Il declino tra mito e realtà
da Ideazione, marzo-aprile 2004
Le crisi giudiziarie ed economiche che hanno colpito alcune delle più
grandi aziende del nostro paese hanno aperto le porte ad un complesso
dibattito sulle sorti del modello industriale italiano. Ne è emersa una
riflessione pubblica, spesso strumentale, portata avanti per lo più a fini
propagandistici e pre-elettorali, il cui risultato finale ha mostrato - a
nostro avviso troppo facilmente - i tratti più pessimistici della
situazione in cui versa l’economia del paese nel suo complesso. È così che
nella discussione pubblica su questi temi, cui si assiste ormai
quotidianamente, alle inchieste giudiziarie e al malaffare dei singoli è
stato assimilato un po’ tutto: la crisi del ceto medio italiano, il
caro-vita causato dall’introduzione dell’euro e dall’aumento
indiscriminato dei prezzi, il ritardo della ripresa economica, la crisi
congiunturale attraversata dal nostro paese e dal resto dell’Europa dopo
l’11 settembre e dopo lo scoppio della bolla tecnologica.
In questa precostituita visione d’insieme il modello-Italia è sembrato per
lo più condannato ad un lento ma inesorabile declino. Ma se crisi di un
modello capitalistico italiano vi è stata, e nei fatti risulta innegabile,
altrettanto innegabile è che non se ne possano rintracciare le cause in un
passato troppo recente. E' necessario, invece, volgere lo sguardo altrove,
tornare indietro nel tempo e ripercorrere le tappe fondamentali di un
percorso dai molteplici risvolti. Il modello di capitalismo impostosi in
Italia ha attraversato, infatti, negli ultimi trent’anni, alterne vicende,
mutando ripetutamente direzione, fisionomia e prospettive.
In questo panorama tratteggiato a tinte fosche è sembrato anche a noi
utile inserire un ulteriore terreno di confronto. Prendendo le mosse da
quelle controverse scelte del passato che hanno visto per un lungo periodo
di tempo in Italia un’interconnessione sempre più stretta e asfittica tra
difesa dei diritti acquisiti, assistenzialismo statale e tutela delle
garanzie personali, questo dossier ha voluto analizzare, proiettandole in
una visione di medio periodo, le cause ma anche le prospettive di un
processo in corso, per dimostrare che, se il capitalismo italiano esce
ferito dalla crisi, di certo non ne è colpito a morte e che nuovi spiragli
di ripresa possono delinearsi se solo si troverà il coraggio di digerire
la lezione del passato, oltrepassando il capitalismo assistito impostosi
fino ad oggi.
Il dossier parte dalla ricostruzione di Francesco Forte dell’ultimo
trentennio di storia industriale attraverso le tre fasi del
neo-corporativismo, del neo-capitalismo finanziario e quella dei
compradores degli anni Novanta; prosegue con un’analisi dettagliata della
fenomenologia e delle cause del declino industriale italiano, delineate da
Massimo Lo Cicero; giunge alla visione più ottimistica d’insieme avanzata
da Luigi Zingales e Michele Bagella. Da dove ripartire per salvare il
capitalismo italiano? Secondo i due noti economisti i punti di forza del
sistema-Italia emergono chiari, e possono essere rintracciati nell’enorme
potenzialità di sviluppo che una certa dimensione d’impresa ancora
garantisce al nostro paese. Al buono stato di salute fisica della piccola
e media impresa italiana si affianca poi il consolidato successo del made
in Italy nel mondo. Ma - avvertono gli economisti - attenzione alle sfide
lanciate al mondo imprenditoriale italiano dal processo globale, un’altra
spina nel fianco della competitività del nostro sistema produttivo.
30 marzo 2004 |