La Germania e la pancia d’Europa
di Andrea Asoni*
[22 set 05]

In Europa non si dibatte abbastanza su un tema decisivo e mi pare che le posizioni siano troppo attendiste sul post-elezioni tedesche: tutti aspettano di vedere come si metteranno d'accordo i tedeschi, alcuni credono che da questo pastrocchio proporzionale uscirà un governo decente. E invece non si è capita una cosa: da questa Germania non uscirà nulla di positivo né per i tedeschi (e la cosa ci dispiace per i teutoni), né per noi poveri europei (e la cosa ci colpisce dritto al cuore).

Da queste elezioni arriva un messaggio sinistro per l'Europa: le riforme non s'hanno da fare. I tedeschi (gli europei) si lamentano di una sinistra incapace di risolvere il problema della disoccupazione (anche se i disoccupati, assistiti, continuano a votare a sinistra, in massa) ma hanno paura di mettere la gestione in mano a chi le riforme ha detto di volerle fare (passando attraverso il taglio dei benefici inutili). Gli europei vogliono le riforme a costo zero (e Berlusconi promise e contava di fare riforme a costo zero o contenuto: si aspettava che il costo delle stesse fosse pagato, almeno in parte, da una crescita economica che si prevedeva almeno al tre per cento e forse per questo fu votato). Gli europei vogliono che a pagare il prezzo delle riforme sia qualcun altro.
"According to recent polls, 70 per cent of Germans want no further cuts in the welfare state and prefer increasing taxation on the very rich. In April, only 45 per cent of Germans agreed that competition is good for economic growth and employment" recita un ottimo editoriale del Telegraph scandalizzandomi: manca una totale idea di come sia fatta l'economia. I popoli europei sono anestetizzati dalla retorica del Welfare.

In secondo luogo, una Germania ferma rappresenta un dramma per tutta l'Europa. Senza Germania le economie vanno più lente, con una Germania protezionista (in termini di mercato del lavoro, di nazionalità delle imprese) come biasimare i galletti d'oltralpe? Una Germania incapace di fare le riforme, è un alibi per le altre economie e un alleato utile a difendere politiche anti-concorrenziali, anti-mercato, anti-crescita. Una Germania che non ha idea di dove andare è uno Stato che non ha nulla da dire all'Unione Europea, che non la può guidare da nessuna parte, che non la può rimettere sulla giusta carreggiata.

"Senza una svolta tedesca, non c’è speranza che Bruxelles riesca a far applicare la direttiva Bolkestein sulla liberalizzazione dei servizi, a rilanciare l’agenda di Lisbona, né a conservare il rigore rimasto nelle regole fiscali del nuovo patto di Stabilità. Tutti obiettivi condivisi da Angela Merkel" ammoniva all’indomani del voto Carlo Bastasin sulla Stampa. In realtà stiamo lasciando passare sotto silenzio, o sotto un occhio bonario (quasi da borghese grasso e intorpidito), con atteggiamento facilone e immaturo segnali, ormai evidenti, forti e scandalizzanti, chiari e netti dell'incapacità di questa Europa di affrontare i suoi problemi reali, della tendenza delle istituzioni europee (o nazionali) a narcotizzare i problemi piuttosto che risolverli, a nascondere la polvere sotto il tappeto, ad aggrapparsi a ideologie ormai fallite, ma sostenute da una retorica che ormai informa le nostre menti, da una visione distorta delle ragioni e dei motivi per cui la realtà va in una direzione piuttosto che in un'altra.

22 settembre 2005

* Andrea Asoni è il titolare del blog Il motel dei Polli Ispirati


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