«Dobbiamo ripartire dalla Costituzione
bocciata»
intervista a Hans-Gerd Pöttering di
Barbara Mennitti
[31 ago 06]
«Bisogna impegnarsi a fondo per spiegare la vera sostanza della
Costituzione, perché essa è importante per il futuro dell’Europa».
Questa è la ricetta, semplice e diretta, che Hans-Gerd Pöttering offre
per salvare un’Europa che a molti osservatori appare in una lunga fase
di stallo. Secondo il politico tedesco, invece, non siamo in presenza di
un momento di crisi profonda e non occorre ripensare i modelli
d’integrazione finora intrapresi. I paesi europei si trovano, è vero, ad
affrontare una congiuntura economica difficile, ma non si tratta di una
crisi fuori dall’ordinario, né di qualcosa che non possa essere gestito
con le normali regole della democrazia. E, soprattutto, l’Europa e il
centrodestra europeo devono continuare per la strada percorsa finora,
cercando di colmare, casomai, il piccolo deficit di comunicazione fra
l’Unione Europea e i suoi cittadini. Di questo appare convinto Hans-Gerd
Pöttering, autorevole europarlamentare tedesco dal 1979 e dal 1999
presidente del Partito Popolare Europeo, che proprio da quell’anno è il
gruppo più numeroso del Parlamento europeo. In questa intervista
Pöttering, che, se le regole della politica europea non subiranno
impensabili stravolgimenti, diventerà presidente del Parlamento europeo
a breve, parla della situazione sociale e politica di molti paesi
europei, con uno sguardo al centrodestra e all’Unione Europea. E lancia
un messaggio rassicurante.
Negli ultimi quattro anni il panorama politico
europeo è profondamente mutato, visto che quasi dappertutto vi sono
stati dei cambiamenti delle maggioranze di governo. Paesi con
maggioranze di centrodestra come Spagna, Portogallo e Italia, solo per
fare qualche esempio, si sono ritrovate con governi di sinistra, mentre
in Germania e Grecia i partiti di centrodestra hanno riguadagnato la
guida del paese. Persino in Gran Bretagna la posizione di Tony Blair non
sembra più molto stabile dopo le ultime elezioni amministrative. Cos’è
questo malessere politico che si aggira per l’Europa, facendo perdere le
elezioni a tutti i governi in carica?
Non definirei i cambiamenti di governo come un malessere. È la regola
normale della democrazia che i governi e le maggioranze cambino
continuamente. Il governo di oggi è l’opposizione di domani e viceversa.
È però vero che molti paesi si trovano ad affrontare alti tassi di
disoccupazione e difficoltà economiche, e questo spinge gli elettori a
votare per l’opposizione invece di confermare i governi. Ma ripeto, si
tratta della normale regola della democrazia.
La maggior parte dei nuovi paesi membri dell’Ue
proviene dall’ex blocco sovietico, dove i partiti liberi venivano
fortemente repressi. Come si sono riorganizzate le forze di centrodestra
e quali elementi di rinnovamento o di rottura hanno portato nel Partito
Popolare Europeo?
Molti partiti dei paesi dell’Europa centrale e orientale che fanno parte
del ppe sono nei fatti gli eredi dell’opposizione contro il regime
sovietico nei rispettivi paesi. Riuniscono molte persone che non erano
coinvolte con i precedenti regimi e hanno arricchito con la loro
esperienza politica il Ppe, il Parlamento europeo e l’Unione Europea. Ci
ricorderanno sempre i crimini commessi dal regime sovietico nei loro
paesi e il fatto che la dittatura e il totalitarismo non sono solo
fenomeni dell’estrema destra, ma anche dell’estrema sinistra. Essi sono
profondamente consapevoli del fatto che la libertà e i diritti politici
sono un dono prezioso della democrazia che deve essere difeso. E che
tali diritti non sono garantiti automaticamente.
La Germania vive una situazione particolare: il
nuovo leader della Cdu, Angela Merkel, ha vinto le elezioni ma deve
condividere il governo con l’Spd. Crede che questo impedirà alla Cdu di
attuare appieno le sue politiche?
Al momento la Germania è governata dalla cosiddetta Grande Coalizione,
che unisce i due maggiori partiti del paese. È insolito, ma non è la
prima volta che in Germania abbiamo questo tipo di governo di
coalizione. È chiaro che ogni governo di coalizione si basi sui
compromessi politici e che nessuno dei partner possa attuare al cento
per cento i propri obiettivi politici. Ma penso che entrambi i partiti
abbiano la volontà di superare la difficile situazione economica del
paese e di creare nuovi posti di lavoro. Se il governo ci riuscirà, avrà
raggiunto uno dei più importanti obiettivi politici.
Anche la Francia si trova ad affrontare delle
difficoltà. Vi sono stati una serie di governi di centrodestra che
lottano per gestire una situazione difficile sia dal punto di vista
politico che da quello sociale. Come vede il futuro di questo paese?
