Come tramonta una dittatura mediatica
intervista a Brian C. Anderson di Alessandro Gisotti
da Ideazione, gennaio-febbraio 2005

I conservatori possono vincere la battaglia culturale dei mass media. Anzi, negli Stati Uniti la stanno già vincendo. Era l’autunno 2003, quando Brian C. Anderson pubblicava sul trimestrale newyorkese City Journal un saggio incentrato su questa argomentazione. Articolo profetico, come le elezioni del 2 novembre scorso hanno dimostrato. City Journal non è una rivista qualsiasi. Peggy Noonan, già speech writer di Ronald Reagan, l’ha definita il miglior magazine d’America. Molte delle idee di Rudy Giuliani, quando era sindaco di New York, sono nate dalle pagine di City Journal. Dal canto suo, Anderson – una delle penne più brillanti della rivista – ha scritto anche per il New York Post, il Washington Times e The Public Interest. Ma soprattutto, è autore di South Park Conservatives, un libro sui media conservatori, in uscita negli Stati Uniti tra poche settimane. Brian C. Anderson ha accettato di confrontarsi con Ideazione sul tema rovente della sfida culturale tra liberal e conservatori americani.

L’osservatorio conservatore Media Research Center ritiene che la rielezione di Bush abbia dimostrato quanto irrilevanti siano diventati i mass media tradizionali. È d’accordo con quest’affermazione?
Forse dire irrilevante è un po’ troppo, ma non c’è dubbio che il potere dei mezzi di comunicazione tradizionali stia diminuendo. Ciò soprattutto grazie alla proliferazione di nuovi media (talk show radiofonici, Internet, televisioni via cavo e nuove case editrici), che stanno offrendo agli argomenti di destra una grande amplificazione culturale. Le ultime elezioni hanno visto i vecchi media liberal ingaggiare una strenua battaglia per disarcionare il presidente Bush. Uno sforzo che avrebbe potuto avere successo dieci anni fa. Ma non oggi.

In molti ritengono che, negli Stati Uniti, il monopolio della sinistra sui canali di informazione e comunicazione sia ormai giunto al termine. È possibile individuare l’inizio del processo che ha portato a tale risultato?

Il processo è iniziato con l’arrivo dei talk show radiofonici, circa 15 anni fa. Prima del 1987, la cosiddetta “dottrina dell’imparzialità” teneva i programmi politici lontani dalle frequenze radio. Era infatti necessario rispettare la regola dell’equal time: se avevi un talk show conservatore in onda, ne dovevi trasmettere pure uno liberal, anche se quest’ultimo non aveva alcun ascoltatore, come peraltro succedeva spesso. Le stazioni radio hanno risposto “non se ne fa niente”, meglio nessun talk show. Ronald Reagan eliminò la “dottrina dell’imparzialità”. Così, il mercato, gli ascoltatori hanno potuto decidere cosa volevano ascoltare. E scelsero programmi radiofonici conservatori. Arrivò il momento di Rush Limbaugh, che raggiunse 20 milioni di ascoltatori a settimana, e presto anche altre emittenti radiofoniche hanno cominciato a trasmettere i propri programmi conservatori. Oggi, i conduttori radiofonici di destra dominano il settore e sono incredibilmente influenti. Basti pensare che un americano su cinque afferma di informarsi prevalentemente attraverso l’ascolto della radio. Altra tappa è stata la nascita di Fox News nel 1996 e, poi, i web-log.

Proprio l’avvento del canale Fox News rappresenta uno degli eventi più visibili dell’ascesa dei media conservatori. Come spiega questo successo?

Fox ha successo non perché sia una tv conservatrice, ma perché presenta entrambe le posizioni – destra e sinistra – e lascia al telespettatore la possibilità di farsi una sua idea. Le altre emittenti televisive pretendono di essere oggettive, ma presentano in realtà solamente la visione liberal delle cose. Fox inoltre è decisamente all’avanguardia come produzione e si avvale di analisti brillanti. Infine, non ha paura di identificare se stessa come una tv americana.

