Corea del Nord: uno spiraglio per la libertà?
di Enzo Reale*
[02 feb 05]
Quando si
parla del Regno Eremita bisogna andarci sempre con i piedi di piombo. Ma
è possibile che stavolta stia davvero succedendo qualcosa all'interno
del regime più isolato e repressivo del pianeta: la Corea del Nord. Il
muro che Pyongyang ha costruito attorno a ventidue milioni di persone
senza voce e senza volto forse non presenta ancora i segni di un
cedimento strutturale ma di sicuro lascia intravedere più di una crepa
profonda. Solo nell'ultimo mese - per esempio - tre video girati
clandestinamente sono stati diffusi da alcuni network asiatici e ripresi
da siti Internet specializzati, suscitando interesse e dubbi tra gli
osservatori poco abituati ad avere a disposizione immagini di questo
tipo.
Il primo riguarda scene di vita quotidiana nella città nordorientale di
Cheongjin: vi si vedono cinque uomini e una donna subire un processo
pubblico e sommario per reati di furto, uso di moneta straniera e
prostituzione; poi l'obiettivo passa ad inquadrare bambini in precarie
condizioni igieniche e in evidente stato di abbandono mentre vagano per
la strada senza che nessuno si curi di loro. Il secondo ritrae un giorno
qualunque all'interno del campo di prigionia di Moosan: i detenuti
trasportano tronchi e cantano ad alta voce inni alla gloria di Kim Il
Sung. L'ultimo - il più clamoroso e ripreso anche dai principali
quotidiani di tutto il mondo - è la prima protesta pubblica anti-regime
di cui si abbia testimonianza diretta: un gruppo di persone legge un
vero e proprio manifesto politico in cui si fa responsabile Kim Jong Il
delle misere condizioni di vita del popolo nordcoreano, se ne denuncia
la tirannia e se ne auspica la destituzione. Le parole "democrazia" e
"libertà" sono pronunciate chiaramente e si chiede l'appoggio degli
Stati Uniti e delle organizzazioni umanitarie internazionali per porre
fine alla dittatura. Il gruppo si firma "Associazione Giovanile per la
Libertà" ed il video sarebbe stato girato nella località di Hoeryong,
stando a quanto affermato da alcuni rifugiati originari dei luoghi. Ma
chi, usando una semplice camera digitale, ha osato sfidare il regno
della segretezza e della paura mettendo a rischio la propria vita?
L'ipotesi più probabile è che si tratti di ufficiali dell'esercito che
hanno deciso di documentare i crimini che quotidianamente si consumano
dentro il loro paese. Sia Cheongjin che Hoeryong sono città non lontane
dal confine russo-cinese e questo renderebbe più agevole far passare i
filmati al di là della cortina di ferro. Il fatto che fino a qualche
tempo fa iniziative di questo genere sarebbero state impensabili
autorizza a supporre che i meccanismi di controllo messi in atto da un
regime che fonda buona parte della sua stessa esistenza sull'isolamento
dal resto del mondo non funzionino più come prima. Ma c'è di più. Lo
scorso novembre diplomatici stranieri confermarono la scomparsa dei
ritratti di Kim Jong Il da alcuni edifici pubblici di Pyongyang.
L'ambasciatore nordcoreano a Mosca, interpellato sulla circostanza, negò
tutto sottolineando che non si poteva "rimuovere il Sole dal Cielo".
Forse il sole no, ma evidentemente il Caro Leader sì. Sempre che di Caro
Leader si possa ancora parlare: già, perché un recente dispaccio
dell'agenzia di stampa ufficiale nordcoreana, nel riferirsi a lui
"dimenticò" di indicare proprio il suo principale titolo onorifico,
destando ogni tipo di speculazione tra gli addetti ai lavori. E se Kim
Jong Il non fosse più al suo posto?
L'ipotesi, a questo punto, è meno azzardata di quanto possa apparire. A
suggerirla più o meno esplicitamente è - tra gli altri - Michael
Sheridan in un lungo articolo pubblicato dal Times di Londra domenica
scorsa sotto il titolo "Chairman Kim's dissolving kingdom". A leggere
Sheridan, che per mesi ha intervistato esperti, rifugiati ed attivisti
dei diritti umani, tutto fa pensare che da qui a poco avremo notizie da
Pyongyang: le cancellerie occidentali, in particolare Washington e
Tokyo, si starebbero già preparando per il dopo Kim. Se si aggiunge a
questo quadro a tinte fosche che il tiranno non si fa vedere in pubblico
da mesi, che il numero di rifugiati che riescono a uscire dal territorio
nordcoreano è in continuo aumento, che la situazione economica è -
nonostante alcune timide aperture - perennemente sull'orlo del collasso,
che il Congresso americano ha approvato il North Korean Human Rights Act
e che Bush è stato rieletto, si può capire perché potrebbe non essere
così lontano il giorno in cui si apriranno le porte di quell'immenso
gulag chiamato Corea del Nord.
2 febbraio 2005
enzreale@gmail.com
* Enzo
Reale è il titolare del blog
1972
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