Anatomia dell'attacco a Londra
di Victor Davis Hanson*
[15 lug 05]
Gli Inglesi possono avere una reazione molto diversa rispetto a quella
della Spagna dopo l’attentato a Madrid: non agendo, invece di ritirarsi
dall’Iraq. Nell’Occidente corrotto, in questi giorni, è già qualcosa.
Conosciamo tutti le ragioni di questa guerra nei quattro anni scarsi che
sono passati dall’11 settembre. Le bombe a Londra dovrebbero ricordarci
come funziona il solito vecchio gioco.
Cause
Stati fallimentari nel Medio Oriente, statalisti, autocratici,
illiberali, intolleranti nei confronti delle donne e delle altre
religioni, accusano l’Occidente della miseria che essi stessi si
infliggono. Qualche volta si tratta di regimi teocratici, come quello
dei Talebani o l’attuale Iran dei mullah. Ma il più delle volte si
tratta di dittature, come quella siriana, quella pakistana, quella
saudita, quella egiziana, che, invece di riformarsi, scendono a
compromessi con i terroristi, in modo più o meno marcato, per deviare la
rabbia delle loro opinioni pubbliche contro l’Occidente e gli Ebrei.
Questo è il laboratorio in cui si coltivano i germi dell’integralismo
islamico, un male che potrà scomparire solo quando le dittature che ne
permettono la crescita periranno. Ovunque essi siano, in Iraq, in
Europa, così come negli Stati Uniti, tutti gli jihadisti condivideranno
la convinzione malsana che qualcun altro (l’Occidente decadente,
oppressore e infedele) è responsabile della loro miseria e arretratezza,
invece del fondamentalismo, delle menzogne e dell’intolleranza diffusi
nel Medio Oriente.
Propaganda
Nella II Guerra Mondiale non ci preoccupavamo troppo se, combattendo
contro il Bushido, qualcuno pensava che fossimo in guerra con i
buddisti. Non lo eravamo e tanto bastava.
Sapevamo che i nemici erano i nazisti, non i Tedeschi in quanto tali e
non ci dannavamo nel cercar di dimostrare questa distinzione.
Ma adesso è diverso. Adesso si pensa che criticare il fascismo islamico
sia una scortesia nei confronti dell’Islam e così si permette ai mullah
di casa nostra e alle madrasse di spargere odio e intolleranza, come
parte del nostro teorema illiberale del “non offendere l’Islam”.
Non è che non crediamo più nei valori occidentali, è che non sappiamo
più che cosa essi siano. Le bombe a Londra sono la summa di ciò che sta
andando avanti, per anni, nell’impunità più completa negli isolati
dietro casa, nelle moschee e nelle scuole islamiche di Londra. Il nemico
questo lo sa e ci fa un calcolo. Sa che può rifugiarsi nella religione,
perché gli imam gridano che “l’Islam non permette queste cose” anche
quando Bin Laden è diventato un eroe popolare nelle piazze arabe. Gli
Jihadisti sanno che, anche a casa loro, la maggior parte degli Americani
è più preoccupata per una copia del Corano gettata nella toilette a
Guantanamo che non per cinque cittadini americani che combattono per la
causa degli jihadisti iracheni o per i simpatizzanti dei Talebani a
Lodi, California.
Finché l’Islamismo non dovrà pagare alcun prezzo, sia ai governi
stranieri, sia a chi si nutre del suo odio in Occidente, la propaganda
continuerà a funzionare e il massacro andrà avanti. Ma quando qualche
rinnegato principe saudita, o qualche generale pakistano, o qualche imam
londinese, o qualche leader della moschea di Lodi, urlerà agli
jihadisti: “smettetela prima che questi pazzi americani scendano in
guerra veramente!” allora la guerra sarà conclusa e vinta a tutti gli
effetti.
Metodi
Il terrorismo è la firma degli Islamisti: morde e fugge, morde e fugge,
sperando di erodere, in qualche anno, i nervi e la volontà dei viziati
Paesi occidentali. Bin Laden ha commesso solo un errore: ha distrutto
l’intero World Trade Center invece dei soli piani alti e ha avuto la
sfortuna di ritrovarsi George Bush come presidente. E così ha perso
l’Afghanistan ed è finito con riforme democratiche in corso dall’Iraq al
Libano, dal Golfo all’Egitto. Le bombe nei treni di Madrid e le
esplosioni in autobus e metropolitane a Londra, così come il massacro in
Iraq, sono preferibili, finché sono sufficienti a terrorizzare e
demoralizzare gli Occidentali, ma non sufficienti a spingerli
nell’angolo e a costringerli a pensare che solo una risposta militare e
una vittoria possono salvare la loro civiltà.
