Dio, l'America e i suoi nemici
di Alessandro Gisotti
[14 feb 05]
E’ la Bibbia, non la Dichiarazione d’Indipendenza, il testo fondamentale
della storia degli Stati Uniti d’America. La tesi, audace ma non per
questo meno interessante, viene proposta da David Gelernter nel suo
saggio “Americanism and Its Enemies”, sulla rivista Commentary,
periodico neoconservatore tra i più influenti, pubblicato dall’American
Jewish Committee. L’autore analizza le origini della profonda
religiosità del popolo americano. Con buona pace di chi, soprattutto in
Europa, pensa che il “born again christian” Bush sia un’anomalia. Come
stanno le cose lo spiegano bene Micklethwait e Wooldridge nel loro
volume tocquevilliano “The Right Nation”: “Bush è forse più religioso di
molti altri americani. Ma la sua religiosità é del tutto americana. E’
l’America ad essere un’eccezione, non il suo attuale presidente”.
Una religione americana
Gelernter si sofferma proprio sull’eccezionalità dell’America muovendo
le sue considerazioni dal concetto di americanismo, ovvero quel nucleo
di idee e valori che costituiscono l’essenza degli Stati Uniti.
Ricordando come l’America sia stata definita “una nazione con l’anima di
una chiesa”, il saggista di Commentary sostiene che l’americanismo non è
una mera ideologia secolare, ma si identifica con la religione
giudaico-cristiana. Ciò non impedisce alla società americana di essere
aperta e inclusiva. Anzi, proprio nella Bibbia – pietra miliare
dell’ebraismo e del cristianesimo – l’America troverebbe l’energia per
diffondere libertà, eguaglianza e democrazia al di fuori dei suoi
confini. Gelernter riconosce che la Dichiarazione d’Indipendenza tratta
con freddezza la religione. Tuttavia, avverte, quel testo era rivolto
soprattutto alle elite in patria e all’estero: “Era scritta per vincere
degli argomenti, non per carpire l’essenza dell’America”. Quell’essenza
emerge, invece, nei discorsi dei Padri Fondatori, come successivamente
in numerosi “profeti dell’americanismo”. Da Lincoln a Reagan.
America, nuova Israele
Nel 1971 un libro dal titolo “God’s New Israel” mette in luce come gli
americani, negli ultimi quattro secoli, abbiano continuato a riferirsi
alla propria nazione come alla nuova Israele e a se stessi come al
popolo eletto. Questa visione, spiega Gelernter, proviene dal
puritanesimo, forza religiosa sorta nell’Inghilterra del sedicesimo
secolo per essere poi il lievito della rivoluzione americana. I puritani
del Nuovo mondo si ritengono il Popolo scelto da Dio a cui è stata
destinata la Terra Promessa. Il puritanesimo è certamente un elemento
fondativo dell’America. Dopo la guerra d’indipendenza dall’impero
britannico, però, scompare dalla storia. Già Samuel Huntington nel libro
“Who are we?” aveva evidenziato come l’americanismo sia stato
profondamente influenzato dal puritanesimo. Gelernter va oltre: il
puritanesimo non è mai svanito, si è solo trasformato nell’americanismo.
Libertà, eguaglianza e democrazia
Libertà, eguaglianza e democrazia - i tre cardini del credo americano –
sono tratti direttamente dalla Bibbia. Per dimostrarlo, Gelernter passa
in rassegna alcuni dei momenti chiave della storia degli Stati Uniti. Il
giorno stesso della Dichiarazione dell’Indipendenza, rammenta, un
comitato fu incaricato di realizzare uno stemma per la nazione nascente.
John Adams, Benjamin Franklin e Thomas Jefferson proposero come simbolo
il popolo israelita che attraversa il Mar Rosso, accompagnato dal motto
“Ribellione ai tiranni è obbedienza a Dio”. Lo stemma non fu mai
adottato, ma il tema indicato sarebbe un segno evidente del radicamento
biblico del concetto di libertà per i Padri Fondatori. Per quanto
riguarda l’eguaglianza, lo studioso di Commentary cita Abraham Lincoln.
