismo”, anche se sarebbe stato più esatto dire “la potenza religiosa del marxismo”. Marx fu la figura della separazione tra fede in Dio e profezia, fu un profeta che fondava il suo titolo di profeta sull’abolizione (e quindi sulla sostituzione) di Dio. Per Del Noce la storia è soprattutto la storia delle idee. Per lui la storia della politica è la storia delle idee politiche e vi è un nesso storico che discende dal nesso delle idee tra di loro. Ma non si può dire, neanche in senso improprio, di lui come di un pensatore idealista perché non deduce i fatti dalle idee ma il ruolo delle idee dai fatti. E’ il comunismo politico che dimostra la potenza filosofica del marxismo. Ma Del Noce non è nemmeno un pensatore religioso: cioè non è un pensatore che abbia per oggetto la religione. L’oggetto del pensiero di Del Noce è la storia politica considerata sotto il suo aspetto filosofico. Augusto Del Noce è un filosofo laico della politica che ha per avversario ideale il totalitarismo moderno, considerato sotto la forma del comunismo come conclusione del moderno. Sotto questo aspetto Del Noce può definirsi un filosofo della libertà politica.

Per quanto non lo abbia mai fatto, egli potrebbe definirsi un pensatore liberale, nel senso in cui liberale si contrappone a giacobino e a reazionario, che è il senso originario del termine liberale. Ed egli combatte l’anima illiberale del moderno. Se avesse discusso il pensiero strettamente politico, avrebbe accettato Burke o de Toqueville, come accettò Rosmini. Esegeta di Cartesio e della sua scuola, Del Noce la vede nelle sue conseguenze: quella di creare la ragione come un sistema di assiomi, facendo quindi della matematica la forma perfetta della filosofia. Infine qui il maestro di Del Noce è Pascal. La scommessa che Pascal usa per provare al libertino la convenienza di credere nell’esistenza di Dio è all’opposto del modo con cui Cartesio fonda l’evidenza della idea di Dio. Per Pascal Dio può esistere innanzi alla ragione, per Cartesio ne è l’idea prima. Ma il Dio di Pascal esiste, l’idea di Dio è un’idea: la religione vede la sua possibilità affidata ad un gioco ai dadi e ad un calcolo eudemonistico. Il “pari” pascaliano ha il suo senso proprio nella contrapposizione alla totalità della ragione cartesiana. Per quanto la teologia non lo abbia mai affascinato, Del Noce diviene pascaliano contro i gesuiti. E qui posso aggiungere un ricordo personale. I colloqui di Del Noce con Franco Rodano, il fondatore dei cattolici comunisti, erano esattamente quelli tra Pascal ed i gesuiti. Non solo essi parlavano di quella disputa, ma ne indossavano le parti, Del Noce quella di Pascal, Rodano quella dei gesuiti. Franco Rodano è oggi una figura dimenticata, il suo interesse come pensatore è caduto con la fine del comunismo sovietico, che egli considerava, proprio nella sua forma staliniana, la Rivoluzione, il salto qualitativo nella storia umana, che avrebbe dovuto riconoscere il ruolo della Chiesa cattolica per diventare attualmente universale. Ma il fondatore dei cattolici comunisti non era per niente quello che oggi consideriamo un cattocomunista. Era un uomo della Seconda Scolastica che riteneva che il potere sovietico e quello comunista in Italia avessero il ruolo che la Seconda Scolastica assegna allo Stato. Ma ne riconosceva il carattere totale e violento, che a suo avviso si sarebbe modificato riconoscendo il carattere autonomo ed universale della Chiesa Cattolica. Rodano andrebbe considerato anche oggi perché è il preciso punto di contatto tra le posizioni reazionarie (lo diciamo senza polemica) della Chiesa del secolo XIX in funzione antiliberale ed antiborghese e le posizioni filocomuniste. Nessun pensatore ha affrontato il tema del rapporto tra Chiesa e comunismo con tale rigore, ma lo ha pensato nella chiave della teologia preconciliare. Per questo il cattocomunismo degli anni Settanta dipende più dalla linea Lamennais e Murri che da quella di Rodano, che non fu mai censurata da Roma (mentre quella del cristianesimo essenzialmente democratico di Lamennais lo fu). Rodano fu un termine di riferimento molto importante di Del Noce perché lo vide, giustamente, come la posizione chiave dell’integrazione tra cattolicesimo e comunismo, ed il loro dibattito avvenne in termini teologici: la bontà della natura e l’autonomia dell’ordine politico consentono un giudizio politico autonomo sulle realtà politiche e sulla loro perfezione? O infine il dogma del peccato originale comportava invece che proprio la ricerca della perfezione politica fosse, come pensava Agostino, uno splendido vizio? Questa era appunto la posizione di Del Noce. Del Noce riteneva che la dottrina del peccato originale fosse per il pensiero politico una ipotesi salvifica, perché impediva di pensare quello che egli chiamata il perfettismo. E quindi la società totale del comunismo. Per Rodano la bontà tomista della natura dopo il peccato originale in quanto natura era una ipotesi teologica feconda politicamente, per Del Noce era invece ipotesi feconda proprio il dogma del peccato originale nella interpretazione che ne aveva dato Agostino.

