Finanza Bianca
di Giancarlo Galli
Mondadori, Milano, 2004
pp. 230, € 16
 

Indagine sulla finanza cattolica
di Giuseppe Pennisi
[17 nov 04]

E' mai esistita, in Italia, una “finanza cattolica” da giustapporre, ove non contrapporre, ad una “finanza laica”? Cosa la distingue dalle “finanze cattoliche” di altri paesi occidentali? Quali sono le sue peculiarità? Che ruolo ha avuto ed ha in quella che possiamo chiamare “la struttura del potere” del mondo finanziario italiano? A queste domande risponde Giancarlo Galli con un libro che non ha la pretesa di essere uno studio di storia economica ma che è, invece, a metà strada tra un’inchiesta giornalistica ed un racconto autobiografico. Galli ha avuto ruoli importanti nell’industria e nella finanza italiana ed è ora apprezzato editorialista di Avvenire, nonché collaboratore di altre testate ed autore di saggi su personaggi e famiglie-chiave (gli Agnelli, Cuccia) oppure temi (l’unione monetaria europea) della storia economica contemporanea italiana. Ha una prosa vivace ed uno stile avvincente con cui rende argomenti complicati accattivanti anche al pubblico che ha meno dimestichezza con gli aspetti strettamente tecnici.

La sua documentata ricostruzione della finanza cattolica italiana prende l’avvio dalle vicende che con la creazione del Regno d’Italia, prima, e le ramificazioni del fascismo e della seconda guerra mondiale, poi, hanno, da un lato, comportato l’istituzione di organizzazioni (la più nota è l’Ior) per la gestione delle risorse finanziarie dello Stato Città del Vaticano (piccola enclave prima del Regno e poi della Repubblica) e, dall’altro, lo sviluppo di una rete finanziaria per la raccolta e l’impiego del risparmio dei “cattolici”. Non affonda in radici più lontane, quali le vicende che, ai tempi della Controriforma, indussero banchieri di origini guelfe ad emigrare verso le Sette Province Libere (oggi l’Olanda), portando seco una dote molto ampia di capitale umano e tecnico, nonché dando inizio alla leggenda di un nesso tra protestantesimo e spirito del capitalismo (si veda a riguardo Il saggio sulla genesi del capitalismo di Luciano Pellicani). La parte centrale del volume (circa cento pagine) è una serie di colloqui con “il banchiere del papa”, Angelo Cajola, posto alla guida dello Ior da quando, nel 1989, Giovanni Paolo II ha allontanato, seppur a malincuore, S.E. Mons. Paul Marcinkus. Dalla nascita della “finanza cattolica” italiana come conseguenza della breccia di Porta Pia al tentativo di dare vita ad un “nuovo Ior”, si attraversa il progressivo appannarsi della “finanza laica” e la “prise de pouvoir”, da parte dei “banchieri cattolici”, di quelle che ne erano le cittadelle (in primo luogo, Mediobanca). Dal racconto emergono le peculiarità della “finanza cattolica” made in Italy rispetto ad altri paesi dove banchieri di fede ed ispirazione cattolica hanno raggiunto posizioni elevatissime (si pensi a Camdessus e a Tietmeyer) senza che, per questo motivo, si desse vita a filoni o a categorie. Emerge pure un quadro per molti aspetti inquietante: espugnate le roccaforti “laiche”, entrati nelle “stanze dei bottoni”, in che modo gestiscono il potere finanzieri che si riconoscono di fede cattolica, che hanno di fatto costituito una rete e che, grazie ad essa, hanno preso possesso dei “salotti buoni”? Se lo avessero gestito in maniera differente dalla “finanza laica”, come si spiegherebbe il loro coinvolgimento in avvenimenti recenti (Cirio, Parmalat e simili)? Perché hanno inciso in misura così modesta cenacoli come il Gruppo Cultura Etica e Finanza che hanno cercato di “fare cultura”? A questi interrogativi – auspico – Giancarlo Galli risponderà con il prossimo libro-inchiesta.