Dall’Irish pub al wine bar
di Angela Regina Punzi

Dove andiamo questa sera? Pub o wine bar? In comitiva sceglieremo di sicuro il nostro affezionato “pubbetto” sotto casa: la tipica birreria stile Irish pub, grandi nuvole di fumo, boccale di Guinness e U2 in sottofondo. Ma se cerchiamo un ambientino un po’ più ricercato e intimo, stile “primo appuntamento”, forse opteremo per quel nuovo wine bar di cui tanto si parla in giro. Certo, un po’ meno economico, ma sicuramente da intenditori! I wine bar spiccano tra le formule innovative della ristorazione. Propongono vini di pregio, alla bottiglia o al bicchiere, in abbinamento ad una piccola gastronomia piuttosto ricercata. Questi locali rappresentano ormai un vero e proprio business per i gestori, tendenzialmente giovani tra i 30-40 anni. Ma soprattutto hanno il merito di avvicinare vini di qualità ai consumatori più giovani. Qualche euro in più rispetto alla birrozza un po’ annacquata ma sicuramente a condizioni più accessibili rispetto alla formula più impegnativa del ristorante.

La diffusione si registra su tutto il territorio nazionale, ma in modo particolare al Nord. Secondo uno studio della Infomark R&C, si tratta di luoghi tendenzialmente frequentati da giovani, che consumano vino abbastanza regolarmente, provenienti da una famiglia in cui si beve vino con una certa frequenza, di buona estrazione sociale e con una formazione scolastica superiore. Si va solitamente con una compagnia ristretta ma soprattutto in coppia, un appuntamento quasi fisso concentrato prevalentemente nel fine settimana. Molto tempo addietro il vino costituiva, nei costumi dei paesi a tradizione produttiva vinicola, un componente di base dell’alimentazione: era una fonte di energia per attività che richiedevano impiego di lavoro fisico e contemporaneamente era un tonificante accessibile anche da parte di categorie sociali non elevate. Oggi il peso di queste funzioni si è ridotto anche a causa dei cambiamenti nelle abitudini di vita e alimentari che inducono i consumatori a ridurre l’apporto di alcol.

Attualmente il vino è visto come un indicatore della qualità della vita, quasi roba da buongustai, un modo per dimostrare la propria personalità ed il proprio stile di vita. Il suo acquisto può essere effettuato anche per solo collezionismo, talvolta perché le bottiglie pregiate godono di una forte rivalutazione, per cui una cantina ben assortita e qualificata può risultare un’interessante alternativa di investimento. La coltura della vite e la produzione vinicola vengono praticate in Italia da sempre e costituiscono uno degli elementi trainanti dell’economia nazionale. La viticoltura italiana è giunta ai massimi livelli mondiali grazie al bagaglio di esperienze e di tradizioni accumulate nel tempo e che, insieme alla moderna tecnologia di vinificazione, hanno portato il prodotto “vino italiano” ad assestarsi su livelli di commercializzazione elevati. Il “prodotto” vino è caratterizzato da una fortissima differenziazione dovuta sia alle condizioni strutturali-naturali del nostro territorio, nonché ai differenti gusti espressi dai consumatori. Il risultato è la presenza di numerose realtà produttrici a livello “locale” ognuna caratterizzata da un solido legame prodotto-zona.

Il settore vinicolo italiano è costituito da un numero elevatissimo di imprese, sia nella fase propriamente agricola che di trasformazione e imbottigliamento, e l’offerta risulta estremamente frammentata. Il mercato interno italiano è il più grande del mondo: i consumatori sono notevolmente selettivi e mostrano un crescente interesse verso il prodotto. Tuttavia i diversi segmenti del mercato segnano tendenze di sviluppo profondamente diverse. Non esistono rilevazioni ufficiali sull’andamento dei consumi per le diverse categorie di vino ma solo stime parziali. Sul volume del consumo di vino da pasto incide in misura marcata l’autoproduzione ed il prodotto sfuso, categoria generalmente legata a bevitori di età medio-alta, dalle abitudini alimentari tradizionali, con quantità giornaliere consumate mediamente elevate. L’evoluzione demografica e quella del costume alimentare tendono a ridurre nel tempo il peso di questa fascia di consumatori, e con ciò guidare verso il basso il dato del consumo medio pro-capite. Inoltre il vino da pasto presenta un indice di penetrazione presso le famiglie prossimo al 100%, per cui sono assenti possibili aree di non-consumo.

In particolare l’industria vinicola insiste su alcune funzioni rilevanti, quali: effetto tonificante; gratificazione orale; regalo; collezionismo; investimento. A seguito dei mutamenti nel comportamento del consumatore la domanda di vino è sempre più associata alla domanda di altri beni e servizi ad esso collegati: soprattutto nella fascia alta di mercato, i consumatori ricercano da un lato prodotti gastronomici di qualità da associare ai vini, e dall’altro occasioni di svago, strettamente legate ad esempio alla domanda servizi agrituristici. Pertanto, soprattutto con riferimento al prodotto di qualità commercializzato da imprese medio-piccole e offerto nei canali specializzati, le strategie di immagine cercano di tenere conto di tale evoluzione, mediante l’offerta di veri e propri “pacchetti” eno-gastronomici e turistici, e la distribuzione specializzata si evolve verso forme, quali il franchising, in grado di garantire gli adeguati servizi promozionali ai consumatori.

29 gennaio 2004

a.punzi@libero.it


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