Questo uso del peccato originale si trova in cattolici liberali come John Acton. E, in senso politicamente diverso, è la stessa posizione di De Bonald e di De Maistre. In pochi casi come in quei dibattiti vidi chiaro che nulla giovava ad un dibattito politico quanto essere portato a livello teologico. Altrettanto nuoce ad un pensiero teologico che al pensiero politico il passaggio inverso: come nella teologia della liberazione, quando è il teologico che viene portato a livello politico. Del Noce esce dalla marginalità accademica e pubblicistica con la ripresa del tema dell’ateismo, che egli vede sempre come essenzialmente politico, solidale al concetto moderno di Rivoluzione. L’ateismo è la sostituzione della razionalità astratta allo spirito ed alla carne, e si impone come riduzione della totalità della vita umana allo Stato divenuta Rivoluzione, incarnazione coattiva di una idea assoluta. Del Noce prende posto gradualmente come un filosofo della “corrente” che più tardi si dirà revisionista ed incide sul dominio della cultura di sinistra in Europa. Una posizione rara, iniziata nel 1955 da Raymond Aron con L’oppio degli intellettuali. Il tema del peccato originale torna ad essere presente in Del Noce, in cui rivive il motto pascaliano: «Qui veut faire l’ange fait la bête». L’idealismo assoluto del materialismo cade innanzi alla realtà della carne, infine esso non può che dissolversi nell’edonismo, che per Del Noce è l’assimilazione comunista alla decadenza borghese. Del Noce viene dalla critica cattolica al mondo borghese, in certo senso lo spirito borghese è per lui la perdita del valore ideale della vita. La dimensione antiborghese è presente in Del Noce come in Péguy e Maritain. Il vero “materialismo pratico” è la borghesia. In questa dimensione antiborghese di Del Noce si comprende come il fascino del marxismo sul pensatore torinese nascesse dal fatto che dava un’arma ideale al vero materialismo, appunto quello borghese.

