Serra racconta la caduta degli dei
di Pino Bongiorno

Il Novecento è stato indubbiamente, insieme a tante altre cose, il secolo dei "fallimenti". Imperi consolidati sono venuti meno, l’Europa ha perso la sua leadership, vecchia quanto la storia, e l’utopia ha sparso copiosamente sangue, terrore e miseria, rincorrendo idee diaboliche come quelle di purezza razziale o di eguaglianza socioeconomica. A questo affollato e composito campionario della sconfitta ha rivolto il suo sguardo Maurizio Serra – diplomatico di carriera i cui lavori confermano, come ha insegnato Machiavelli, che non c’è niente di meglio per “la cognizione delle azioni delli uomini grandi” di “una lunga esperienza delle cose moderne e una continua lezione delle antiche” – e ne ha tratto un libro, “Dopo la caduta. Episodi del Novecento” che prende in esame quattro importanti vicende del secolo scorso, accomunate soltanto dal medesimo esito. Si tratta dell’impresa di Fiume, della fine dell’impero giapponese, del processo di Norimberga, dei controversi quarant’anni di vita della Repubblica Democratica Tedesca.

Vicende diverse che hanno visto all’opera, lungo tutto il loro corso o nel tratto finale, uomini altrettanto diversi: D’Annunzio, Hirohito, i criminali nazisti, Honecker. Uniti, comunque, dall’incapacità di avvertire lo “"spirito del tempo” o dalla sostanziale mediocrità. “Il D’Annunzio politico – scrive ad esempio Serra – era diventato il più rumoroso e fastidioso portavoce di rivendicazioni che l’Europa neo-conservatrice non voleva sentire: l’Europa orfana del concerto diplomatico prebellico, che il Regno Unito cercava di ricostruire lungo l’asse anglo-americano. D’Annunzio, dopo aver denunciato il Patto di Londra senza avere l’autorità per farlo, non parve capire che i trattati di Parigi non sancivano la pace, come complesso di norme destinate a durare nel tempo, ma il passaggio sostanziale della guida politica dalla vecchia alla nuova sponda dell’Atlantico” (p. 33).

Gli imputati di Norimberga – nel ricordo di uno dei loro giudici, Anthony Freire Marreco – “erano dei vinti, affranti dalla terribile dimensione delle loro colpe e sopraffatti dagli eventi..., erano uomini di una mediocrità impressionante, pavidi, conformisti, anche se talvolta animati da furbizia ed abilità nel tentativo di salvare la pelle, alcuni anche pronti a ridiventare arroganti. Forse non erano nemmeno eticamente immorali, semmai amorali: salvo alcuni veri criminali, gli altri in circostanze normali sarebbero stati tutt’al più dei piccoli burocrati, o dei mezzi falliti” (pp. 100-101). Su Honecker il giudizio non è meno impietoso. Egli era convinto “che dare al popolo una ricetta composta da prestigio più pane fosse un buon sostituto della libertà che non poteva né voleva dargli” (p. 177), era un “negoziatore opportunista della Ostpolitik” (p. 179), sicuro che l’avvento di Gorbaciov, giudicato un Andropov più giovane e più in salute, potesse rafforzare il margine di autonomia internazionale della Rdt.

Le pagine che Serra dedica alla Germania dell’Est, e ai suoi rapporti con l’Unione Sovietica, sono particolarmente interessanti. Essa è stata, a suo giudizio, non solo la testimonianza più palese della cortina di ferro che per mezzo secolo ha tagliato in due l’Europa, ma anche, e forse soprattutto, un vero enigma, dato che dall’inizio – e fino alla fine – dei suoi giorni ha goduto del raro privilegio di non essere né amata né protetta da parte di chi l’aveva fatta nascere e quindi doveva avere a cuore la sua sopravvivenza. Nella percezione comune, degli stessi tedeschi peraltro, la Germania comunista non è mai stata considerata una delle “due” Germanie, ma l’altra Germania, quella artificiale rispetto a quella vera, la Repubblica Federale.

Lo stesso Stalin, del resto, solo a malincuore accettò la formazione della Rdt nell’ottobre 1949, quando gli fu chiaro che il sogno di una Germania unita e neutrale, cioè "de facto" sotto il controllo sovietico, era svanito. Così, scrive Serra, al posto “della fanciulla dei suoi sogni, il Cremlino era stato costretto a impalmarne la sorella scialba e bruttina, pur di continuare a far parte di una famiglia tanto ambita”. Una sorella scialba e bruttina che pure ha avuto il suo effimero momento di gloria, un’età dell’oro in cui la cosiddetta "Prussia rossa" è diventata agli occhi del mondo il paese tecnologicamente ed economicamente più progredito dell’Est (tra l’ottava e la dodicesima potenza industriale del mondo), con la settimana lavorativa di cinque giorni, già nel 1967, e la più alta densità di asili, scuole, università, stadi, biblioteche, sale da concerto. Tutto questo si è rivelato, com’è noto, nient’altro che un bluff. Come "gonfiava" i suoi atleti con gli anabolizzanti, così la Rdt "gonfiava" attraverso la propaganda la sua immagine di efficienza. Un bluff costato caro allora, negli anni della menzogna e del consenso a tutti i costi, e di cui, a più di dieci anni dalla riunificazione, ancora si pagano le conseguenze.

29 gennaio 2004

bongiornogiuseppe@hotmail.com

Maurizio Serra. Dopo la caduta. Episodi del Novecento. Ideazione Editrice, 2004. pp. 205. €10.

 
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