L’arte di gabbare i tedeschi
di Pierluigi Mennitti
da "L'Indipendente" del 26 maggio
[26 maggio 05]

Come tre anni fa, Gerhard Schröder non si darà per vinto e tirerà fuori tutte le ultime, residue capacità di pigmalione della politica per darla a bere ancora una volta ai tedeschi. Dopo la rovinosa, ennesima storica sconfitta regionale, questa volta nella roccaforte del Nordrhein-Westfalen, consegnata ai cristiano-democratici dopo 39 anni d’ininterrotto governo, il cancelliere ha preso la scorciatoia del voto anticipato, superato tutti in contropiede e rilanciato la palla nel campo della competizione politica. Lo Spiegel, che da qualche mese pubblica a puntate la malinconica saga del governo rosso-verde sotto la testatina “Il tramonto”, ha commentato così la scelta del voto anticipato: si è scelto il suicidio per paura di andare incontro alla morte. Sarà, ma chi ricorda la straordinaria rimonta del 2002 ai danni del plurigovernatore bavarese Edmund Stoiber, ha toccato ferro.

Questa volta sarà più difficile. Il cancelliere è rimasto strozzato dalla sua stessa abilità politica. Aveva ottenuto il secondo mandato rispolverando il sogno del cambio generazionale, era scivolato a sinistra adulando e coccolando un paese che invecchiava nella paura della crisi economica, della globalizzazione, della concorrenza mondiale, delle riforme allo stato sociale, dell’America di Bush e della guerra in Iraq. A un paese canuto, Schröder aveva raccontato la favola del mondo cattivo e della Germania finalmente buona, che riscattava i propri sensi di colpa abbracciando una nuova era dell’armonia, della tolleranza, della solidarietà. Uno specchietto per le allodole capitaliste (che tre anni dopo il segretario dell’Spd Franz Müntefering avrebbe ribattezzato come fameliche “locuste”) con la promessa di riforme incisive delle tasse e del mercato del lavoro. L’assicurazione alla base elettorale rosso-verde di muoversi piano, molto piano, e comunque più piano di quel che minacciavano i conservatori di Stoiber.

La doppia partita s’è rivelata un doppio gioco, le riforme sono andate da un lato abbastanza piano da scontentare le allodole-locuste, dall’altro abbastanza in profondità da spaventare il grande ceto medio assistito e arricchito. Gli Schröder-boys, i giovani post-muro irretiti dal buonismo politicamente corretto della socialdemocrazia, hanno saggiato, per la prima volta in maniera così massiccia, le durezze della disoccupazione. L’Est si è sgonfiato, trovando nel rimpianto del comunismo-vintage un rifugio nostalgico alle speranze tradite. L’Ovest si è assopito, adagiandosi in una stagnazione vissuta come declino esistenziale prima ancora che economico. Il numero dei senza-lavoro, da sempre barometro delle paure tedesche, ha da mesi superato la soglia un tempo considerata impossibile dei 5 milioni. Ci si abitua a tutto, la grande industria tutto sommato tiene e i sindacati danno una mano, in nome di una concertazione che è tradizione culturale in nome dell’interesse della comunità. Ma scivolando lungo questo crinale, il cancelliere non ha trovato il coraggio di invertire la rotta, lanciare un progetto che riempisse di contenuti, almeno dopo sette anni, quell’idea di Neue Mitte, nuovo centro, con il quale si presentò nel 1998 per rinnovare la sinistra e il paese.

Schröder è però abituato ai tripli salti mortali. Lo sta tentando anche questa volta. Congeda il suo fedele alleato Joschka Fischer rifiutando di correre assieme alle elezioni di settembre. Chiede mani libere per lasciar intendere di poter governare, domani, con i liberali o con i cristiano-democratici, nell’abbraccio moderato della Grosse Koalition. E se da un lato il segretario del suo partito solleticherà l’anticapitalismo della sinistra più estrema, lui si presenterà come l’uomo delle riforme (anche se le ha fatte tardi e solo pressato dai dati economici negativi) e chiederà ai capitalisti di dargli ancora fiducia perché nessuno come lui è capace di gabbare il suo popolo, di chiedergli lacrime e sangue spacciandole per progetti sociali. Ha quindici settimane di tempo e affronta una sfida disperata. E’ difficile che possa vincere. Ma avrà la faccia tosta di passare alla storia come uno che è caduto in piedi.

26 maggio 2005

pmennitti@ideazione.com


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