Pensando il marxismo come figura della filosofia ed il comunismo come figura della politica, Del Noce ha però mancato la percezione dei fenomeni che erano già presenti nei suoi anni e che avrebbero cambiato radicalmente i termini filosofici e politici in cui viviamo oggi: la società tecnologica e la mondializzazione. In certo modo essi erano il successo di quel mondo borghese che era l’avversario originale di tutti i pensatori politici cattolici che avevano compiuto la loro formazione politica negli anni Trenta e Quaranta, tra l’antiborghesia fascista a l’antiborghesia comunista. Se vi è un pensatore assente dal pensiero di Del Noce è San Tommaso e la distinzione essenziale tra natura e grazia. Il bonum naturale non è tolto dal peccato originale e il dominio dell’uomo sulla terra, fondato sulla creazione e sul primato umano della creazione, insegnata dalla Rivelazione, determina conquiste per la vita umana. Ed anche l’arricchimento di umanità che il cristianesimo porta all’umanità può accrescere la virtualità del bonum naturale. Il marxismo ed il comunismo sono stati sconfitti proprio da ciò che avevano negato: il carattere creativo del lavoro umano e quindi le ragioni della diseguaglianza. Il marxismo come filosofia del lavoro umano era stato confutato dal lavoro umano. Del Noce non era sensibile a temi che fossero diversi dalla linea del pensiero dominante in Occidente, non conosceva il diverso sviluppo storico e politico del mondo americano. Era apparso anche nel dibattito con Felice Balbo, che aveva compreso come il mutamento centrale della società sarebbe avvenuto nel rapporto tra lavoro umano e tecnica. Del Noce fece la critica della tradizione rivoluzionaria all’interno della filosofia rivoluzionaria come orizzonte del pensiero: che era esattamente la condizione del suo tempo, soprattutto in una città come Torino, una città che ebbe una influenza sulla formazione filosofica e politica di Del Noce. Ma la potenza filosofica del marxismo non fu confutata dalla filosofia ma dalla tecnologia. E’ forse ingegnoso dire che a Del Noce nocque la mancanza di San Tommaso, che gli avrebbe dato un sentimento del valore della natura umana anche rispetto alla grazia, e della realtà anche rispetto al pensiero. Così Del Noce è rimasto chiuso in un rigetto della Rivoluzione nelle tenebre esteriori della decadenza borghese. Una parola positiva che troviamo in Del Noce è la parola “contemplazione”, la “teoria” platonica e plotiniana, forse come qualcosa che a lui non giungeva, a lui così immerso nel pensiero della politica moderna. Ma che cosa era per Del Noce la contemplazione? Il termine ha assunto ormai il senso religioso, indica la vita mistica e credo che non possa ormai averne altro. Ma per lui, che attraverso i filosofi del Seicento aveva sentito Agostino, era la nostalgia di una verità indipendente dalla storia. Questa luce platonica è il raggio di speranza del filosofo torinese che descrisse drammaticamente il successo della Rivoluzione e non pensò che la data della liberazione fosse così vicina. Del Noce è un filosofo della libertà prima della caduta del muro di Berlino.

Ci fu anche Del Noce politico, ma non è una dimensione in cui egli potesse credere molto. Anche se divenne senatore a Roma, portato dalla corrente andreottiana. Fu una sorta di equivoco da ambedue le parti, Del Noce non era interessato alla politica parlamentare, era un improbabile “esterno”. Del Noce poté agire politicamente solo sui temi in cui la Chiesa si impegnava attraverso la Dc, come il divorzio o l’aborto. Ma nel mondo senza princìpi della Dc un filosofo della politica era interamente spaesato. Augusto Del Noce ha avuto una eco nel mondo cattolico, ma non una scuola. Che dialogo Del Noce poteva avere con una teologia che abbandonava la filosofia, come la teologia postconciliare? Che interesse aveva Del Noce a confutare la teologia della liberazione, quando era impegnato nella resistenza alle forme originali del moderno, il marxismo ed il comunismo? E che senso avrebbe avuto confutare i cattocomunisti alla Balducci egli che aveva battagliato con il grande cattolico comunista Franco Rodano? La grande tradizione teologica del cattolicesimo era stata annientata dopo il Vaticano Secondo. Pur nel successo dei suoi ultimi anni, Del Noce fu un pensatore solitario, confortato dal calore di Comunione e Liberazione. Defunctus adhuc loquitur: ricordiamo un uomo che un testimone di minoranza, che lottò contro il grande orizzonte rosso di cui conosceva la tragedia e la potenza, rifiutò di cantare nel coro dei cattolici progressisti, oggi svaniti dalla storia e dalla memoria? Ricordiamo l’uomo Del Noce come un fedele della libertà nella società civile. E come un cattolico fedele alla Chiesa, come un cristiano fedele al suo Signore, servito con fortezza e coraggio, che sembrava non appartenere a lui, lui apparentemente così fragile con la sua voce così arrotata e segnata dalle origini torinesi, ricca di alti e di bassi secondo l’emozione del concetto. Il Signore gli dia la mercede dei giusti là dove la memoria non si cancella.

Gianni Baget Bozzo


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1999