Tv: verso un sistema integrato
di Paola Liberace
da Ideazione, maggio-giugno 2004
Che cosa significa “sistema integrato della comunicazione”? Questa
espressione astratta è divenuta di urgente attualità, da quando è
comparsa in una delle sezioni più discusse della nuova legge sul sistema
radiotelevisivo. Per comprendere l’espressione bisogna concentrarsi sul
cambiamento che sta coinvolgendo tecnologie, canali, programmi. In
realtà, non si tratta di mutamenti irrelati, ma di un’evoluzione che
interessa l’insieme dei media, avvicinando strumenti finora
lontanissimi, oggi costretti a comunicare tra loro. Ogni medium ha
sempre più a che fare con tutti gli altri: parlare di un sistema della
comunicazione, prima che proteggere strumentalmente presunti interessi
consolidati, significa riconoscere e incoraggiare queste relazioni,
soprattutto ai fini economici e produttivi.
Eppure, per guardare più in profondità il sistema dei media, non
possiamo non partire dalla televisione. Non soltanto perché resta il
mezzo di comunicazione più diffuso ed amato nel nostro paese; ma anche
perché sembra il più toccato dai mutamenti in corso, sia dal punto di
vista legislativo che da quello tecnologico e imprenditoriale.
L’introduzione della rete digitale terrestre, su cui la legge Gasparri
insiste, interessa anzitutto la Tv, trasformando l’apparecchio che
conosciamo in un ricettore di nuovi canali. Su ognuno di essi si
moltiplicano le possibilità per lo spettatore (visione, interazione,
navigazione, gioco...), che presuppongono contenuti ulteriori rispetto
alle “vecchie” trasmissioni televisive. Introdurre la nuova rete e
produrre nuovi contenuti è un problema connaturato all’impresa
televisiva: a maggior ragione la Tv“rinnovata” rappresenta un crocevia
di interessi, anche economici, da regolamentare. Sotto tutti questi
aspetti, la televisione mette a confronto prospettive diverse
sull’innovazione. Le discussioni si sono concentrate sull’iniziativa
legislativa, l’effetto più macroscopico del cambiamento. Una buona legge
spesso risponde agli stimoli del presente: se è una legge lungimirante,
lo fa intuendo le opportunità dell’innovazione, creando spazi di
crescita. La legge Gasparri ha accolto coraggiosamente la sfida del
rinnovamento del sistema delle comunicazioni, scommettendo in
particolare sul digitale terrestre, a partire dai modelli europei, in
primis la Gran Bretagna. Gli effetti di questo sforzo saranno tanto più
fecondi, quanto più l’impresa televisiva saprà tradurre l’apertura
tecnologica in un’apertura imprenditoriale capace di creare valore.
Nell’ambito televisivo, peraltro, la nozione di “valore” è suscettibile
di interpretazioni diverse. Se da un lato la Tv, e in particolare il
servizio pubblico, si definisce in base alla capacità di diffondere
modelli di comportamento ispirati a principi portatori di ideali
positivi, più spesso il valore scaturisce dalla capacità di intercettare
esigenze e aspirazioni della società per trasformarle in contenuti, con
cui soddisfare la domanda televisiva. L’obiettivo è generare ricchezza
dalle risorse creative della società stessa: nel concreto, significa
avvalersi delle tecnologie, intervenire sui formati, moltiplicare i
ritorni. Per fare questo bisogna essere in grado di considerare senza
pregiudizi la natura della televisione ed esercitare nel suo ambito la
stessa libertà imprenditoriale che presiede alla gestione delle altre
industrie.
La libertà, intesa come capacità immaginativa, costruttiva, produttiva è
il minimo comun denominatore di ogni innovazione durevole.
L’atteggiamento libero ispira la fiducia e l’intraprendenza verso le
novità, e si dispone alla maturazione di nuove visioni. L’attuale
appiattimento delle informazioni per i telespettatori denuncia uno stato
di crisi della coscienza mediatica: il sintomo principale è
l’impoverimento del vocabolario della comunicazione. Ma il deficit di
espressione nasconde un deficit più grave, di autodeterminazione: per
sopperire, prima che la moltiplicazione delle funzionalità tecnologiche,
è necessario l’utilizzo consapevole e critico delle fonti mediatiche. Il
vero passaggio del potere allo spettatore è una rivoluzione del punto di
vista, in un rapporto finalmente attivo con i mezzi di informazione.
15 luglio 2004 |