Ho l’impressione che al momento la Francia, come gran parte dei paesi
europei, si trovi di fronte a una grande sfida sulle riforme economiche
e sociali. L’animata discussione sulla direttiva sui servizi che tendeva
principalmente a difendere lo status quo in Francia, così come le
violente reazioni alla proposta del cosiddetto “contratto di primo
impiego”, hanno reso chiaro che i cittadini francesi non sono ancora
convinti che sia necessario discutere le riforme. Così, naturalmente,
diventa molto difficile per un governo affrontare una situazione in cui
l’economia per crescere ha bisogno di maggiori iniziative e riforme. In
Francia, come in quasi tutti i paesi europei, bisogna intavolare
discussioni su vasta scala coinvolgendo tutte le parti sociali e, anzi,
tutta la società, cercando di diventare ottimisti verso il futuro e
aperti alle riforme. Che possono avere successo solo se i cittadini sono
convinti della loro necessità e le sostengono.
L’Italia è andata alle urne lo scorso aprile, la
variegata coalizione di centrosinistra ha vinto per il rotto della
cuffia ma la Cdl si è rivelata molto meno effimera di quanto credessero
molti osservatori. I partiti nati dal collasso della Prima Repubblica
hanno dimostrato di essere ben radicati nella società italiana. Da
attento osservatore degli affari italiani, come vede la situazione
italiana? Suggerirebbe la creazione di un partito unico del
centrodestra?
Naturalmente è importante che in Italia i partiti di centrodestra siano
e rimangano una forza politica forte, e il loro scopo dovrebbe essere
quello di vincere di nuovo alle prossime elezioni. Ma spetta a loro
decidere come organizzarsi. In passato l’Italia ha vissuto periodi in
cui i governi cambiavano rapidamente. Silvio Berlusconi ha avuto il
merito di formare due governi che si sono rivelati molto più stabili dei
precedenti. Il governo attuale dovrà affrontare le stesse sfide e dovrà
dimostrare di essere in grado di agire. Questo è importante per l’Italia
e per l’Europa, perché l’Italia, in quanto membro fondatore e grande
paese, è un partner importante in Europa. I partiti di destra dovranno
essere pronti a riassumere questo ruolo nelle prossime elezioni.
Qualche mese fa il Partito Popolare Europeo ha festeggiato il suo
trentesimo anniversario. In questi anni il suo originario carattere
cristiano democratico è un po’ cambiato, man mano che entravano paesi di
tradizione più conservatrice. Secondo lei, questo lo rende più adatto ad
affrontare le nuove sfide? E perché i principi e i valori fondanti del
Ppe sono adatti a gestire queste sfide?
Certamente il Ppe ha integrato molti partiti negli ultimi dieci/quindici
anni, anche per i successivi allargamenti dell’Unione Europea. Grazie a
questo, dalle elezioni del 1999 il gruppo Ppe-De è il più grande del
Parlamento europeo. Nel corso di questo processo di allargamento il Ppe
ha ampliato il suo spettro politico, ma i suoi valori, i suoi principi
e, soprattutto, la sua chiara politica a favore dell’integrazione
europea, hanno sempre costituito la base per tutti i nuovi partiti che
vi aderivano. I valori democratici cristiani come il rispetto per
l’individuo e per la sua libertà, il principio di sussidiarietà, con il
quale si intende che i processi decisionali debbano essere il più vicino
possibile ai cittadini, costituiscono ancora il fulcro del nostro
pensiero politico. Tutti i membri del Ppe condividono queste idee, che
sono state una base solida e affidabile nel passato e continueranno a
guidarci nel futuro.
L’Unione Europea ha investito molto nel progetto della Costituzione
europea e il suo fallimento ha avuto un brutto effetto boomerang sul
prestigio e la credibilità dell’Unione stessa. È sembrato che i politici
europei abbiano sottovalutato il crescente divario fra loro e le
opinioni pubbliche e non si siano resi conto di quanto le istituzioni di
Bruxelles appaiano lontane. Come pensate di colmare questo divario e
come procederà il processo di integrazione?
I referendum in Francia e in Olanda hanno dimostrato che molti cittadini
non erano ancora pronti a seguire i rapidi sviluppi politici europei. Ma
bisognerebbe anche non dimenticare che in Spagna e Lussemburgo la
maggioranza dei cittadini ha votato a favore della Costituzione. Perciò
non bisogna generalizzare, ritenendo che vi sia una predisposizione
negativa nei confronti della Costituzione. Bisogna impegnarsi a fondo
per spiegare la vera sostanza della Costituzione, per esempio i valori
comuni e un processo decisionale più democratico, e perché essa è
importante per il futuro dell’Europa. Il Ppe vuole trasformare la
sostanza del testo in realtà politica e legislativa e faremo del nostro
meglio per portare avanti questo dibattito e trovare una soluzione prima
del 2009.
31 agosto 2006 |