I media e l'economia italiana
di Marta Brachini
“I media hanno un peso significativo nella definizione dei prezzi
al consumo sia dal punto di vista del venditore del prodotto, sia
dal punto di vista del consumatore acquirente.” Questo il
risultato principale di una ricerca condotta dalla Scuola
Superiore della Pubblica Amministrazione (Sspa) che ha indagato
sul rapporto tra la crescita dei prezzi e la diffusione delle news
sull’inflazione nella fase di transizione dalla lira all’euro. “La
ricerca non ha rivelato una accresciuta dinamica dell’inflazione
nel periodo di introduzione dell’euro, né tale introduzione appare
aver avuto effetti specifici di incremento dei prezzi”. In
sostanza il gruppo di ricerca composto da economisti ed esperti
dei media, e diretto da Giuseppe Pennisi, docente della Sspa, è
giunto ad avvalorare l’idea che le news abbiano amplificato gli
“allarmi inflazionistici, determinando incrementi temporanei
dell’inflazione”.
L’ipotesi di partenza è quella secondo cui le variabili di
formazione dei prezzi possano essere influenzate
dall’informazione-news. Ne emerge un’indagine sulla natura e la
discrezionalità della relazione tra news, inflazione ed euro.
L’informazione generale sull’andamento economico e produttivo del
paese viene distinta tra informazione pubblica, una rassegna
qualitativa dei contenuti di stampa e notizie radiotelevisive nel
periodo del passaggio alla valuta europea, e informazione privata,
che circola attraverso canali associativi e informali, i quali
orientano soprattutto le aspettative e le decisioni degli
operatori economici d’azienda. A questa analisi ne corrisponde
ovviamente una numerica che mette in risalto le variazioni dei
prezzi nei principali settori in coincidenza con la diffusione di
news, grazie all’uso di nuovi metodi econometrici.
Le conclusioni dello studio sono state discusse
nell’incontro-dibattito organizzato dalla presidenza del Consiglio
dei ministri insieme alla Sspa lo scorso lunedì 21 giugno. Angelo
Maria Petroni , direttore della Sspa, ha presentato la conferenza
dal titolo “I media e l’economia italiana”e invitato i relatori a
commentarne l’argomento principale. Non tutti gli intervenuti si
sono trovati a loro agio nel considerare in modo assoluto questo
risultati. Per Giorgio Benvenuto, capogruppo della IV commissione
Finanze alla camera,la “questione del rapporto tra inflazione
percepita e inflazione reale appartiene al dibattito politico”. A
suo avviso, andrebbe indagato piuttosto “l’andamento degli indici
Istat relativi all’inflazione in relazione alle politiche fiscali
del governo”. Come ad esempio la relazione tra inflazione e
condoni. Diversamente Sergio Rizzo del Corriere della Sera ricorda
“l’ atteggiamento di distacco del governo” nei confronti del
passaggio dalla lira all’euro e stigmatizza l’affermazione fatta a
suo tempo dal ministro Tremonti secondo cui si sta verificando uno
“spostamento dei redditi dalle famiglie ai commercianti”,
definendola riduttiva per la complessità del fenomeno
inflazionistico. Per Pierluigi Magnaschi, direttore responsabile
dell’ANSA, “la stampa va assolta dall’essere un amplificatore
sistematico del fenomeno inflazione.” A suo avviso è sufficiente
constatare che i prezzi per l’economia sono come la cronaca nera
per i quotidiani, ovvero fonti di audience sicura.
Al di là delle osservazioni più o meno critiche, non sono mancate
piene approvazioni dei metodi e dei risultati dell’indagine come
quelle espresse da Innocenzo Cipolletta, presidente dell’ USB
Corporate Finance Italia, secondo cui “non c’è stato alcun
fenomeno di inflazione”. Interessanti interventi storico-economici
sono venuti invece dalle voci di Salvatore Biasco, docente
dell’Università La Sapienza di Roma,e di Luciano Pellicani,
direttore della scuola di giornalismo Luiss Guido Carli. Il
convegno si è chiuso con l’intervento di Antonio Marzano, Ministro
delle attività produttive, che ha ribadito la sua piena
approvazione nei confronti di tutti gli sforzi scientifici che
vengono fatti a favore della conoscenza dei fenomeni economici che
toccano la società italiana e di cui il governo non può non tener
conto.
1 luglio 2004
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