Conservatori in libreria, la fine del tabù
di Cristina Missiroli
da Ideazione, gennaio-febbraio 2005

E' spuntata l’alba di una nuova era sulla New York un po’ snob e radical chic degli editori liberal. Un altro tabù è andato in frantumi. Libri che piacciono ai conservatori possono essere stampati. Autori di destra possono conquistare gli scaffali più in vista, invece di finire in un angolo della libreria. Saggi che sparano a zero sui democrats possono scalare le classifiche del New York Times. E lo fanno sempre più spesso.

Di più: pubblicare questi libri fa guadagnare un sacco di soldi. Non è più un affare che riguarda solo piccole case editrici un po’ polverose e fuori dai grandi circuiti di distribuzione. Ad un certo punto, alla fine degli anni Novanta, i colossi della carta stampata si sono resi conto che editori come Regnery e WND Books avevano cominciato a far soldi a palate, stampando libri che loro, tycoon delle librerie, non avrebbero mai e poi mai preso in considerazione. In altre parole: c’era un mercato grande quanto mezza America che continuavano ad ignorare. Per motivi puramente ideologici. Preso atto di ciò, i grandi editori hanno ingoiato il loro orgoglio, si sono turati il naso e hanno fatto l’impensabile: pubblicando libri conservatori. Insomma, in questi ultimi anni (soprattutto dopo lo shock dell’11 settembre 2001) anche i grandi editori americani hanno capito che vendere libri conservatori è diventato un business irrinunciabile. E si sono attrezzati.

Random House e Penguin, veri giganti dell’editoria newyorkese, sono stati i primi a farsi avanti. Acquisendo piccole case preesistenti e lanciando intere collane specializzate nella pubblicazione di titoli appetibili per i conservatori. Negli ultimi tempi i colossi dell’editoria hanno letteralmente rubato gli agenti specializzati che, negli anni passati, si erano formati nelle più piccole case editrici conservatrici.

Il risultato, del tutto impensabile una decina di anni fa, è evidente anche ai più distratti. Oggi è normale entrare in una qualsiasi libreria e trovare nei posti d’onore decine di libri non di sinistra ma patinati, ben curati, ben venduti. Certo le piccole librerie culto, gestite in proprio da librai liberal, continuano a fare un po’ di ostruzionismo. Ma posti di questo genere non rappresentano più il vettore principale che porta i libri sui comodini degli americani. Al contrario, le grandi catene come Barnes & Noble o Wal Mart (senza contare le librerie virtuali come Amazon.com) più impostate sul profitto che sull’ideologia, espongono fianco a fianco gli autori culto della sinistra e della destra. E incassano più che mai.
All’inizio degli anni Novanta il mondo era diverso. Almeno per gli scrittori conservatori. La casa editrice Regnery non si era ancora fatta un nome con l’attacco frontale a Clinton. Questo arriverà solo con il libro di Gary Aldrich’s Unlimited Access (1996) e con quello di Ann Coulter, High Crimes and Misdemeanors (1998).

Prima di allora gli scrittori conservatori seri, specialmente se newyorkesi, avevano un unico posto dove andare a bussare: il portone di The Free Press, guidata da Erwin A. Glikes, un ebreo nato in Belgio che si era posto come missione quella di costruire un porto piccolo ma sicuro per gli autori che credevano nel libero mercato e per i pensatori libertarian. Nel 1994 però Free Press fu acquistata dalla ben più potente Simon & Schuster. Glikes si licenziò e morì l’anno stesso. Di crepacuore dicono i suoi amici, presagendo la fine della sua creatura. The Free Press, infatti, virò visibilmente a sinistra quasi immediatamente. Stessa sorte grosso modo subì l’altra isola conservatrice, Basic Books, che più o meno nello stesso periodo diminuì fortemente la presenza di libri non liberal in catalogo. Lasciando Regnery praticamente da sola contro i colossi tutti schierati a sinistra.

Da Prima Forum a Crown

Ma esisteva un altro germoglio che avrebbe dato i suoi frutti. Nel 1984 Ben e Nancy Dominitz avevano fondato Prima Publishing con un capitale di appena ventimila dollari. La società crebbe in fretta. Nel 2000 la piccola casa editrice mise sul mercato 300 titoli per un fatturato di 100 milioni di dollari. Non si trattava solo di libri politici. La fortuna di Prima arrivò con i libri di cucina, guide per il fai-da-te e per videogiochi. Ma Dominitz, un ebreo che era arrivato negli Usa da Israele all’età di 13 anni e che si era fatto totalmente da sé, aveva il suo maggior interesse nella politica: cominciò a battere l’America in lungo e in largo e a pubblicare quelli che considerava giovani talenti del pensiero libertario e conservatore. Tutte quelle idee che gli editori principali snobbavano. La fine della Free Press e l’abdicazione di Basic Books lasciavano un spazio enorme. Così nel 1996, insieme a Steve Martin, Dominitz varò una collana completamente dedicata alla politica: Prima Forum.

