Internet: anche l’Estonia meglio
dell’Italia
di Angela Regina Punzi
Italiani popolo di navigatori via mare ma non via Internet. Almeno
questo è quanto emerge dal “Global Information Technology Report
2003”, documento che ogni anno analizza il grado di “recettività”
dei singoli paesi nei confronti dell’innovazione tecnologica, e
soprattutto nei confronti delle applicazioni di Rete. Nonostante
gli elevati ritmi di crescita degli ultimi tre anni, il gap che
separa il nostro paese dagli Stati Uniti, ma anche da Germania,
Francia e Gran Bretagna in tema di Information Technology è ampio.
Il rapporto, giunto alla sua terza edizione, analizza in ben 120
paesi una gamma assortita di parametri: sviluppo di alleanze tra
imprese, stato della ricerca, oneri burocratici, facilità
nell’ottenimento di licenze e nella realizzazione di investimenti
in generale, ma anche la preparazione dei laureati, il numero di
televisori e di personal computer installati, stato delle linee
telefoniche, e ovviamente livello di alfabetizzazione informatica.
Gli Stati Uniti si rivelano, anche nel 2003, il paese più
innovativo al mondo grazie in particolare all’uso diffuso
dell’Information and Comunication Technology (Ict) sia da parte
delle aziende che della Pubblica Amministrazione. Molto bene anche
Singapore che deve il suo secondo posto al successo delle
partnership tra pubblico e privato per promuovere la diffusione e
l’uso dell’Itc stessa. Anche alcuni paesi del Nord Europa –
Finlandia, Svezia e Danimarca – continuano ad avere un’ottima
posizione in classifica, mentre l’Italia si aggiudica solo la
ventottesima posizione, preceduta in classifica addirittura anche
da Malta, Malesia ed Estonia.
Sembra che l’Italia soffra delle difficoltà di comunicazione tra
mondo accademico e mondo delle imprese, della carenza di
investimenti e di spirito imprenditoriale e dei pesanti oneri
fiscali e finanziari. François de Bradant, presidente della
Between – società che conduce studi nel mondo dell’Ict – denuncia
che l’informatica in Italia va male, tanto che negli ultimi tre
anni 14mila addetti hanno perso il loro posto di lavoro. Eppure i
dati dell’Assinform ci dicono che il settore è in modesta
crescita, tanto che si potrebbe pensare ad un semplice caso di
stagnazione comune ad altri settori dell’industria italiana. Ma,
andando a spulciare bene i dati, si osserva che il boom dei
telefonini – che continuano a crescere a ritmi superiori del 12
per cento l’anno – offusca tutto il quadro e nasconde pesanti
carenze negli altri comparti. L'Europa, si legge nel rapporto,
conta su 168 milioni di navigatori Internet e di ben 405 milioni
di utenti di telefonia mobile. E non solo siamo indietro, ma
sembra esserci anche uno scarso interesse dell’industria al
rinnovamento tecnologico e in particolare verso le iniziative
connesse al web. Il settore dell’informatica e delle
telecomunicazioni, infatti, ha come potenziali clienti tre
categorie di utenti: famiglie, pubblica amministrazione ed
imprese. Dalla classifica emerge che le famiglie sono delle gran
spendaccione in questo settore. A loro l’hi-tech piace tutto: dai
computer, alle macchine fotografiche digitali, alle stampanti. La
pubblica amministrazione, al contrario, si mostra più attenta
negli acquisti: la volontà d’informatizzarsi c’è ma il denaro
manca, così al “regolamento dei conti” si scopre il portafoglio
vuoto.
Si deduce poi che il vero anello debole della triade formata dai
clienti del settore sono le imprese. Una recente ricerca ha
studiato aziende medio-grandi con più di venti addetti, valutando
il loro grado di informatizzazione, e chiedendo a queste se
operavano a vario titolo su Internet. Ebbene, negli Stati Uniti il
61per cento delle aziende ha risposto di sì, ciò vuol dire che
quasi i due terzi delle aziende americane di questa categoria
utilizza stabilmente Internet per svolgere la propria attività. In
Europa la percentuale scende notevolmente: solo il 47 per cento
delle imprese di Francia, Germania e Gran Bretagna utilizza
Internet, percentuale che ci dice che in questi paesi poco meno
della metà delle aziende medio-grandi adopera stabilmente la Rete.
Fino ad arrivare allo scadente primato italiano: lungo lo stivale
solo l’11 per cento delle aziende sfrutta le potenzialità del web.
E il peggio è che delle 73 mila aziende nostrane con più di venti
addetti, ben 43 mila hanno sfacciatamente dichiarato, nel corso
dell’indagine, non solo di non usare Internet, ma che a loro non
importa nulla di connettersi alla Rete. Come dire: se gli affari
vanno bene anche alla vecchia maniera, perché affaticarsi ad
imparare le tecnologie moderne?
2 marzo 2004
a.punzi@libero.it
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