I giorni che hanno cambiato la storia della Spagna
Mercoledì 17 marzo 2004

La Spagna della pace celeste

Dicevano i media che il popolo era assetatissimo di verità nelle notti di venerdì e sabato scorso. Dicevano che non poteva più aspettare, che voleva sapere tutto e che le ore di incertezza che lo separavano dall’attentato del giorno prima erano la dimostrazione dell’ultimo intollerabile abuso che il governo autoritario di José Maria Aznar stava perpetrando ai suoi danni. Da qui le manifestazioni «spontanee», da qui la rumorosa indignazione che spingeva folle di manifestanti a circondare le sedi del Partito Popolare nelle maggiori città del paese.

La storia dei quattro giorni che hanno cambiato la Spagna (e non solo) non è poi così difficile da capire se solo si considera che da domenica notte tutta quell’ansia di verità si è improvvisamente placata. Le indagini proseguono al ritmo con cui erano iniziate ed un quadro complessivo di quanto successo è ancora lungi dall’essere delineato nonostante gli arresti degli ultimi giorni. Ma il popolo non ha più fretta. Non teme nemmeno più di essere ingannato. Non urla più la sua rabbia e il suo desiderio di giustizia. Perchè? Forse perchè quei media e quel popolo hanno ottenuto quel che stava loro a cuore. E non era esattamente «la verità tutta la verità». Domenica sera Aznar non contava più niente. Nemmeno il terrorismo contava più niente. Per qualcuno nemmeno i duecento morti contavano molto. Contava solo Zapatero e la nuova Spagna della pace celeste. Al popolo - che in quelle notti ci veniva descritto come la coscienza critica di un paese ottenebrato dalle menzogne della junta della Moncloa - non sembra interessare troppo come questo sia potuto accadere. In fondo già conosce la risposta.

P.S. Questa ricostruzione è ineccepibile. Degli errori del PP nella gestione della crisi abbiamo già parlato. Del linciaggio organizzato a cadaveri ancora caldi dall’opposizione politica e mediatica non si parlerà mai abbastanza.

Il nuovo corso

Oggi in Spagna si sono svolti i funerali religiosi delle vittime dell’11 marzo. Sono 201 per adesso ma restano ancora gravi le condizioni di alcuni feriti. Il marocchino Jamal Zougam è al momento l’uomo-chiave delle indagini. Si ritiene che abbia preso parte materialmente alla strage e che abbia avuto un ruolo anche negli attentati di Casablanca. Se ETA abbia collaborato o meno con il terrorismo islamico nell’organizzazione dell’attacco resta una domanda al momento senza risposta. Anche se finora non ha trovato conferma nei fatti rimane un'ipotesi plausibile. E’ curioso che per trovare un’informazione decente si debba andare sul Corriere della Sera. Eppure il nuovo corso dovrebbe essere già iniziato e l’odiosa censura abolita.

Il mondo della cultura, puntuale come un orologio, ha espresso ancora una volta la propria superiorità morale ed intellettuale. Pedro Almodovar, nel corso della presentazione del suo ultimo film, ha dichiarato testualmente: «Questa terribile settimana è terminata con una notizia liberatrice, peccato aver dovuto pagare un prezzo così alto». Ma dai, Pedro, se ci pensi bene ne è valsa la pena. In fondo cosa sono duecento assassinati in confronto alla testa di Aznar? Il regista ha poi accusato i popolari di aver tentato un «golpe» sabato notte e ha concluso dicendo che in Spagna finalmente è tornata la democrazia dopo otto anni di oscurantismo (nei quali come è noto a lui è stato impedito di lavorare, di vincere Oscar e di arricchirsi). Ma che bello questo nuovo corso.

In Catalogna intanto sono tutti contenti: gli «eredi di Franco» fuori dai piedi, il tripartito a guida socialista rafforzato dal voto dopo la brillante performance dei primi mesi di governo, Carod Rovira (quello degli accordi con ETA) che moltiplica per otto i suoi seggi. Ora che il suo modello di lotta al terrorismo sarà adottato a livello nazionale Madrid non è più così lontana. Ieri un quotidiano sportivo catalano pubblicava in copertina una foto del nuovo presidente del governo e il titolo: «Un culé alla Moncloa» (dove per culé si intende tifoso del Barcellona). E’ una svolta. Come se non bastasse Aznar era anche del Real. Chirac e Schroeder hanno invitato Zapatero a costituire un «fronte comune contro le cause del terrorismo». Per quello contro il terrorismo invece c’è tempo. L’approccio è tipicamente all’europea – le «cause» ovviamente sarebbero la povertà e la diseguaglianza, non certo l’ideologia e la dittatura - ma questo è quel che attende gli spagnoli nei prossimi quattro anni. Auguri. Ne abbiamo bisogno tutti.

Le reazioni suscitate nella stampa e nell’opinione pubblica internazionale dai risultati delle elezioni di domenica sono generalmente ignorate dai media locali o trattate con sufficienza. Stasera la radio catalana ironizzava sul fatto che Bush avesse dichiarato che le truppe spagnole dovevano mantenere il loro impegno perchè «è questo che gli iracheni vogliono». Qui non sanno che è vero. Qui la realtà non ha avuto cittadinanza nell’ultimo anno e mezzo. Tutti danno per scontato il ritiro: Zapatero ovviamente non ha nessuna intenzione di ripensarci anche perchè lo deve a un po’ di persone. Pare (noi non lo abbiamo sentito) che abbia dichiarato in conferenza stampa: «Non si può bombardare un paese tanto per farlo». Lo statista non si riferiva ad Al Qaeda e alle Torri Gemelle; non si riferiva ai terroristi di Atocha. Parlava di Bush. Che giusto ieri l’ha chiamato per congratularsi. Questi americani, i soliti ingenui. Non hanno ancora capito che c’è un nuovo corso.

a cura di Enzo Reale, dal blog 1972

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