Coast to Coast. La geografia elettorale americana
di Rodolfo Bastianelli
Il sistema elettorale adottato dai "Padri Fondatori" per la Casa Bianca
è estremamente complesso e del tutto particolare. Simile più a 50
diverse votazioni per ognuno degli Stati dell'Unione che ad un'unica
consultazione a livello nazionale, l'elezione presidenziale americana è
determinata non solo dal quadro globale che presenta il Paese nel suo
insieme ma anche dalle situazioni politiche locali. Per comprendere
quindi quale potrà essere l'atteggiamento delle diverse realtà americane
e tentare di prevedere l'esito finale del voto di novembre è necessario
effettuare un breve viaggio nella geografia elettorale degli Stati
Uniti, una geografia notevolmente cambiata in questi ultimi anni.
La prima regione che incontriamo é composta dai sei Stati del
New England - Maine, Vermont, New
Hampshire, Rhode Island, Connecticut e Massachussetts - che
rappresentano 30 voti nel Collegio Elettorale. Si tratta di un'area a
forte maggioranza Democratica, dove solo New Hampshire e Maine sembrano
poter offrire a Bush delle possibilità di vittoria. Ma se Massachussetts
e Rhode Island si sono sempre orientate verso il partito Democratico,
gran parte del New England è stata invece per molto tempo una roccaforte
elettorale del "Grand Old Party", basti ricordare come Roosevelt nelle
sue quattro vittorie consecutive dal 1932 al 1944 non riuscì mai a
conquistare mai né il Maine né il Vermont e che in quest'ultimo Stato
l'unico candidato democratico che fino al 1992 vi riuscì a vincere fu
Lyndon B. Johnson nel 1964. Tuttavia, con il progressivo spostamento dei
Repubblicani verso posizioni più conservatrici riguardo alle politiche
sociali ed all'aborto, il consenso di cui godeva il partito in questi
Stati si é via via indebolito tanto che oggi quasi tutti appaiono ormai
saldamente nelle mani di Kerry.
Spostandoci
a sud si passa poi agli Stati del Medio
Atlantico - New York, New Jersey e Pennsylvania - che contano
67 "Grandi Elettori". Se i primi due sono storicamente un feudo
Democratico dove i candidati Repubblicani vi si sono imposti solo in
occasione di vittorie a valanga come fu per Reagan nel 1984 e Nixon nel
1972, un discorso a parte si può fare per la Pennsylvania, considerata
fino agli anni Trenta del secolo scorso un bastione Repubblicano e
diventato in seguito uno Stato dalla colorazione politica incerta che
può spostarsi da un candidato all'altro in ogni tornata elettorale. Come
sottolineano gli osservatori, la stessa composizione del suo territorio
rende equilibrato l'esito del voto, visto che se i centri urbani
sembrano orientati verso Kerry le aree rurali sono invece più a
favorevoli a Bush.
Ancora
più a sud troviamo quelli che negli Stati Uniti vengono definiti i
Border States, termine con cui si
storicamente si indicano quegli Stati che durante la guerra civile
rimasero fedeli all'Unione pur essendo schiavisti. Questa regione
comprende realtà estremamente diverse tra loro quali Maryland, Delaware,
West Virginia, Kentucky e Missouri che dispongono di 34 voti elettorali
nel collegio. Una differenza che emerge anche dal lato politico, in
quanto se il Maryland ed il Delaware sono decisamente orientati verso i
Democratici, il Kentucky, abitato per il 94% da bianchi, appare essersi
spostato su posizioni più conservatrici, mentre il Missouri, Stato
rurale con una popolazione fortemente impregnata dai fondamenti
religiosi, pur essendo tuttora considerato incerto sembra orientarsi più
verso Bush che non Kerry. Come dice il vecchio proverbio americano,
"come va il Missouri va tutto il Paese", perché di solito chi si impone
qui vince le elezioni e quindi conquistare questo Stato è di
fondamentale importanza per chi a novembre vuole avere in mano le chiavi
della Casa Bianca. L'altra realtà di questa regione, la West Virginia, è
uno Stato che versa in una grave crisi economica dopo la chiusura delle
miniere di carbone ma da dove provengono una parte consistente dei
riservisti impegnati in Iraq. Proprio per quest'ultimo elemento starebbe
alla base del cambiamento politico avvenuto nello Stato, che dopo essere
stato per lungo tempo un bastione Democratico è oggi inserito tra quelli
dove Bush gode di un significativo vantaggio su Kerry.
