I giorni che hanno cambiato la storia della Spagna
Domenica 14 marzo 2004

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Un'altra rivendicazione attribuibile ad Al Qaeda.

Ieri sera

Manifestazioni a Barcellona (e non solo). Contro il terrorismo? No, contro il Partito Popolare. Illegali dal punto di vista elettorale (era il cosiddetto sabato di riflessione). Immorali da tutti gli altri punti di vista. Lungo le strade dopo la mezzanotte la polizia era insolitamente numerosa. Era posizionata davanti ai seggi elettorali e nelle vie principali della città. Si controllavano le macchine in sosta. Chissà perchè, ma avevamo voglia di rientrare a casa in fretta.

La strage che decise le elezioni

Il Partito Popolare ha perso. I socialisti di Zapatero conquistano la maggioranza semplice e dovranno trovare alleati per governare.
Ma la sconfitta di Rajoy è nettissima. Una settimana fa i sondaggi davano i popolari intorno alla maggioranza assoluta (176 seggi): questo dato avrebbe significato una lieve perdita in termini di rappresentanti in parlamento (7 seggi) ma pur sempre una consistente affermazione elettorale che avrebbe garantito quella continuità che tutti si aspettavano. Giovedì il massacro. A quel punto lo scenario cambia completamente. In un’elezione con una partecipazione record sull’onda emotiva di quanto successo (+ 8 per cento rispetto a 4 anni fa), i socialisti passano da 125 a 164 seggi mentre i popolari si attestano sui 148 seggi. Solo tre giorni fa la Spagna è stata brutalmente attaccata ma il messaggio ancora una volta è stato interpretato al rovescio ed il rapporto di causa-effetto di nuovo capovolto (come in tutti questi mesi). Gli spagnoli hanno decretato che i responsabili non sono i terroristi ma chi sta combattendo il terrorismo. Se queste sono le premesse con le quali dovrebbe essere neutralizzata la più grande minaccia per le società democratiche ci attendono tempi bui.

La strage che decise le elezioni/2

Detto così può sembrare un po' forte ma la sostanza è questa: con un voto punitivo di queste caratteristiche nei confronti di Aznar (più che di Rajoy) gli spagnoli hanno sostanzialmente detto che i terroristi avevano ragione ad attaccare il loro paese. La mobilitazione del venerdì sera è ormai un'immagine sbiadita. Nonostante l'entusiasmo con cui è stata accolta un po' da tutti, in realtà lo era già venerdì sera.

La strage che decise le elezioni/3

Ha appena parlato Zapatero. Naturalmente soddisfatto - non se l'aspettava nemmeno lui - ha detto che lavorerà per la pace e sconfiggerà il terrore. Ha detto anche che la sua sarà una Spagna sociale. Mercoledì sera i socialisti erano rassegnati ad altri quattro anni di opposizione e preparavano già il regolamento di conti interno col leader meno carismatico della loro storia. Oggi quel leader si trova a dover governare il paese nel momento più difficile dalla fine della dittatura. Zapatero ha concluso dicendo che il potere non lo cambierà. Il problema è proprio questo.

La strage che decise le elezioni/4

Per dare un'idea di cosa sia successo serva anche quest'altro dato: Esquerra Republicana, il partito nazionalista catalano il cui segretario andò ad incontrare i terroristi di ETA per accordarsi su una tregua nella sola Catalogna ha guadagnato sette seggi (passando da uno a otto). Potrebbe essere una forza decisiva nella formazione del nuovo esecutivo. Per la serie: sconfiggeremo il terrore.

La strage che decise le elezioni/5

Il Partito Popolare si è giocato la vittoria nelle ultime 72 ore commettendo alcuni errori abbastanza evidenti nella gestione del post-attentato che un'opposizione senza troppi scrupoli ha utilizzato a suo vantaggio. Il più grave è stato attribuire con troppa precipitazione il massacro all'organizzazione terrorista ETA per poi tornare sui propri passi mano a mano che emergevano dalle indagini nuovi elementi. Si badi bene: nonostante quanto sembri aver già stabilito il popolo spagnolo la matrice islamica non è ancora stata confermata ufficialmente e l'ipotesi ETA o quella di una joint-venture del terrore non sono state ancora scartate definitivamente. Ma la superficialità evidenziata dall'esecutivo nelle fasi iniziali ha permesso alla sinistra di strumentalizzare l'intera vicenda accusando i popolari di voler occultare le notizie di cui erano in possesso. L'operazione - piuttosto meschina - ha pagato in termini elettorali. Il secondo errore è stato la sostanziale latitanza di Aznar che - a parte un primo comunicato alla nazione - è sostanzialmente scomparso dalla scena nei giorni successivi: una scena che Rajoy non ha occupato. Dopo l'11 settembre Bush si presentò a Ground Zero con un megafono in mano per dire al mondo che l'America non sarebbe stata a guardare quell'infamia senza reagire. Dopo l'11 marzo nessuno ha visto Aznar nei luoghi degli attentati.

Mentre nel mondo si continuava ad elogiare lo spirito di una nazione che rispondeva con rabbia e orgoglio all'assassinio di massa, qui si percepiva una evidente mancanza di leadership proprio nel momento più importante. Aznar aveva abbandonato il posto di comando troppo presto e nessuno gli era ancora subentrato. Il fatto che la campagna elettorale fosse stata sospesa non vale come giustificazione. Aznar era il presidente del Governo in carica e la Spagna un paese attaccato dal terrorismo. Infine il Partito Popolare ha dato l'impressione di subire le vergognose (ed illegali) manifestazioni di protesta del sabato davanti alle sue sedi senza opporre una risposta politica chiara che smascherasse le intenzioni di chi stava dietro a quelle mobilitazioni «spontanee». Tre errori che in un momento di instabilità emotiva come quello che stiamo vivendo sono costati cari a chi ha governato per otto anni assumendosi anche responsabilità gravose e dimostrando spesso grande coraggio politico.

a cura di Enzo Reale, dal blog 1972

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