Usa e Santa Sede, la lunga strada
di Alessandro Gisotti

Stati Uniti e Santa Sede, ovvero la superpotenza temporale e la superpotenza morale. L’evoluzione del rapporto tra i due soggetti protagonisti della politica globale sono l’oggetto del libro “La lunga strada”, scritto dall’ambasciatore Usa in Vaticano, Jim Nicholson. Uno studio che ripercorre la storia, tra frenate ed accelerazioni, dei rapporti tra Washington e Curia Romana. Pubblicato da 30giorni, la rivista diretta da Giulio Andreotti, il lavoro editoriale celebra il ventesimo anniversario della nascita delle formali relazioni diplomatiche tra Usa e Santa Sede. Svolta fortemente voluta da Giovanni Paolo II e Ronald Reagan. Il volume (poco più di cento pagine) si rivela di agile lettura e non manca di svelare aneddoti tanto gustosi quanto significativi. E’ il caso della prima visita di un Pontefice sul suolo americano. Si tratta di Pio IX, che, nel 1849, salì a bordo della nave “USS Constitution”, ormeggiata nel porto di Gaeta. Secondo la legge della marina militare, era a tutti gli effetti suolo statunitense extraterritoriale. “Il Papa – racconta Nicholson – passò tre ore a bordo andando a trovare i marinai, regalando corone di rosari ai cattolici dell’equipaggio e anche impartendo una benedizione. Alla fine, il Papa ebbe il mal di mare, si ritemprò nelle cabine del capitano e poi si allontanò salutato da 21 colpi di cannone”.

Nella prefazione del libro, il segretario di Stato americano, Colin Powell, scrive: “Una forza che guida oggi l’impegno dell’America a livello internazionale è il nostro desiderio di batterci per la dignità a cui il genere umano aspira. In questo sforzo non abbiamo un miglior partner internazionale della Santa Sede”. Dal canto suo, il cardinale Jean-Louis Tauran – già segretario vaticano per i rapporti con gli Stati – sottolinea, sempre nella prefazione, che scorrendo le pagine “il lettore può seguire, passo a passo, l’itinerario di un lungo viaggio, che ha permesso alle due parti di conoscersi meglio, di liberarsi dai condizionamenti della storia e di avere il coraggio di aprire una nuova strada”. Parole, quelle del capo della diplomazia Usa e del porporato, che assumono un significato particolare, dopo il grande freddo tra Casa Bianca e Palazzo Apostolico, durante la crisi irachena. Tuttavia, proprio Nicholson, afferma: “Le nostre discussioni, contrariamente alla percezione di gelo nelle relazioni indotta dai media, sono sempre state formulate sulla base del comune riconoscimento delle colpe dell’Iraq e del comune interesse per un Iraq pacifico, disarmato e tollerante”.

Le vicende narrate dall’ambasciatore statunitense iniziano nel 1788, quando Pio VI inviò un emissario a Parigi per incontrare Benjamin Franklin, appena assegnato quale diplomatico della nuova repubblica nordamericana nella capitale francese. Si alternano, così, nei due secoli successivi, figure di presidenti e pontefici. Ma anche di presuli e porporati, che hanno caratterizzato la presenza della Chiesa cattolica negli Usa. E’ il caso del cardinale Spellman, vescovo di Boston e poi di New York, che grazie ai suoi legami con il presidente Franklin Delano Roosvelt divenne uno strumento cruciale di comunicazione tra il governo degli Stati Uniti e la Santa Sede.

Nicholson dedica particolare attenzione al comportamento di John Fitzgerald Kennedy, primo presidente americano di fede cattolica, che si rifiutò, però, di istituire relazioni diplomatiche con il Vaticano. Sulla vicenda, Giulio Andreotti svela un retroscena. Nell’introduzione del libro, il senatore a vita ricorda: “Nel luglio 1963, quando venne a Roma in visita ufficiale il presidente John Kennedy, ebbi modo di chiedergli, in una colazione ristretta a Palazzo Taverna, come mai non si concludesse l’allacciamento di relazioni diplomatiche tra loro e il Vaticano. Mi rispose senza equivoci che avrebbe potuto porre il problema se fosse stato rieletto. Doveva essere molto attento a non creare una questione cattolica. Purtroppo il nuovo quadriennio non fu suo”. Una svolta mancata, che fu compiuta vent’anni dopo da Ronald Reagan e Karol Wojtyla. Entrambi, evidenzia Nicholson, “ritenevano che se avessero potuto collaborare per far crollare il regime comunista in Polonia, il resto dell’Europa dell’Est avrebbe potuto seguire la stessa sorte. Secondo l’ex consigliere nazionale alla sicurezza William Clark, Reagan e Giovanni Paolo II condivisero un’unità di intenti spirituali e un’unità di vedute sull’impero sovietico: diritto e giustizia avrebbero infine trionfato nel piano divino”.

Il 10 gennaio del 1984, William Wilson diveniva, dunque, il primo ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede. Avvenimento, ebbe a dire Reagan, che correggeva finalmente un’anomalia della storia.

14 maggio 2004

Jim Nicholson, "Usa e Santa Sede, la lunga strada", Edizioni 30 Giorni, Roma, 2004, pp. 128
 

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