Gruber-Santoro: da TeleBaghdad a Strasburgo?
di Paola Liberace

Le ultime due settimane si sono rivelate ricche di sussulti per il sistema italiano dei mezzi di comunicazione. Il 22 aprile, ultimo giorno di sessione plenaria prima dello scioglimento precedente le elezioni europee, il Parlamento europeo ha approvato la relazione presentata dalla liberale olandese Johanna Boogerd-Quaak, sui rischi di violazione della libertà di informazione in Europa, e in particolare in Italia. All’inizio della settimana successiva, è stata confermata la candidatura di due noti giornalisti televisivi, Lilli Gruber e Michele Santoro, per le stesse elezioni, tra le file dell’Ulivo, rispettivamente per il Centro e per il Sud. Giovedì 29, ad una settimana dall’approvazione della relazione all’Europarlamento, il Senato ha approvato in via definitiva il decreto legge Gasparri sul riordino del sistema radiotelevisivo, che verrà quindi inviato a Ciampi per la promulgazione definitiva.

Leggendo in ordine cronologico la sequenza, viene da stabilire connessioni e da tirare conclusioni quasi immediate. La risonanza data alla votazione dell’Europarlamento, in particolare nel nostro paese, sembra automaticamente smentire la sostanza della relazione stessa: il controllo, se reale, avrebbe dovuto filtrare, o almeno attutire, anche l’atto d’accusa, che ha invece avuto visibilità immediata in ogni angolo mediatico. Il fatto che la relazione esprimesse giudizi così netti – cui solo l’intervento del presidente Cox ha impedito di risultare in veri e propri atti d’accusa, con nomi e cognomi – sulla politica di alcuni stati membri, è tanto più significativo quanto più ci si avvicina alle soglie delle elezioni per il rinnovo del parlamento stesso (per combinazione, l’altro imputato individuato dalla relazione, la Spagna di Aznar, era ahimé già diventata "ex" di Aznar, sottraendosi per tempo ad uno stiletto indebitamente affilato).

Il tutto si arresta alle soglie della gravità, quando ci si ricorda che siamo di fronte ad un organismo che esprime pareri ed opinioni, e per fortuna non ha (ancora) la facoltà di invalidare le legittime votazioni politiche dei cittadini di uno Stato sovrano. Nello specifico, queste votazioni hanno prodotto un Parlamento: lo stesso che nel pieno esercizio delle sue facoltà ha deliberato per la prosecuzione dell’iter legislativo del decreto Gasparri. A proposito di questa legge, la relazione si è ampiamente pronunciata, non sempre in termini (anche grammaticalmente) corretti: di fatto, si è trattato di semplci “auspici”, sostenuti, più che da un’argomentazione, dal contorno delle “riflessioni” proposte per la risoluzioni. Sufficienti, insomma, a rinsaldare presso l’opposizione italiana l’argomento dello “scandalo” suscitato dal governo Berlusconi a livello europeo; ma del tutto inefficaci per attaccare le basi di una proposta legislativa realmente innovativa e di significativa apertura imprenditoriale.

Infine, non si può fare a meno di ripensare alla risoluzione quando appunto due esponenti dei mezzi di comunicazione deviati si schierano nelle file dell’opposizione al governo italiano, subito dopo la votazione, quasi a sottolineare il valore testimoniale e di resistenza (per usare una parola cara alla Gruber di Baghdad) del loro sacrificio, della loro rinuncia alla professione per la passione. In particolare, sulle ragioni dell’esclusione di Santoro, giornalista dichiaratamente fazioso, dalle reti del servizio pubblico, è già stato detto molto; la candidatura rischia di rafforzare le opinioni dell’epoca a favore della sua estromissione. Quale migliore occasione per erigere il proprio privato esempio a pubblica virtù, cogliendo la possibilità di cavalcare l’onda lunga della votazione dell’Europarlamento?

4 maggio 2004

pliberace@yahoo.it
 

stampa l'articolo