Il secolo di Ayn Rand
di Stefano Magni
[02 feb 2005]

Un ideale sconosciuto si aggira per l’Occidente. È il capitalismo. Il 2 febbraio è il centenario della nascita di Ayn Rand, la maggiore, forse unica apologeta morale di questo sistema nel XX secolo. Questo non vuol dire che sia stata l’unica sostenitrice del libero mercato: il secolo scorso ha sfornato un’intera generazione di intellettuali liberali classici e libertari, sostenitori del laissez-faire. Ayn Rand, però, è stata l’unica pensatrice ad aver sostenuto la superiorità morale del capitalismo rispetto a tutti gli altri sistemi. Perché “è un sistema in cui gli uomini si rapportano gli uni agli altri non come vittime e carnefici, non come padroni e schiavi, ma come mercanti, attraverso lo scambio volontario per il mutuo beneficio. E’ un sistema in cui nessun uomo può ottenere qualcosa ricorrendo alla forza fisica e nessuno può dare inizio alla forza fisica contro gli altri”. Oltre ad essere un sistema morale, il capitalismo è anche un sistema efficiente. Dalla Rivoluzione Industriale in poi, nei paesi industrializzati la natalità è cresciuta del 300% e l’età media è passata dai 45 ai 75 anni. E’ il capitalismo che ha liberato l’uomo dalla fatica del duro lavoro nei campi e dall’esposizione all’arbitrio della natura. Tuttora i vantaggi del libero mercato si ripresentano puntualmente in tutti i paesi che liberalizzano la loro economia. Eppure non c’è sistema più odiato e combattuto del capitalismo.

La Rand attribuiva questo odio ad una sorta di nostalgia atavica del tribalismo. Il capitalismo presuppone una società di individui liberi e razionali: “L’uomo – ogni uomo – è un fine in sé, non un mezzo per i fini altrui. Egli deve esistere solo per amore di se stesso e mai sacrificarsi per gli altri, né sacrificare gli altri per sé. Il perseguimento del proprio interesse personale e della propria felicità è il più alto scopo morale della vita di un uomo”. Il tribalismo, invece, vuole l’uomo soggiogato ad una collettività, costretto a rimanere incatenato nella posizione che la comunità ha prescritto per lui, nel nome di idee irrazionali. Forse tutti vorrebbero essere liberi, ma la libertà fa paura, perché non tutti hanno il coraggio di pensare con la propria testa. Non è facile sfondare le barriere di una mentalità tradizionale consolidata nei millenni ed è più facile impossessarsi delle risorse con la violenza (giustificata nei modi più svariati dagli intellettuali collettivisti) che non con il libero scambio. Il tribalismo, così, continua a riproporsi, con forme e ideologie diverse nei secoli. Assolutismo, Socialismo, Comunismo, Fascismo, Nazismo… Le tribù cambiano, lottano tra loro, ma l’essenza è la stessa. E’ l’altruismo la principale giustificazione morale della schiavitù dell’uomo: “Ricordate che altruismo – scriveva la Rand in “The sanction of victims” – non è gentilezza o benevolenza nei confronti di altri uomini. L’altruismo è una teoria morale che prescrive il sacrificio di sé a vantaggio di altri, l’interesse degli altri al di sopra del proprio”.

Anche la nuova ideologia collettivista, l’Ecologismo, viene additata dalla Rand ne “La Rivoluzione Anti-Industriale” come un nuovo modo per reprimere la volontà degli individui di emanciparsi e di vivere una vita più felice: “Se la preoccupazione per la povertà e la sofferenza umana fosse stata al centro dell’attenzione dei collettivisti, avrebbero dovuto convertirsi alla causa del capitalismo da un pezzo; avrebbero dovuto scoprire che esso è l’unico sistema in grado di produrre abbondanza. Ma hanno cercato di ignorare questa realtà evidente per quanto hanno potuto. Quando la cosa è diventata troppo chiara in tutto il mondo, i collettivisti hanno dovuto affrontare una scelta difficile: sterzare a destra, nel nome dell’umanità, o a sinistra, nel nome della dittatura. Hanno sterzato a sinistra, la nuova sinistra. Al posto delle loro vecchie promesse, che il collettivismo avrebbe creato abbondanza e delle loro vecchie denuncie, che il capitalismo avrebbe creato più povertà, ora denunciano il capitalismo perché sta creando abbondanza. Invece di promettere comodità e sicurezza per tutti, ora denunciano chi vive nella comodità e nella sicurezza. Stanno ancora lottando per inculcare sensi di colpa e paura, quelle che sono sempre state le loro armi psicologiche”.

Inoltre, avvertiva la Rand, acerrimi nemici del capitalismo erano anche i capitalisti stessi, sempre pronti a tradire i propri principi per scendere a compromessi e vivere comodamente. Nel suo ultimo saggio, “The Sanction of the Victims”, denunciava proprio questa tendenza culturale auto-lesionista, l’affermazione di una cultura collettivista sponsorizzata con i soldi dei protagonisti del libero mercato, il compromesso politico ed economico con i regimi totalitari comunisti voluto dai governi dei Paesi capitalisti, l’appeasement e il compromesso, frutti di un “grigiore morale”, dove non esistono il bianco e il nero, ma solo sfumature di grigio. Per la Rand era questa la radice dei mali di un Occidente sempre più lontano dai valori che lo avevano reso grande. La soluzione? Un puro capitalismo integrale senza compromessi, una società di individui completamente liberi, in cui lo Stato è minimo, si limita a svolgere il ruolo di guardiano notturno per garantire la sicurezza dei propri cittadini e non sfugge neanch’esso alla logica del libero mercato, dato che non deve più finanziarsi con tasse pagate obbligatoriamente, ma deve essere finanziato volontariamente.

2 febbraio 2005

stefano.magni@fastwebnet.it

 

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