L'immaginazione in catene
da Ideazione, novembre-dicembre 2004

Da qualche tempo se ne fa un gran parlare anche da noi, di questa benedetta classe creativa. La società italiana, imbolsita e sclerotizzata, avrebbe un gran bisogno di linfa nuova nelle sue vene. Spazio ai creativi, dunque, come avviene nelle regioni più dinamiche del mondo, dove la loro genialità, la propensione ad uscire dagli schemi e a scartare dai binari predeterminati aiuta l’intero sistema a crescere e a innovarsi. Dagli Stati Uniti, terra di frontiere sempre agognate e mai raggiunte, arriva anche un saggio ponderoso che ci spiega come l’intero sistema produttivo americano poggi ormai sulla diffusa presenza di questa vera e propria classe: coccolati, ricercati, allevati, i creativi sono il motore di un’industria innovativa che inventa il domani e porta cuori e menti oltre lo scibile già noto, al di là delle colonne d’Ercole del mondo conosciuto. E’ quel che accade anche in Asia, dove il futuro si declina al presente sotto nuove scenografie architettoniche che testimoniano l’irrefrenabile ansia di crescere, di non fermarsi.

Il viaggio dentro la creatività perduta è, dunque, l’ennesima tappa nel declino industriale ed economico del nostro paese, e un po’ di tutta la Vecchia Europa. Che è argomento troppo complesso (e grave) per essere lasciato alla polemica interessata dei politici italiani, e coinvolge invece tutti i settori del nostro paese, a cominciare da quello imprenditoriale che dovrebbe essere innovativo per eccellenza. Invece anche qui la borghesia italiana ha perduto il gusto del rischio, dell’impresa, dell’innovazione, ripiegando su tracciati consolidati lungo i quali s’incontra solo il declino dei paesi maturi, vecchi, stanchi. Così come il sistema dell’istruzione e della ricerca, troppo spesso relegato entro spazi asfittici, troppo spesso refrattario alle riforme, sganciato dal mondo della produzione e dell’impresa, proprio quel mondo con cui dovrebbe allearsi per divenire valore, crescita, benessere per tutti. Un paese di colletti blu, eccola l’Italia della creatività perduta, dove la ripetitività delle strade già battute prevale sulla ricerca di sentieri nuovi.

14 aprile 2004

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