Zapatero e la monarchia delle banane
di Enzo Reale
*
[22 feb 05]

Il rito collettivo è stato consumato. Gli spagnoli, come prevedibile, hanno detto sì alla Costituzione Europea, anche se non è stato il super-sì che profetizzava Moratinos con una lattina di Referendum-Daily in mano. Quattro su dieci si sono recati alle urne ma il problema non è tanto il dato di partecipazione in sé, più o meno in linea con altre consultazioni di carattere europeista. Il problema è ancora una volta la sfacciata opera di manipolazione di cui il governo Zapatero si è reso protagonista nell'interpretazione dei risultati.

Alle dieci e un quarto della notte di domenica il premier in persona parlava in diretta televisiva esprimendo piena soddisfazione. Considerando che si trattava di un referendum nel quale l'esecutivo aveva messo in gioco la propria credibilità, mobilitato risorse istituzionali e sociali in una campagna da cui era bandito il no e trasformato di fatto il voto in un plebiscito, era lecito attendersi nei commenti a caldo un minimo di prudenza, di moderazione, di self-containment: dopo tutto l'assistenza era stata del quarantadue per cento e i sì avevano ottenuto nel complesso meno voti di quelli ricevuti dal solo PSOE alle ultime politiche.

Ma non da ZP. Il Presidente davanti alle telecamere definiva senza mezzi termini la giornata come un rotondo successo, una chiara dimostrazione della volontà europeista degli spagnoli e invitava il resto d'Europa a seguire il fulgido esempio. La grande affermazione dei progressisti europei (evidentemente i non-progressisti sono meno europei) si completava - a suo dire - con la vittoria socialista di Sócrates nelle elezioni portoghesi: gli orologi di Portogallo e Spagna - concludeva uno Zapatero entusiasta - indicano di nuovo la stessa ora. Cosa c'entri Sócrates con la Costituzione non è dato sapere ma è probabile che alla Moncloa sentissero il bisogno di riempire un bicchiere mezzo vuoto.

Pochi minuti dopo il segretario organizzativo del PSOE, José Blanco, chiudeva in bellezza la serata con un intervento di un settarismo fuori dal comune anche per lui: citando il distretto madrileño della Moraleja nel quale la percentuale di no era stata particolarmente alta, definiva di estrema destra coloro che avevano osato sfidare la linea del governo (che peraltro era la stessa del PP), dimenticando curiosamente che a fare campagna per il no erano stati invece i suoi alleati di Izquierda Unida e di Esquerra Republicana.

Lunedì infine Rubalcaba, portavoce socialista al Congresso, rincarava la dose accusando i popolari di aver sposato pubblicamente il sì mentre lavoravano sottobanco per il no o l'astensione. Segno che gli animi all'interno della maggioranza erano forse meno sereni di quanto si fosse cercato di comunicare all'opinione pubblica in un primo momento. Concludendo. Un'altra giornata di ordinaria propaganda e demonizzazione dell'avversario politico. La Spagna da un po' di tempo ci è abituata e non ha fatto una piega. Strumentalizzare tutto: dai morti di Atocha al voto europeo. Questa sembra la parola d'ordine di un gruppo di potere che da undici mesi è impegnato a trasformare un paese politicamente rispettabile e rispettato in una monarchia delle banane.

22 febbraio 2005

enzreale@gmail.com

* Enzo Reale è il titolare del blog 1972

 

stampa l'articolo