Scambi di coppia in vitro
di Vittorio Mathieu

Durante la campagna contro il divorzio il conte Cesare Bonacossa fu invitato a parlare dai gesuiti di San Fedele a Milano. Acconsentì, purché gli si desse il consenso (che gli fu accordato) a una conversazione intitolata: “Voi non conoscete il soave profumo dell’adulterio”. Di tale insensibilità non possono essere accusati, per contro, i sostenitori della fecondazione “in vitro”, detta eufemisticamente “assistita”: l’adulterio vi è infatti considerato, sotto il nome di “fecondazione eterologa”. Un ulteriore progresso (sulla strada dei “clubs privés”) è rappresentato dagli scambi di coppia, per cui il figlio legale di una coppia può essere stato generato da una coppia tutta diversa. Caso che mi si assicura rarissimo, anzi, quasi impossibile, ma che pare si sia verificato due volte in poco tempo; e, almeno in un caso, senza possibilità di dubbio.

La previsione esatta di quast’ultimo fenomeno, per quel che so, si trova in un celebre testo letterario, “Le affinità elettive” di Goethe. La parola”affinità” in tedesco (Verwandschaft) ha un uso più esteso che in italiano: si applica anche ai parenti e alla stessa moglie, che da noi “non est affinis, sed causa affinitatis”. Inoltre è usata per le affinità chimiche, a cui Goethe si riferisce. Il Capitano, un personaggio che nel romanzo rappresenta il tipico pedante di molti scritti goethiani, spiega che quando un composto stabile, AB, ne incontra un altro anch’esso stabile, CD, può accadere che spontaneamente A si unisca a D e B a C. Questo accade infatti ai quattro personaggi del romanzo. Edoardo e Carlotta si uniscono in un amplesso perfettamente legale, ma la creatura che ne nasce è figlia degli altri due perché, in realtà, Edoardo ama Ottilia e Carlotta ama il Capitano. Il prodotto di questo doppio adulterio incrociato e non consumato, tuttavia, ha sorte infelice: il neonato sfugge dalle mani di Ottilia e muore annegato. Ottilia, cessando di mangiare, “sublima” (cioè passa direttamente dallo stato solido allo stato gassoso) e Edoardo diventa (secondo la chimica di allora) “di gesso” e si consola dandosi alla carriera militare.

La generazione artificiale era dunque presente alla mente di Goethe: la troviamo anche nel secondo Faust, dove “si fa l’uomo”, senza intervento dei due fidanzati, di cui chiede conto Mefistofele. Ne è autore un altro pedante, Wagner, che fa “cristallizzare” ciò che la natura plasma in modi rozzi e poco decenti. Ne nasce Homunculus che, peraltro, non ha neppure lui una sorte felice. L’arte di surrogare la natura, che Goethe affidava ai pedanti, oggi è praticata da ricercatori serissimi, sensibili alle più delicate esigenze dell’animo umano e, al tempo stesso, ai canoni rigorosi della scienza positiva. Tuttavia la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne rimane ancora (per fortuna) dalla parte di Goethe.

20 settembre 2004
 

 

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