Come e perché Berlusconi ha tagliato le tasse
di Alessandro Marrone
[16 dic 04]

E’ approdata in Parlamento la legge Finanziaria 2004 che dovrebbe approvare (salvo colpi di scena dell’ultimo momento) anche la revisione delle aliquote Irpef, decretando così l’evidente calo della pressione fiscale proprio come aveva annunciato Berlusconi all’interno del documento programmatico di inizio legislatura.
Gli scaglioni di reddito e la percentuale di tassazione sono stati concordati dall’intera coalizione, riuscendo a mettere quindi d’accordo tutti: liberali, libertari, destra sociale, cattolici e riformisti. Un primo esempio di fusionismo applicato che, se non rimane un caso isolato, potrebbe segnare una svolta nell’ambito della politica del centrodestra.

Come si evince dalla tabella seguente:
 

Reddito 2003 (euro)

Irpef 2004

Reddito 2004 (euro)

Irpef 2005 –Proposta Berlusconi

fino a 7.500

No tax area

fino a 7.500

No tax area

7.500-15.000

23 %

7.500–26.000

23 %

15.000-29.000

29 %

26.000–33.500

33 %

29.000-32.600

31 %

33.500–100.000

39 %

32.600-70.000

39 %

oltre 100.000

tra il 39 ed il 43%
stabilito ogni anno

oltre 70.000

45 %

   

 

 

 

 

viene mantenuto il principio della progressività delle imposte: le aliquote crescono all’aumentare del reddito, mentre le deduzioni decrescono fino ad azzerarsi per i redditi superiori a 78 mila euro.
I risparmi toccano tutte le fasce di reddito ed in particolare quella più bassa tra i 15 mila e i 26 mila euro, in cui il risparmio rispetto alla pressione precedente è del 6 per cento: per questa categoria di lavoratori, infatti, l’aliquota è scesa dal 29 al 23 per cento.

Le detrazioni (vedi tabella seguente)

FAMILIARE A CARICO

DEDUZIONE (euro)

CONIUGE

3.200

FIGLIO MAGGIORE DI 3 ANNI

2.900

FIGLIO MINORE DI 3 ANNI

3.450

FIGLIO PORTATORE DI HANDICAP

3.700

BADANTE

1.820

 

 

 

riguardano tutti i lavoratori con familiari a carico. Come nella precedente riforma del 2003 che introdusse la no-tax area, esiste una “clausola di salvaguardia” per il contribuente che col nuovo sistema dovesse versare di più, cioè la fascia tra i 29.000 e i 32.000 euro, che permette di continuare a pagare con il vecchio sistema più vantaggioso. I cittadini sono beneficiati dalla riforma per un totale di 6 miliardi di euro l’anno. Le imprese hanno usufruito invece di una riduzione dell’Imposta regionale sulle attività produttive (Irap), pari a 500 milioni di euro sugli investimenti in innovazione e ricerca. La copertura della riduzione fiscale viene sia da misure una tantum, come la proroga del pagamento dei condoni, sia da risparmi strutturali nella spesa pubblica: tra questi ultimi hanno un peso determinante il blocco delle assunzioni dei dipendenti pubblici, per cui per ogni cinque impiegati che andranno in pensione se ne assumerà uno solo, e il contenimento dell’aumento degli stipendi del pubblico impiego al 4,2 per cento, a fronte di una inflazione tendenziale del 2 per cento.

La prima stabile riduzione fiscale nella storia della Repubblica è stata approvata dal governo dopo un lungo lavoro di mediazione tra i partiti della coalizione. Da un lato, Berlusconi aveva più volte già da aprile annunciato come imminente una consistente riduzione delle tasse per tutti i cittadini come promesso in campagna elettorale e per questo appoggiato dalla Lega Nord. Dall’altro lato, Alleanza Nazionale e l’Udc hanno posto una serie di obiezioni: il mantenimento del deficit entro i parametri europei; la difesa dei contratti del pubblico impiego, una fascia elettorale cara ad An, dal taglio dei quali si doveva ricavare la copertura del minor gettito erariale; la limitazione della riduzione fiscale solo alle imprese e ai redditi più bassi. Tale scontro politico riflette la difficoltà nel nostro paese nel ridurre il peso della spesa pubblica e delle tasse, per ampliare la sfera del mercato, della libera scelta dei cittadini sull’uso dei loro soldi: tale azione è stata sempre impedita dall’efficace pressione sulla classe politica delle minoranze corporative e sindacali che beneficiano della spesa pubblica, mentre la maggioranza silenziosa dei cittadini non è mai riuscita ad organizzarsi per ottenere una riforma voluta da due terzi della popolazione.

Anche in questa ultima occasione non si sono opposti solo i sindacati ed il centrosinistra, che da sempre preferiscono un modello di stato sociale che più tassa e più spende, ma anche i grandi gruppi industriali che preferiscono incentivi pubblici mirati alle singole imprese, o sgravi sull’Irap, ad una generale riduzione delle imposte che favorisca consumi e investimenti per tutti i cittadini e tutte le imprese. Luca Cordero di Montezemolo ha criticato più volte l’ipotesi di riduzione fiscale. Ciò che stupisce non è la legittima difesa dell’interesse corporativo ad avere una tassazione minore per le imprese piuttosto che per i consumatori, quanto l’abilità nel far passare ciò come realizzazione dell’interesse nazionale e dei principi del mercato e della concorrenza. In definitiva si è assistito ad un duro scontro tra due posizioni politiche e due coalizioni di interessi diversi, e alla fine ha vinto chi voleva ridurre le tasse subito per tutti i cittadini rispettando l’impegno preso con gli elettori nel 2001.

16 dicembre 2004

 

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