Somaly Mam, dalla parte
delle donne cambogiane

di Tiziana Lanza
[08 nov 06]

Fino a quando qualcuno può raccontare la sua tragica storia c’è speranza. La speranza per migliaia di donne e bambine cambogiane, vittime della violenza e degli stupri, si chiama Somaly Mam. Un nome che oggi rappresenta il coraggio di difendere i più deboli e che finalmente non cambierà più. “Mi chiamo Somaly: o per lo meno, così mi chiamo adesso. Come tutti in Cambogia di nomi ne ho avuti parecchi”. Comincia così il suo libro “Il Silenzio dell’Innocenza”, già pubblicato in Francia e Germania e da poco anche in Italia da Corbaccio. Il libro uscirà anche nel Regno Unito a marzo del 2007. Quelle parole sottolineano la mancanza di identità di donne e bambini che nascono nei paesi poveri non si sa da chi, a volte soltanto figli della violenza. Anche Somaly non ha mai conosciuto i suoi genitori.

Questa incredibile donna ha presentato mercoledì 25 ottobre scorso il suo libro al teatro Flaiano di Roma. Con lei, Emma Bonino, ministro per gli Affari Europei, alcune giornaliste e altri personaggi del mondo dello spettacolo, fra cui la cantante Dolcenera che ha interpretato una canzone dedicata ai bambini cambogiani. Il traffico di donne e bambini a sfondo sessuale è un’emergenza a livello mondiale. E’ al secondo posto dopo il traffico di armi, superando il traffico di droga, ha ricordato Somaly. Si stimano a 2 milioni i minori venduti per scopi sessuali, con un guadagno di 40 milioni di dollari annui. Nel suo libro Somaly racconta stralci di vita, quella che riesce a ricordare e a raccontare, perché chissà se mai ricorderà tutto e chissà se mai troverà il coraggio di aprire completamente il suo cuore nonostante siano più di dieci anni che lotta e si batte per tirare fuori donne e bambine dai bordelli e strapparle alla violenza. E’ timida Somaly e parla a fatica in pubblico nel suo francese un po’ orientale. Tuttavia quando si tratta di parlare per difendere donne e bambini lo fa energicamente, fa notare Emma Bonino sua grande sostenitrice. E’ su sua segnalazione che Somaly è stata insignita, nel 1998, del premio Principe delle Asturie per la cooperazione internazionale.

A fare da sfondo alla sua difficile vita fatta di violenze, stupri, maltrattamenti e stenti uno fra i paese più poveri, la Cambogia, dilaniata da 30 anni di guerre. Negli anni Settanta sotto lo spietato regime di Pol Pot, il paese veniva trascinato in una sanguinosa guerra con il Vietnam. Somaly ne parla come se si trattasse di tanto tempo fa, quando in fondo lei ha soltanto 36 anni. Eppure ha trovato il coraggio di uscire da quell’inferno per nascere a una nuova vita. L’incontro con il futuro marito Pierre Legros avrebbe potuto portarla definitivamente in Europa. Somaly invece ha deciso di tornare e di restare nel suo paese per lottare. “Avevo dentro, fortemente radicato, il desiderio di salvarmi e di aiutare le altre a uscirne. Mi sentivo legata alle altre ragazze vittime come me”, scrive. Ora ogni volta che una bambina torna libera, si avvera un po’ del suo sogno ma anche quello di tutti noi.

Nel 1997 insieme al marito ha fondato l’Afesip (Agir pour le Femmes en Situations Précaire), una organizzazione non governativa a vocazione internazionale, nata in Cambogia, la cui sede centrale si trova in Francia. L’Afesip lotta contro le cause dello sfruttamento sessuale con particolare attenzione verso le adolescenti e le bambine, le più vulnerabili. La lotta è estremamente ardua e pericolosa, perché si deve affrontare l’illegalità perpetrata a causa dei governi indifferenti. Si deve lottare alacremente per scardinare pregiudizi alimentati da una cultura, quella del sud-est asiatico, dove uomini e donne non conoscono altro modo di avvicinarsi se non la violenza. Pericolosa perché ha fatto ulteriormente abbassare l’età delle bambine vittime di questo commercio brutale è ad esempio la superstizione secondo la quale avere rapporti con una vergine porterebbe fortuna conducendo addirittura all’immortalità. Una superstizione facile da soddisfare se si pensa che i genitori in Cambogia vendono i propri figli per pochi soldi già all’età di 5 anni.

E’ però con grande commozione che in mezzo a tanta barbarie nel libro di Somaly possiamo guardare le foto dei centri di accoglienza Afesip aperti in Cambogia, Vietnam e Laos. Accanto alle testimonianze crudeli, ci sono le foto di donne e adolescenti dedite a cucire, a cucinare e ad apprendere il mestiere di parrucchiera per recuperare una vita dilaniata, fatta di ricordi incancellabili, alla quale è stata sottratta l’innocenza. Dal 1997, più di 800 fra donne e bambine sono state sottratte ai bordelli. Oggi tutti possiamo aiutare Somaly ad aiutarle. Possiamo leggere il suo libro anche se è un’esperienza dura. Possiamo iscriverci alla sua associazione e fare in modo che la speranza per tante donne e bambine non si spenga, augurandoci che anche negli altri paesi poveri nascano iniziative di questo genere. Per ulteriori informazioni: http://www.afesip.org



08 novembre 2006


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