Così gli attacchi non saranno mai così enormi da convincere gli elettori
occidentali che un’altra esplosione di queste porterà alla distruzione
della loro società. Il trucco sarà, invece, quello di procedere in modo
insidioso, graduale e segreto in modo da evitare una risposta
devastante. Al terrorismo, per continuare, è risultato essenziale un
periodo di raffreddamento degli animi dall’11 settembre al 7 luglio, in
cui i loro apologeti, i pacifisti e i simpatizzanti dell’Islamismo sono
entrati all’opera.
Secondo. Negare ogni responsabilità è altrettanto importante: una Siria,
un Pakistan o un’Arabia Saudita potranno sempre dire che deplorano il
terrorismo e che, a quanto sanno, non ci sono jihadisti di passaggio nel
proprio territorio, che Bin Laden e compagni non si nascondono lì e che
la famiglia reale non sta finanziando gli assassini. Dentro la stessa
Europa, una madrassa che educa giovani disorientati, o un imam che
semina odio nel suo pubblico, devono sempre condannare il terrorismo
quando sono chiamate a farlo e farsi passare per vittime quelle rare
volte che si intravede la protesta di un pubblico oltraggiato.
Infine sono essenziali i sensi di colpa e l’odio che l’Occidente nutre
verso se stesso. L’agenda fascista degli jihadisti – persecuzione
religiosa, apartheid di genere, razzismo, autocrazia militarista e
xenofobia – deve essere nascosta profondamente dentro il panorama
postmoderno degli oppressi. Un “altrui” non cristiano e non occidentale,
può mascherare i suoi veleni solo facendo la vittima, confondendo la sua
causa con quella di tutti gli altri gruppi sfruttati che cercano pietà e
risarcimenti dalla società occidentale.
Scopi
Gli jihadisti si aspettano che gli Occidentali spariscano dal Medio
Oriente, permettendo al fascismo fondamentalista di conquistare il
controllo della metà delle riserve petrolifere mondiali, così da
comprarsi abbastanza armi da spianare la strada al ritorno del
Califfato.
Distruggere Israele, uccidere i Cristiani in Africa, cacciare gli
Occidentali dal Medio Oriente, dal Pakistan, dall’Indonesia e da Bali è
solo un assaggio. In Europa, l’obiettivo per i più folli è quello di
creare una nuova Al Andalus; per i più pragmatici quello di scatenare
abbastanza terrore e intimidazione da scavarsi nicchie territoriali
musulmane, in cui milioni di persone possono vivere in modo
parassitario, sfruttando la generosità della società occidentale, ma
respingendo il suo programma liberale di libertà e uguaglianza, nella
speranza di applicare la legge universale della sharia.
E così torniamo a noi. Nonostante gli assassini vogliano vendicare anche
l’Afghanistan (la cosiddetta “giusta” guerra), si aspettano che gli
Occidentali gridino all’“Iraq”. Anche se questi attentati dinamitardi
erano preceduti da mesi di infiltrazioni, ricognizioni accurate e lunghi
soggiorni in Londra, si aspettano da noi grida di angoscia e la paura di
discriminare i Mediorientali.
Guardate le solite lacrime di coccodrillo e la “preoccupazione” dei
leader illegittimi del Medio Oriente, anche se buona parte delle piazze
islamiche prova segretamente piacere per la spavalderia degli jihadisti
e i governi tirano un sospiro di sollievo nel vedere che il bersaglio
erano gli Occidentali e non loro. Anticipano i leader occidentali che
condannano il terrorismo nello stesso modo in cui fanno appelli per
“eliminare la povertà” e per “portarli a cospetto di un giudice”, come
se gli jihadisti e i loro protettori fossero dei semplici criminali
capricciosi e poveri.
Nel breve termine, Bush e Blair appariranno come isole in un mare di
angoscia e rabbia. Ma quando il 7 luglio sarà passato, così come è
passato l’11 settembre, spetterà loro diventare ancor più impopolari,
man mano che le voci dell’appeasement ci assicureranno che quando loro
se ne andranno, finirà anche il terrorismo. Spetta a noi, a ciascuno di
noi, dire la verità in mezzo a tutte queste fandonie e ricordare che non
abbiamo ereditato una splendida civiltà solo per perderla tornando
nuovamente a tempi bui.
15 luglio 2005
* Tratto da
National Review Online
(traduzione dall'inglese di Stefano Magni) |