Prima Forum si accaparrò qualche pezzo da novanta come William F. Buckley Jr., David Horowitz, Peter Collier e Paul Craig Roberts. Ma promosse anche nuovi talenti. Tra le stelle conservatrici lanciate da Prima Forum ci sono Patrick Glynn (God the Evidence); Thomas J. DiLorenzo (The Real Lincoln); e Tammy Bruce (The New Thought Police e The Death of Right and Wrong). Il colpaccio venne quando il procuratore Kenneth Starr decise di pubblicare on-line le prove raccolte contro Clinton nel 1998. Prima Forum arrivò in libreria con l’edizione rilegata dello Starr Report nel giro di due giorni: un vero salto mortale che le permise di bruciare tutti i suoi concorrenti.

Intanto l’intera casa editrice andava a gonfie vele. La Prima Games Division aveva conquistato circa il 50 per cento dell’intero mercato americano dell’editoria per computer e videogame. Troppo perché le grandi case editrici continuassero ad ignorarlo. Arrivò così “l’offerta che non si può rifiutare”. Dominitz vendette tutto il pacchetto a Random House nell’aprile del 2001. La divisione politica era, ovviamente, la meno interessante per Random House. E probabilmente Prima Forum sarebbe morta se non fosse stato per lo straordinario successo di un unico libro. Quando fu pubblicato nella prima edizione (era il 1999) il saggio di Yossef Bodansky’s, Bin Laden: The Man Who Declared War on America vendette solo diecimila copie. Poi arrivarono gli attacchi dell’11 settembre e all’improvviso tutti gli americani cominciarono a battere le librerie alla ricerca di informazioni su Osama. Prima ristampò il libro in paperback in una settimana e ne vendette quasi 270mila copie, restando cinque settimane nella lista dei best-seller del New York Times. Prima Forum era salva per il rotto della cuffia. Oggi, grazie allo straordinario successo di autori come Ann Coulter e Steve Ross, Prima vive ancora con il nuovo nome di Crown Forum.

Il fattore Coulter

In realtà, prima di diventare autori di primo piano, anche le star della Crown hanno avuto vita dura. L’onnipresente pasionaria conservatrice Ann Coulter ebbe il suo bel da fare per ottenere che il suo primo libro importante Slander: Liberal Lies About the American Right vedesse la luce. Gli editori liberal cercarono di strangolare Slander nella culla. Harper Collins, editore della Coulter, lo aveva messo in un cassetto. Il suo agente bussò a tutte le porte e ad una ad una le porte gli furono chiuse in faccia. Un redattore della Doubleday – ha raccontato più volte l’autrice – rifiutò il libro con la giustificazione che “non aiutava il dialogo nazionale”. Alla fine Crown Publishing decise di stamparlo. Grazie anche alle frequenti partecipazioni della Coulter nei talk show radio e tv, il libro vendette più di 400mila copie e rimase per venti settimane nella classifica dei libri più venduti del New York Times, otto delle quali saldamente piazzata al numero uno. Ann si tolse tutti i sassolini dalle scarpe. Ripete spesso che se fosse stata in Rupert Murdoch avrebbe licenziato quel redattore della Harper Collins che aveva rifiutato sdegnosamente il best seller numero uno dell’estate. E solo per motivi ideologici.

Non sappiamo se Murdoch abbia preso provvedimenti nei confronti di chi commise quell’errore. Di certo però la lezione di Slander deve aver funzionato se ora i grandi editori fanno la fila per accaparrarsi le stelle conservatrici. Ma ora che il mercato di destra fa tanta gola ai colossi, riusciranno a sopravvivere e ad aver un ruolo le case conservatrici? Regnery, Spence, Encounter Books, WND Books, NewsMax.com e le altre non possono certo competere con colossi in grado di sborsare assegni di anticipo generosi e garantire una distribuzione capillare ai loro autori. Le piccole case continueranno a svolgere il loro compito. Facendo quel che Prima Forum ha fatto negli ultimi anni: girare il paese alla ricerca di nuovi talenti, continuando a tastare il polso alla parte viva dell’America.
Consapevoli che ormai esiste un circuito dei media di destra pronto ad accogliere, lanciare e pubblicizzare nuovi personaggi e nuove star del mondo conservatore. Un circuito che ha avuto e di certo continuerà ad avere un ruolo fondamentale nella vendita dei libri. Le radio, le tv via cavo e Internet raggiungono quotidianamente milioni di potenziali lettori. Tanto da rendere sempre meno rilevanti i tradizionali metodi di promozione dei libri e delle idee. Un’intervista su Fox, sul circuito delle tv via cavo o persino una citazione nella homepage di Drudge Report valgono ormai persino di più di una buona recensione su un quotidiano importante.

9 febbraio 2005

stampa l'articolo