Sulla Germania l'ombra di Weimar?
di Rodolfo Bastianelli
[22 set 05]
Dopo aver visto andare in crisi il suo modello di sviluppo economico che
coniugava libera iniziativa e stato sociale unitamente al rigore di
bilancio, la Germania osserva ora come anche il suo sistema politico,
per decenni portato ad esempio come garanzia di stabilità, non dia più
garanzie. Dalle urne di domenica è uscito il risultato peggiore, un
quasi-pareggio che apre la strada ad un periodo di instabilità politica
i cui esiti sono quantomai incerti ed imprevedibili. Se da un lato il
voto delle elezioni anticipate indette da Schröder dopo la disfatta
socialdemocratica alle elezioni regionali in Renania-Vestfalia lo scorso
maggio ha messo fine alla coalizione di centro-sinistra tra SPD e Verdi,
dall'altro non ha neanche attribuito all'alleanza tra Cristiano
democratici e liberali quella maggioranza assoluta dei consensi che
entrambe le formazioni avevano auspicato prima delle consultazioni. E ha
fatto emergere anche in Germania una sinistra radicale, la Linkspartei,
la formazione guidata dagli ex-comunisti del PDS e dai transfughi
socialdemocratici di Oskar Lafontaine, improponibile come partner di
governo ma determinante per l'attribuzione della maggioranza dei seggi
in parlamento.
Come hanno osservato alcuni analisti, con il voto i tedeschi hanno
voluto sanzionare sia il governo rosso-verde per la sua politica che non
ha prodotto alcun significativo miglioramento dell'economia e
dell'occupazione che la probabile alleanza conservatrice tra
cristiano-democratici e liberali per il timore di ulteriori tagli allo
stato sociale. Le soluzioni per la formazione di una maggioranza stabile
sono quindi poche e presentano una serie di interrogativi sulla loro
fattibilità e sulla loro efficienza per ridare smalto ad un sistema
economico in crisi. La prima è quella di una "Grosse Koalition" tra
CDU-CSU e SPD, ipotesi vista con sfavore dagli ambienti economici dato
che una alleanza così composta avrebbe serie difficoltà a varare
credibili proposte per il rilancio dell'economia viste le notevoli
differenze tra i due schieramenti che finirebbero per paralizzare
l'esecutivo. A complicare le cose contribuiscono poi i veti incrociati
tra il Cancelliere uscente Schröder e la sfidante democristiana Merkel,
che hanno fatto sapere di non essere disponibili ad entrare in un
governo guidato da uno o l'altro dei candidati. Non pochi inoltre hanno
sottolineato come un simile scenario finirebbe solo per favorire le ali
dello schieramento politico, prima fra tutte l'estrema sinistra,
riproponendo così quanto accaduto sul finire degli anni Sessanta.
L'unico esempio di "grande coalizione" risale infatti al periodo tra il
1966 ed il 1969, quando sotto la guida del democristiano Kurt Kiesinger
i due partiti si unirono per far fronte alla recessione, un esperimento
che spostò l'opposizione dal Parlamento alle piazze ingrossando le fila
della protesta che due anni dopo portò all'esplosione della
contestazione generalizzata.
Le altre ipotesi vedono invece la formazione di governi di coalizione a
guida SPD o CDU con la partecipazione dei partiti minori. Si aprirebbero
così due scenari, il primo che porterebbe alla nascita di un
centro-sinistra tra socialdemocratici, verdi e liberali, l'altro invece
dove i verdi entrerebbero in un governo di centro-destra insieme ai
democristiani ed ai liberali. Entrambe, ma soprattutto la prima,
appaiono di difficile realizzazione: il leader liberale Westerwelle ha
negato qualsiasi disponibilità ad entrare in un governo con la SPD,
mentre contro l'alleanza tra i verdi e la CDU giocano soprattutto gli
ostacoli legati alla politica ambientale e all'uso del nucleare. Non è
escluso però che i tre partiti possano giungere ad una qualche forma di
intesa che conduca magari alla formula inedita di un governo minoritario
tra CDU-CSU e liberali con l'astensione o l'appoggio esterno dei verdi.
Del tutto impraticabile appare invece l'ipotesi di un'alleanza a
sinistra tra SPD, verdi e Linkspartei. Nessuno appare disposto a fare
aperture ad una formazione che che ha sempre criticato il programma di
riforme avviato da Schröder e che agli occhi degli avversari rappresenta
nient'altro che un gruppo di nostalgici del vecchio sistema comunista
tedesco-orientale (senza contare che una tale formula di governo
incontrerebbe l'ostilità del mondo finanziario ed imprenditoriale
tedesco finendo così per danneggiare ulteriormente l'economia del
paese).
Resta un'ultima alternativa: il ricorso a nuove elezioni. Secondo la
Costituzione, se il Bundestag non elegge un Cancelliere con la
maggioranza assoluta dei voti, il Presidente può decidere o di nominarlo
con la sola maggioranza relativa - ed ecco quindi l'ipotesi di un
esecutivo di minoranza sopra avanzata - oppure procedere entro 21 giorni
ad un nuovo scioglimento e convocare elezioni anticipate. Uno scenario
assai reale e che riporta ai Parlamenti ingovernabili di Weimar, dove
nonostante i ripetuti ricorsi alle urne i governi restavano deboli e
rimanevano i carica solo per breve tempo e grazie all'appoggio
presidenziale. Davvero un brutto segnale per quella che un tempo era
indicata come la locomotiva d'Europa.
22 settembre 2005
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