La memoria ai tempi di Putin
di Federico Anghelé
[09 mag 05]
Il Presidente russo ha voluto una kermesse da grandi occasioni. Decine
sono i leader mondiali giunti a Mosca per celebrare il 9 maggio,
anniversario dei 60 anni dalla fine europea della Seconda Guerra
Mondiale. Tuttavia, non poche sono state le polemiche che hanno
preceduto la festa moscovita. I premier di Estonia, Lettonia e Lituania
hanno deciso, infatti, di boicottare la grandiosa manifestazione sulla
Piazza Rossa in ricordo dei tragici eventi che travolsero i loro popoli
durante il conflitto. La fine della guerra e la sconfitta del nazismo
rappresentò, per varie nazioni, tra le quali le tre Repubbliche
baltiche, l’inizio dell’occupazione sovietica, durata cinquant’anni,
come ha ricordato anche il presidente Bush, in visita in questi giorni a
Riga. Drammatico destino quello dei tre piccoli Stati affacciati sul
Baltico: occupati dapprima dai russi, nel ’41 divennero preda dei
nazisti fino a perdere, definitivamente, l’indipendenza, con
l’occupazione sovietica del ’44.
Dietro ai festeggiamenti di questi giorni nella capitale russa vi è
comunque una formidabile operazione di rilettura della storia. Putin ha
voluto che fosse celebrata la grande guerra patriottica del 1941–45,
nella quale le armate sovietiche, prima impegnate a difendersi
dall’avanzata sul loro territorio delle forze del Terzo Reich,
respinsero i nazisti ed occuparono gran parte dell’Europa orientale
spingendosi fino alla conquista di Berlino nel maggio del ‘45.
Festeggiare la guerra 1941–45 implica, però, una radicale omissione
nella memoria del conflitto. Significa dimenticare che l’Unione
Sovietica non solo aveva incominciato la guerra già nel 1939 ma,
soprattutto, che l’aveva fatto al fianco di Hitler. Come rimuovere uno
dei più tragici e spietati patti che la storia abbia mai conosciuto,
quello siglato, nell’agosto del 1939, tra Molotov e Ribbentrop, e che
diede il via alle ostilità in Europa? Grazie a quell’alleanza tra la
Germania nazista e l’Unione Sovietica staliniana, l’Est europeo cambiò
velocemente volto: la Polonia venne spartita tra tedeschi e russi;
questi ultimi si impadronirono anche di una parte della Finlandia, della
Bucovina del Nord e della Bessarabia oltre che dei tre Paesi baltici.
Fu solo con lo scoccare dell’Operazione Barbarossa del 1941, che avrebbe
dovuto far trionfare il potere di Hitler anche a Mosca, che l’Urss si
trovò a combattere contro il nazismo e a ritrovare, come propri alleati,
gli anglo-americani. In una Russia desiderosa di rigiocare un ruolo
determinante nello scacchiere internazionale e pronta a riproporsi come
potenza imperiale, il passato sovietico non è più visto come un peso da
dimenticare ma, piuttosto, come una gloria da riscoprire. Secondo alcuni
sondaggi, ad esempio, più della metà della popolazione russa avrebbe un
giudizio positivo su Stalin, ricordato come un eroico combattente invece
che come un dittatore sanguinario. Il sempre più forte attaccamento alle
gesta dell’Armata Rossa sarebbe, poi, l’ennesima prova del riuscito
tentativo di rileggere il passato comunista in chiave nazionalista e
patriottica. Con il beneplacito del presidente Putin.
09 maggio 2005
fedeang@katamail.com
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