Terri Schiavo: e adesso?
di Enzo Reale
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[29 mar 05]

Si può essere a favore dell'eutanasia e allo stesso tempo considerare moralmente intollerabile la morte per fame di Terri Schiavo. Così come si può essere difensori della certezza del diritto e del rispetto delle leggi e costituzioni vigenti e contemporaneamente ritenere che la fine decretata per questa donna dai tribunali sia profondamente ingiusta.

Terri Schiavo non è una malata terminale che sta trascorrendo i suoi ultimi giorni tra indicibili sofferenze. Non è destinata a morire in breve tempo della sua malattia o del suo handicap. Non è cerebralmente deceduta come qualcuno si è spinto a sostenere. Il funzionamento dei suoi polmoni o del suo cuore non dipende dal collegamento ad una macchina che garantisca la sua sopravvivenza. Di sicuro non può mangiare da sola e anche se nessuno è capace di determinare davvero le sensazioni che prova, di lei si sa per esempio che non è in grado di formulare un pensiero razionale, né di controllare i propri movimenti, né di usare (e probabilmente capire) suoni o segnali.

Tutto ciò rende la sua vita indegna di essere vissuta? La risposta per molti di noi è sicuramente sì. Ma ciò autorizza chi la circonda - in assenza di un suo consenso esplicito - a decidere che lei non debba viverla? O non obbliga piuttosto a fornirle l'aiuto di cui ha bisogno per continuare la sua esistenza come si farebbe (e si fa) con altri portatori di handicap?

Anche se la rule of law è stata perfettamente rispettata e la decisione giudiziale è intervenuta al termine di un procedimento lungo quindici anni, è difficile negare che l'interruzione dell'alimentazione artificiale per Terri Schiavo assomigli tanto, troppo, al rifiuto di portare il cibo alla bocca di una persona paralizzata agli arti superiori e non in grado di far valere la propria volontà a causa di una qualsiasi menomazione psichica. In entrambi i casi siamo di fronte ad un caso di morte sociale ma davvero ce la sentiamo di far discendere da questa condizione di debolezza e di oggettiva incapacità a relazionarsi con il mondo esterno la morte fisica dell'individuo?

Non serve scomodare paragoni impegnativi e il più delle volte impropri per rendersi conto che nel caso Schiavo si è saltato almeno un passaggio: se è quantomeno discutibile che la vita vada difesa ad ogni costo e contro ogni evidenza è a maggior ragione opinabile che della vita di un soggetto terzo si possa disporre in base a mere considerazioni di carattere qualitativo. Anche i più allergici a valutazioni di tipo religioso o semplicemente etico devono riconoscere che una volta intrapresa la strada della "selezione", intendendo il termine nel senso più letterale possibile, diventa difficile stabilire dove e quando fermarsi. Perché Terri Schiavo no e un altro sì?

A questo punto si potrebbe obiettare: nessuno ha deciso per lei, è stata lei in un momento della sua vita "cosciente" a chiedere di non essere mantenuta in vita artificialmente. L'argomento è di peso per un liberale. Ma anche volendo credere alla versione del marito e tutore (i giudici lo hanno fatto e tanto basta in uno stato di diritto) e pur sorvolando questa volta sulle tante decisive sfumature della definizione di "vita artificiale", resta un problema fondamentale: la Terri Schiavo che così si espresse in una determinata epoca della sua vita non è la stessa Terri Schiavo che adesso si trova effettivamente nello stato precedentemente ipotizzato. E' al consenso manifestato nella condizione presente che eventualmente ci si dovrebbe attenere, non ad una espressione di volontà nata in un contesto del tutto differente.

Però Terri Schiavo oggi è così muta che la si può solo interpretare e la sua vicenda assume ogni giorno di più i tratti di una macabra riedizione della scommessa pascaliana: puntare sull'esistenza di Dio o sulla non-esistenza? Stavolta non è necessario scomodare il Padre Eterno (per chi ci crede) per rendersi conto che nella scelta tra la vita e la morte si è scommesso sulla seconda. Terri Schiavo morirà di fame. C'è chi lo chiama abuso (o peggio) e chi lo considera il solo sentiero percorribile nel rispetto della dignità umana. Ma nessuno d'ora in avanti potrà sottrarsi ad una semplice ma inquietante domanda: e adesso?

29 marzo 2005

enzreale@gmail.com

* Enzo Reale è il titolare del blog 1972

 

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