Nei suoi discorsi è chiaro il riferimento alla Genesi: “Ogni uomo è
creato ad immagine e somiglianza di Dio”. Un principio che Lincoln ha
messo in pratica impegnandosi ad abolire la schiavitù nel Continente, a
costo di lacrime e sangue. Dei tre valori americani, la democrazia
sembrerebbe il più lontano dagli insegnamenti della Bibbia. Eppure,
Gelernter rivela che “The Fundamental Orders of Connecticut”,
considerati la prima costituzione scritta di una democrazia moderna, non
furono ispirati al modello ateniese né alla Repubblica romana, ma si
rifanno all’interpretazione di un verso della Bibbia del predicatore
puritano Thomas Hooker. Si tratta di Deuteronomio 1:13, “Sceglietevi
nelle vostre tribù uomini saggi, intelligenti e stimati, e io li
costituirò vostri capi”. Per Hooker con questo comando, Dio stabilisce
che l’origine dell’autorità risiede nella libera scelta del popolo.
Wilson, Truman, Reagan
Durante l’amministrazione Wilson, l’americanismo tocca il suo apice.
Fino all’ultimo decennio del XIX secolo, la missione americana era
chiudere le frontiere, popolare il continente. Raggiunto l’obiettivo, la
missione diviene “diffondere l’americanismo in tutto il pianeta”. E’ in
questa cornice che va letto il principio wilsoniano “rendere il mondo
sicuro per la democrazia”, che ha motivato l’entrata in guerra degli Usa
nel 1917. In quel momento, nota lo storico William Leuchtenberg, gli
Stati Uniti ritengono che “l’idealismo morale americano possa essere
esteso fuori dai confini nazionali. Gli ideali cristiani e democratici
dell’America possono essere applicati a livello universale”. Un altro
profeta dell’americanismo, secondo l’articolista di Commentary, è
Truman. La sua dottrina formulata per arginare le ambizioni sovietiche
richiama lo spirito dei Padri Fondatori. Per il presidente della guerra
di Corea, “i popoli liberi del mondo guardano agli Stati Uniti in cerca
di sostegno per mantenere la propria libertà”. Convinzione, scrive
Gelernter, rafforzata dalla lettura della Bibbia. Truman stesso rivela
di aver letto il “Libro dei libri” tre volte prima di aver compiuto 14
anni e ben 7 volte durante gli anni della presidenza. E arriviamo a
Reagan, il presidente che ha consegnato l’Urss ai manuali di storia. In
uno dei suoi più vibranti discorsi, Reagan dichiara che l’America è
stata e deve continuare ad essere “la città che splende sopra la
collina”. Immagine, questa, utilizzata per la prima volta da John
Winthrop nel 1630 per definire Boston e che riecheggia un passo del
Vangelo di Matteo (5:14) “Voi siete la luce del mondo. Una città posta
sopra una collina non può essere nascosta”.
I nemici dell’americanismo
Le ultime considerazioni del saggio sono dedicate ai nemici
dell’americanismo, coloro che deridono oggi Bush come Wilson cento anni
fa. Secondo Gelernter, nel XIX secolo le elite europee sono divenute
sempre più ostili al Cristianesimo. Evoluzione che ha avuto come
conseguenza un’avversione crescente nei confronti degli Stati Uniti.
Oggi, dunque, l’antiamericanismo sarebbe una sfaccettatura del
pregiudizio anticristiano e dell’antisemitistmo. Gli antiamericani,
afferma, si stupiscono per quella che considerano una “bizzarra tendenza
a credere in Dio” del popolo degli Stati Uniti. Tuttavia, non c’è
bisogno di andare in Norvegia per incontrare persone che la pensino in
questa maniera. Nel settembre del 2004, l’ex vice di Clinton, Al Gore,
ha definito la fede del presidente Bush “la versione americana del
fondamentalismo che vediamo in Arabia Saudita, in Kashmir e in molte
altre regioni del mondo”. Ancora una volta, Gelernter cita il primo
governatore del Massachusetts, John Winthrop, che a bordo della nave
Arabella pronuncia un discorso sulla gioia di vivere obbedendo a Dio e
lodandolo per il dono della vita. “Nessun fanatico saudita, nessun
fanatico kashmiro avrebbe potuto scrivere quelle parole”.
14 febbraio 2005
gisotti@iol.it
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