Islam moderato in cerca d'autore. Patti chiari, amicizia lunga
da Ideazione, novembre-dicembre 2004

Roma, mercoledì 13 ottobre 2004, ministero degli Esteri. Nella sala marmorea degli incontri solenni, si apre la Conferenza “Islam e pace”, organizzata dalla Farnesina per rilanciare le iniziative dell’Osservatorio del Mediterraneo. L’obiettivo, politico e strategico, è di intensificare i rapporti con le comunità religiose, politiche e istituzionali del mondo islamico per far emergere quell’Islam moderato, al quale sarebbe necessario allearsi per vincere la sfida del terrorismo fondamentalista. In tal senso, l’Italia ritiene di poter giocare un ruolo di ponte fra Occidente e Islam, forte della sua tradizione diplomatica, della sua collocazione geografica nel Mediterraneo, del suo patrimonio culturale. A nostro avviso è mancata, da parte del ministro Frattini, un’ulteriore e più decisiva rivendicazione: quella di aver partecipato, con chiarezza di posizione e coraggio d’intenti, alla risposta che la parte più consapevole dell’Occidente ha voluto dare alla sfida terroristica dell’11 settembre. L’Italia, rispetto al passato, può porsi come interlocutore autorevole di un nuovo dialogo con l’Islam, perché ha compreso la qualità della minaccia terroristica e la cifra della sfida geopolitica e culturale del Ventunesimo secolo. E ha scelto da che parte stare.

Più che la tradizione di equidistanza del passato, figlia dell’equilibrio internazionale della Guerra Fredda, l’Italia può e deve enfatizzare la scelta determinata di oggi. Questo è l’esempio da offrire ai nostri interlocutori islamici, quello di un paese che ha il massimo rispetto verso usi, costumi, religioni differenti, che è capace, anzi desideroso, di dialogare con essi, partendo però dai suoi principi di libertà e democrazia. Altrimenti, il confronto si trasforma in una commedia degli inganni e la casa del dialogo rischia di trasformarsi in un inutile colloquio tra sordi. Nessuno può minimizzare i segnali di ripresa che si notano in un mondo arabo terrorizzato che comincia a capire che l’attacco terroristico riguarda anche lui, anzi, soprattutto lui. Ma proprio per cogliere questi segnali e dare a essi risposte concrete, bisogna uscire dalle ambiguità diplomatiche e chiamare le cose con il proprio nome.

12 novembre 2004

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