Iraq: prove generali di democrazia
di Stefano Caliciuri
[28 gen 05]
Domenica 30 gennaio sarà aggiunto un fondamentale tassello al delicato
puzzle che sta segnando il processo di democratizzazione in Iraq: le
prime elezioni libere a suffragio universale. Duecentosettacinque
parlamentari andranno a costituire l’Assemblea nazionale, incaricata a
sua volta entro ottobre di promulgare la Costituzione definitiva e di
confermarla tramite un refendum popolare. I 14 milioni di elettori
potranno esprimere la loro preferenza sulla base di 7 mila 785
candidati, in rappresentanza di 111 partiti politici.
Il premier uscente, Ayad Allawi, già luogotenente di Saddam Hussein, poi
esiliato, quindi rientrato in patria con l’appoggio degli Usa, ha creato
una propria lista sciita, la Iraqi National Accord Party. Ma sarebbe
proprio questa sua trasformazione ideologica a dar fastidio alla
maggioranza della popolazione sciita, che dovrebbe invece appoggiare la
lista estremista filo-iraniana di Abdul Aziz al Hakim, leader dello
storico partito sciita, la United Iraqi Alliance, appoggiato anche
dell’influente ayatollah Ali al Sistani. In ogni caso, visto le
percentuali di rappresentanza delle etnie (60 per cento sciiti; 20 per
cento sunniti e curdi) non sembrerebbe che ci sia spazio per altre
soluzioni. E’ proprio per questo che la reazione terroristica sunnita
non si è fatta attendere, scatenando la sua ferocia sia contro i
candidati avversi che contro l’allestimento dei seggi elettorali.
A seconda di quale sarà il risultato, il futuro iracheno è ad un punto
di svolta: o intraprendere una rapida marcia verso la definitiva
democratizzazione, oppure arrestarsi di fronte all’estremismo islamico.
Ipotesi fino ad oggi rifiutata dagli osservatori internazionali, Stati
Uniti in primis, poiché uno scenario del genere non farebbe altro che
peggiorare l’attuale stato di crisi e di emergenza. L’ipotesi peggiore è
che la popolazione sunnita non reagisca positivamente agli appelli di
voto, rifiutandosi, forse più per paura di ritorsioni che per
convinzione, di recarsi ai seggi. Senza dimenticare inoltre le minacce
trasmesse dal terrorista sunnita Al Zarqawi di boicottare le elezioni
con ogni mezzo, anche armato, per non consentire agli sciiti di votare.
In ogni caso, la legge transitoria prevede che, se i risultati
elettorali saranno fortemente discordanti con la proporzione demografica
delle tre etnie (sunnita, sciita e curda), i parlamentari saranno
nominati con un particolare sistema che ne omogeneizzi la
rappresentanza.
Il presidente statunitense George W. Bush ha ordinato ai marines un
massiccio pattugliamento dell’intero territorio iracheno, mettendo in
campo misure di sicurezza mai viste in occasione di un appuntamento
elettorale, proprio perché, come lui stesso ha precisato, “stiamo per
vivere il più grande avvenimento nella storia irachena: è per questo che
milioni di persone si recheranno alle urne per scegliere il loro
rappresentante in maniera democratica, senza cadere nei ricatti del
terrorismo e di coloro che si dimostrano nemici di una società libera”.
28 gennaio 2005
stecaliciuri@hotmail.com
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