La forza di rinnovarsi 
        di Domenico Mennitti 
        
        
      
      da Ideazione, maggio-giugno 2004 
         
        Questo numero chiude la mia esperienza di direttore della rivista. 
        L’idea di una iniziativa editoriale così importante fiorì nella 
        indimenticabile primavera del 1994, quando apparve chiaro che il 
        consenso elettorale aveva bisogno, per trasformarsi in capacità di 
        governo, di poggiare su solide basi progettuali. Lo sconvolgimento dello 
        schema consociativo che in Italia aveva resistito per cinquant’anni alle 
        intemperie della politica era certo dovuto alla straordinaria capacità 
        di Berlusconi, ma la ragione profonda del cambiamento era nell’ansia di 
        libertà che in quegli anni agitava le coscienze degli uomini. Di quelli 
        che si erano appena svincolati dall’oppressione del comunismo e di 
        quelli che avevano corso il rischio di consegnarsi ad un sistema 
        illiberale proprio nella fase della sua più acuta decadenza. 
         
        La sinistra tuttavia, pur sconfitta ed incapace da tempo di aprire nuovi 
        orizzonti, conservava il controllo dei centri di diffusione della 
        cultura e, pur nella evidente incapacità di interpretare i tempi e di 
        indicare percorsi di rinnovamento, utilizzava i vecchi pulpiti per 
        esercitare l’egemonia della informazione, della comunicazione, del 
        sapere. Ideazione nacque con l’intento di infrangere tale egemonia e di 
        avviare dentro la nuova maggioranza emersa dalla consultazione 
        elettorale il processo di costruzione di una cultura politica che la 
        cinquantennale emarginazione della destra aveva reso frammentaria, per 
        molti versi contraddittoria, perciò difficile da ricondurre ad una 
        tradizione coerentemente visibile nella storia del paese. 
         
        Sono trascorsi oltre dieci anni ed importanti obiettivi sono stati 
        centrati: il primo, che in questo momento considero il più rilevante, è 
        di avere determinato le condizioni perché un gruppo di giovani, nel 
        senso dell’anagrafe ma anche del pensiero, liberi cioè dai 
        condizionamenti della partecipazione allo scontro ideologico, abbiano 
        trovato nella rivista la sede del confronto con studiosi di precedenti 
        generazioni e poi si siano misurati fra di loro, fino a diventare classe 
        dirigente. Intendo dire che oggi Ideazione esprime un gruppo capace di 
        costruire un progetto e di esprimere chi lo deve realizzare; una classe 
        dirigente appunto interprete di una cultura liberale moderna, 
        consapevole di non dover solo menar vanto d’essere uscita vincente dal 
        Novecento, ma di doversi misurare con i fenomeni che rendono incerti 
        equilibri e prospettive del secolo appena cominciato. 
         
        Non so dire se dentro il centrodestra qualcuno sia stato attento a 
        questo dato. Naturalmente io lo sono e mi sento molto appagato dalla 
        constatazione che intellettuali che hanno dato forza e prestigio alla 
        continuità di questa iniziativa editoriale siano sparsi nelle redazioni 
        dei giornali e delle televisioni, nelle case editrici, in istituzioni, 
        università, fondazioni a svolgere ruoli altamente significativi. È tempo 
        perciò di trarre le conclusioni di un ragionamento che, se non 
        producesse conseguenze, sarebbe noiosamente autocelebrativo. È la 
        rivista che va celebrata e va potenziato il complesso sistema che essa 
        ha prodotto: la casa editrice autorevolmente presente anche sul mercato 
        librario, la dinamica attività editoriale on line, la fondazione che in 
        questi anni è stata promotrice di attività culturali con respiro 
        internazionale. Questo patrimonio ora va articolato rinnovando incarichi 
        e responsabilità. 
         
        Con questo spirito lascio la direzione della rivista. Essa è stata lungo 
        dieci anni attenta ad interpretare un mondo in rapida e convulsa 
        trasformazione, spesso di difficile lettura; l’attende un percorso 
        sicuramente accidentato e suscettibile di imprevedibili evoluzioni. Sarà 
        interessante leggere la società e partecipare al suo sviluppo da un 
        punto di osservazione che ha conquistato autorevolezza e dignità. 
        Aggiungo l’orgoglio di passare la mano a Pierluigi, mio figlio, che mi 
        fu accanto dieci anni fa e dal quale oggi non mi attendo continuità, 
        perché gli formulo l’augurio di percorrere con più fresca sensibilità le 
        nuove rotte della politica e della cultura. Buona fortuna a lui ed a chi 
        lo accompagnerà. Buona fortuna, Ideazione. 
         
        
        
        10 maggio 2004 |