Per molti conservatori, la cancellazione della miniserie della Cbs “The Reagans”, circa un anno fa, rappresenta un evento spartiacque nella battaglia culturale americana. Perché?

Il motivo, come sottolineo nel mio libro di prossima uscita South Park Conservatives, è che per la prima volta i nuovi media emergenti sono stati notati anche da un pubblico più ampio. La Cbs aveva programmato di trasmettere un documentario bugiardo, zeppo di distorsioni sulla famiglia Reagan. La “blogosfera” ne è venuta a conoscenza e una parte dello script della miniserie è stato pubblicato da Drudge Report (il sito web che fece esplodere il caso Monica Lewinski, ndr). A quel punto, le radio hanno iniziato una campagna, affinché Cbs non mandasse in onda la fiction o perlomeno la equilibrasse. Cbs ha dovuto fare marcia indietro. E tutti a commentare: «Che diavolo sta succedendo? Da quando i conservatori possono dire la loro su ciò che viene trasmesso?» La campagna presidenziale ha accelerato questo cambiamento.

Andrew Sullivan una volta ha dichiarato: «Penso di avere più facilità ad immettere un’idea nel dibattito nazionale attraverso il mio blog che con la rivista The New Republic. Secondo lei, Internet – in particolare la “blogosfera” – rappresenta un elemento chiave dell’indebolimento del dominio liberal sui media?

Sì, certamente. La “blogosfera”, per esempio, è riuscita a dimostrare la falsità dei documenti della Cbs sugli anni in cui il presidente Bush ha servito nella Guardia Nazionale. Siccome i grandi protagonisti del mondo dei media, tanto nella carta stampata quanto nella televisione, leggono tutti i blog, questi hanno raggiunto un potere che nessuno avrebbe mai immaginato solo pochi anni fa. D’altro canto, poiché i blog sono molti e attingono ad una varietà di conoscenze e professionalità, funzionano come una sorta di controllore collettivo della veridicità dei fatti. I mezzi di comunicazione sono perciò più attenti nel raccontare gli eventi. La “blogosfera” fa sì che i pregiudizi – sia di destra che di sinistra – siano meno accettabili.

Un altro colpo alla supremazia liberal è venuto dal settore editoriale. Quali sono i motivi del boom nelle vendite dei libri conservatori?

In realtà c’è sempre stata una domanda di questi libri. Tuttavia, pochi editori – dominati dagli scrittori liberal – avevano voglia di commissionarli. Il successo di Regnery Books, un editore conservatore che ha inanellato un best seller dopo l’altro, ha suonato la sveglia al mondo dell’editoria, dimostrando quanti soldi si possono guadagnare pubblicando libri di destra. Come ha detto l’editore Adam Bellow: «La razionalità degli affari ha battuto l’avversione ideologica». Inoltre, la nuova sfera mediatica – blog, talk radiofonici, Fox – ha dato agli editori un mezzo per pubblicizzare i libri conservatori senza dipendere dalle recensioni su New York Times Book Review o le comparse a Good Morning America.

È corretto affermare che l’11 settembre ha scosso definitivamente il panorama dei media americani?

Di primo impatto, direi di sì. Negli ultimi 12 mesi, però, abbiamo visto un odio davvero palpabile nei confronti di Bush, che ha portato alcuni media ad essere ancor più inclini ai pregiudizi. Altri, invece, soprattutto nel settore delle tv via cavo, hanno cercato di essere più equilibrati.

Esiste oggi negli Stati Uniti un circuito coordinato di mezzi di comunicazione di destra?

No, questa è una stupida fantasia della sinistra. C’è un circuito, ma non coordinato, che rappresenta semplicemente l’emergere, per la prima volta, di media che non sono ostili ai conservatori.

9 febbraio 2005

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