Fitna. Guerra nel cuore dell’Islam
di Gilles Kepel
Laterza, Bari, 2004
pp. 330, € 16

L’Islam mondialisé
di Olivier Roy
Éditions du Seuil, Paris, 2004
pp. 234, € 13,30 (su Amazon)
 

Osama, l’Islam e il jihad fallito
di Giuseppe Mancini
[05 gen 05]

Islam, Europa, Internet. Nel dibattito sulle cause e gli obiettivi dell’offensiva jihadista e sull’adeguatezza della strategia occidentale per neutralizzarla, Gilles Kepel e Olivier Roy, studiosi francesi già noti in tutto il mondo, intervengono con autorevolezza, competenza e considerazioni rassicuranti. Per Kepel, infatti, il diabolico disegno di Osama bin Laden e Ayman al Zawahiri – colpire il “nemico lontano” (gli Stati Uniti) per spingere le masse a rovesciare le strutture di potere del “nemico vicino” (gli Stati-nazione del mondo islamico) – è miseramente fallito: l’emirato talebano è stato spazzato via, Baghdad è stata occupata dagli americani “infedeli”, al Qaeda ha perso appoggi territoriali e canali di finanziamento, soprattutto le masse del mondo islamico sono rimaste pressoché inerti. Il jihad è diventato fitna: la guerra nel cuore del mondo islamico, anche tra musulmani e musulmani, che porta divisioni e distruzioni, una sconfitta su tutta la linea.

Ma la partita non è ancora vinta del tutto: da una parte, il terrorismo ha continuato a colpire (a Madrid, a Bali, a Casablanca, a Istanbul), per mano di gruppuscoli che al richiamo jihadista, pur se non direttamente legati ad al Qaeda, hanno risposto con sanguinario entusiasmo; dall’altra, per Kepel non sempre la risposta americana è stata efficace e appropriata, troppo legata agli schemi strategici della Guerra Fredda tra blocchi contrapposti (Usa vs. Urss, Occidente vs. Islam). Il mondo islamico è invece fortemente diversificato – per storia, cultura, tradizioni, aspirazioni; e il movimento jihadista, pur se inneggia alla purezza dei tempi del Profeta, è un prodotto della modernità globalizzata: utilizza Internet, è organizzato in network decentralizzati, opera su scala mondiale, recluta i suoi adepti in Europa. Ed è proprio in Europa, secondo Kepel, che si combatterà la battaglia decisiva: quella per la conquista dei giovani immigrati musulmani, a cui trasmettere i valori della democrazia e la prosperità economica affinché tutto il mondo islamico ne risulti contagiato.
Una prospettiva condivisa da Olivier Roy, che all’analisi storica di Kepel preferisce un approccio sociologico, teso ad approfondire la natura del movimento islamista e dei suoi sviluppi neo-fondamentalisti.

Per Roy è decisivo il contatto tra gli immigrati musulmani e la modernità globalizzata, che produce la destrutturazione delle società tradizionali private delle loro radici territoriali e culturali, dei riferimenti offerti dalle autorità religiose. Gli individui cercano allora di ricomporre le proprie identità: o abbracciando i valori delle società occidentali in cui vivono, o cercando di riconquistare i valori perduti. E sono allora preda dei predicatori salafiti, rigoristi e iper-conservatori, che impongono un’interpretazione letterale, fondamentalista di ispirazione wahabita, dei dettami coranici. Un Islam anch’esso destrutturato, privo della mediazione delle culture in cui si sono articolate nei secoli le comunità islamiche; un Islam che nella sua lapidaria semplicità si impone sullo spazio virtuale di Internet e forma la umma globale dei credenti, anch’essa virtuale e immaginaria.

Mentre i gruppi islamisti tradizionali si sono istituzionalizzati – Roy parla di “banalizzazione” – nel contesto degli Stati in cui operano (in Iran, in Turchia, in Pakistan, in Libano, in Tunisia, nello Yemen), accettando i compromessi tipici della dialettica politica, i gruppi neo-fondamentalisti si sono ulteriormente radicalizzati nel contesto strategico della guerra in Afghanistan e della presenza americana in Arabia Saudita (dopo la Guerra del Golfo contro l’occupazione irachena del Kuwait). Bin Laden, influenzato dall’islamismo wahabita e dalle dottrine jihadiste dei Fratelli musulmani, agisce proprio in questo contesto: vagheggiando il ritorno all’età trionfante dell’Islam (l’età dei Califfi), attingendo ai temi anti-imperialisti e terzomondisti contro il nemico americano, tentando di sollevare le masse – per eliminare il potere degli Stati-nazionali sostenuti dagli Usa – attraverso azioni spettacolari (gli attentati dell’11 settembre) e l’uso accattivante di moderni mezzi di comunicazione. Un disegno diabolico, ma velleitario: Osama bin Laden ha lanciato il jihad e ha fallito.