Ricordare o non dimenticare?
di Enzo Reale*
[27 gen 05]

Anche se erano tutti insieme, c'è una differenza fra i sopravvissuti presenti oggi alla cerimonia e i rappresentanti di quarantaquattro nazioni chiamati a rievocare l'orrore di Auschwitz: questi ultimi hanno ricordato, i primi non dimenticheranno. Il senso del dovere e il peso della memoria hanno ispirato i discorsi ufficiali, la pena quotidiana dell'incancellabile ha accompagnato i silenzi privati. Come spiegare allora quel senso di disagio che abbiamo provato nel leggere gli interventi di molti oratori? Di sicuro vi ha contribuito l'assistere alle lezioni di civiltà impartite dal professor Putin o l'ascoltare il comandante delle truppe sovietiche ricordare quel giorno con un comprensibile ma non meno stridente «I saw the faces of the people we liberated -- they went through hell»: per analoghi inferni non c'era bisogno che si spingesse così lontano. Ma non è stato solo questo. C'è una frase in questo post di Harry che aiuta a mettere a fuoco la questione:

Bellissimi gli interventi dei vari capi di stato e di governo, oggi ad Auschwitz. Peccato, però, che da questi discorsi emerga una rappresentazione della Shoah come di una parentesi del tutto avulsa dalla storia.

E' successo di nuovo. Nella pretesa unicità della Shoah si nasconde il rischio della rimozione di tutto quanto Shoah non sia. Ma non si può capire l'Olocausto senza inserirlo nella storia dei totalitarismi del XX secolo. Non si possono onorarne le vittime senza costruire giorno dopo giorno una coscienza antitotalitaria complessiva, integrale, assoluta. E' proprio perché questa presa di coscienza collettiva non si è realizzata (e in molti casi non è nemmeno cominciata) che dopo quell'unicum ce ne sono stati molti altri. E non è finita. Se proprio oggi qualcuno avesse avuto finalmente il coraggio di collocare Auschwitz dentro la storia, avrebbe certamente contribuito a colmare il divario che separa il ricordare dal non dimenticare per non ripetere. Non basta dire mai più. Bisogna crederci sempre e in qualunque luogo. Troppe vittime aspettano ancora che si renda loro omaggio, troppi campi della morte devono ancora ospitare il loro 27 gennaio, troppi carnefici sono stati perdonati dal sonno della memoria. Mai più.

27 gennaio 2005

* dal blog 1972

 

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