Waterfront, la scommessa dell’antico porto di Roma
di Alessandro Bezzi
[20 giu 2005]

Adesso ci pensa una città del Sud. Meglio, del Sud d’Italia. Del Mezzogiorno, cioè, quello con la M maiuscola che sa tanto di questione irrisolta, di delinquenza, di immobilismo, di assistenzialismo. Adesso ci pensano a Brindisi a far da sé. Si sono messi in testa di provare a rinascere partendo dalle proprie forze, cacciando indietro fatalismo e rassegnazione, puntando sulla storia gloriosa di quello che fu il principale porto di Roma per l’Oriente e che, anche nei tempi più recenti, ha sempre orientato a Levante la bussola dello sviluppo. Si sono messi in testa di andare a vedere il vecchio azzardo di una Puglia lombarda e se i miracoli possono accadere solo in Spagna o ad Atene, se ci vogliono per forza le Olimpiadi o altri eventi mondiali, che ovviamente quiggiù non arriveranno mai. O se si può prendere spunto dai casi di successo, studiarli, capirli e provare ad imitarli.

Chi mastica d’economia, urbanistica e rilancio socio-ambientale ha già sentito parlare di waterfront, una parola presa di peso dal vocabolario d’inglese e trasferita nel linguaggio globale della riqualificazione urbana. Chi viaggia per il mondo (e anche per l’Italia) nelle città di porto può aver visto dal vivo cosa significa riqualificare il proprio fronte mare. Waterfront significa appunto questo, fronte d’acqua. E’ quello spazio prezioso ed essenziale che qualifica tutte le città che hanno la fortuna di legare la propria storia e il proprio futuro all’acqua. Spazio che, nei secoli passati, ovunque è stato consegnato alle attività commerciali e industriali, alle servitù militari, alla logistica delle realtà portuali. E sottratto alla vita pubblica, creando così, di decennio in decennio, un progressivo distacco delle città dal mare. Risultato: le città hanno perso la loro memoria, con essa l’identità, si sono sviluppate verso l’interno e quando il processo industriale (o militare) ha mostrato i segni del tempo, queste città hanno faticato a ritrovare il loro ruolo.

E’ accaduto in moltissimi porti, soprattutto nel Mediterraneo, un mare che aveva perduto da secoli la propria centralità e oggi che ritrova un ruolo geostrategico per la caduta dei confini orientali e per l’esplosione dei commerci marittimi asiatici. Ma rischia di non approfittarne se i suoi porti, le sue città dimenticano di essere in relazione con il mare. Da lì arriva lo sviluppo. Sul mare le città portuali ritrovano la loro funzione storica. E’ già accaduto altrove. A Barcellona, che ha sviluppato su un fronte porto rimodellato le potenzialità di riscossa economica espresse negli anni Novanta. A Genova, cui Renzo Piano ha restituito dimensione urbana e operativa proprio lungo il fronte portuale. A Venezia e poi a Marsiglia e ad Atene, a Bari e a Napoli, dove l’area di Bagnoli è destinata a diventare la maggiore scommessa del rilancio partenopeo.

Ora tocca a Brindisi. Un convegno internazionale si svolgerà il 23 e 24 giugno. Ci saranno gli architetti che hanno rimodellato Barcellona e gli esperti che operano a Napoli, Bari e Genova, i docenti del Forum dei waterfront legati all’accademia di Venezia, i sindaci delle città adriatiche, il direttore generale del Censis Giuseppe Roma che molto ha studiato queste nuove realtà urbanistiche e il loro impatto sulle comunità sociali. Ci saranno i responsabili amministrativi locali e, in conclusione, i politici che potranno aiutare Brindisi a diventare un caso modello per il Sud: il neo-presidente della Regione Nichi Vendola, i ministri Gianfranco Micciché, Pietro Lunardi, Adolfo Urso. E’ rilevante la presenza ministeriale al convegno, perché Brindisi vive in questi mesi proprio un conflitto con il governo nazionale sull’ipotesi di insediamento di un rigassificatore all’interno del porto, a due passi dal centro cittadino. Ipotesi sempre meno remota, che tuttavia contrasta in maniera sostanziale con il nuovo progetto di città d’acqua: evidentemente, non tutti a Roma la pensano allo stesso modo.

Ideazione è in grado di presentare ai propri lettori il dossier sul caso-Brindisi pubblicato sull’ultimo numero dell’edizione cartacea. Il quadro introduttivo presentato dal sindaco della città, l’analisi delle potenzialità descritte da due architetti spagnoli che hanno lavorato per il waterfront di Barcellona, gli interventi di due esperti sulle ricadute economiche per la città di questo progetto e sulle occasioni di finanziamento cui il comune può attingere. Perché la regola di questi investimenti è di coinvolgere i privati, sganciando la città da sempre più improbabili assistenzialismi e immettendola nel circuito virtuoso del mercato aperto.

20 giugno 2005

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