Ancora un
passo e si entra nel Profondo Sud
sul territorio dei vecchi Stati confederati - Virginia, Carolina del
Nord, Carolina del Sud, Georgia, Florida, Alabama, Louisiana,
Mississippi, Arkansas, Tennessee e Texas - che dispongono di 148 voti
nel "Collegio Elettorale" indispensabili per chiunque intenda
conquistare la presidenza. Qui, in quella che viene definita la "Bible
Belt" per la grande influenza esercitata dagli ambienti religiosi, è
avvenuto forse il più radicale cambiamento della geografia elettorale
americana. Il profondo sud, che dalla guerra civile fino agli anni
Sessanta del secolo scorso era considerato un bastione Democratico, è
diventato oggi una roccaforte Repubblicana, un cambiamento che pone così
fine ad uno dei maggiori paradossi della politica americana. Nel
profondo sud infatti gli esponenti Democratici locali erano sostenitori
di una politica segregazionista contraria alla concessione dei diritti
civili alla popolazione di colore e si votava per loro solo per il fatto
che i Repubblicani erano ritenuti ancora i rappresentati del nord e gli
eredi di Lincoln. Tuttavia la linea riformatrice progressivamente
assunta dal partito sui diritti civili e sulle tematiche sociali unita
all'azione di varie associazioni religiose ha contribuito negli anni a
spostare il voto di questi Stati, che oggi vedono Bush in netto
vantaggio quasi ovunque. Nel panorama politico regionale un caso a parte
è costituito dalla Florida, Stato con una forte popolazione di origine
ispanica e dove per la vittoria risultano determinanti i voti dei
numerosi esuli anticastristi cubani. In questo quadro appare quindi
quantomai difficile la strada per Kerry, che per conquistare
l'elettorato sudista aveva scelto come candidato alla vice - Presidenza
il senatore della Carolina del Nord John Edwards tentando così di
riproporre il "ticket" Democratico del 1960 composto dal cattolico
Kennedy e dal senatore texano Lyndon B. Johnson.
Risalendo
nuovamente la carta geografica si entra negli Stati industriali del
Centro Nord - Indiana, Michigan,
Illinois, Ohio - che dispongono di 69 "Grandi Elettori". Se il primo di
questi è saldamente nelle mani di Bush, gli altri due sono invece
decisamente orientati verso i Democratici, mentre appare ancora incerto
l'Ohio, la "madre di tutti i Presidenti Repubblicani", visto che nessun
candidato del "Grand Old Party" ha mai conquistato la Casa Bianca senza
vincere qui. Stato industriale dall'economia in crisi, l'Ohio presenta
però anche il suo volto rurale e tradizionalista su cui fa affidamento
Bush per aggiudicarsi i suoi 20 importantissimi voti elettorali.
Spostandoci a ovest entriamo invece negli Stati delle
Grandi Pianure - North Dakota, South
Dakota, Nebraska, Kansas, Oklahoma, Wisconsin, Iowa, Minnesota - che
contano in tutto di 51 "Grandi Elettori". Ad economia rurale e
fortemente tradizionalisti nei costumi, questi Stati sono in maggioranza
Repubblicani, tranne gli ultimi tre dove la situazione appare invece
quantomai incerta. Ma se Wisconsin e Iowa, dove Gore nel 2000 vinse per
poche migliaia di voti, sembrano poter essere conquistati da Bush in
questa consultazione, il Minnesota, in cui l'ultimo candidato
Repubblicano ad imporvisi fu Nixon nel lontano 1972, appare più
orientato a confermare la sua preferenza per i Democratici.
Continuando il viaggio arriviamo negli Stati del
Mid West - Colorado, Wyoming, New
Mexico ed Arizona - che hanno 27 "Grandi Elettori". In parte
industriali, come Colorado ed Arizona, o rurali come il Wyoming ed il
New Mexico, la maggior parte di questi Stati nella corsa elettorale
appaiono saldamente nelle mani di George W. Bush, mentre estremamente
incerto sembra l'orientamento del New Mexico, conquistato da Gore
quattro anni fa con un scarto minimo e dove risultano decisivi i voti
dell'elettorato ispanico.
Nel
nostro percorso verso il Pacifico incontriamo poi gli Stati delle
Montagne Rocciose - Utah, Idaho,
Montana e Nevada - con i loro 17 voti elettorali. Rurali,
tradizionalisti e con una forte impronta religiosa come nello Utah dove
il clero mormone dispone tuttora di un peso politico determinante,
questi Stati hanno già da molto tempo fatto la loro scelta in favore del
Presidente e la campagna elettorale qui é come se non fosse mai
cominciata.
Ed eccoci
finalmente arrivati sul Pacifico e
nei suoi quattro Stati - California, Oregon, Washington e Hawaii - che
contano 77 "Grandi Elettori" nel collegio. Come per il profondo sud ed
il New England anche qui si é registrato un cambio nell'orientamento
politico dell'elettorato. Rimasta dal 1952 al 1988 una roccaforte
Repubblicana, la California nel 1992 ha svoltato verso i Democratici
spinta soprattutto dalla grave crisi economica che all'inizio degli anni
Novanta aveva colpito la "Silicon Valley" e l'intero settore
tecnologico. Il predominio Democratico si è in seguito continuamente
rafforzato per consolidarsi ulteriormente durante il periodo del
conflitto in Iraq, quando proprio il "Golden State" per la sua ostilità
alla politica interventista di Bush fu definito ironicamente da alcuni
commentatori come il "maggior alleato della Francia negli Stati Uniti".
Un analogo orientamento favorevole a Kerry hanno gli altri Stati della
costa e le isole Hawaii, anche se nell'Oregon, dove nel 2000 Gore si
impose al fotofinish, la competizione appare relativamente più aperta
che altrove. Il nostro viaggio però non é ancora finito.
Si
conclude in Alaska, il più grande
Stato dell'Unione ma abitato solo da poco più di seicentomila abitanti
ed i cui tre "Grandi Elettori" presidenziali sono da tempo sicuri per
George W. Bush. Quando l'ultimo votante di questo immenso territorio
avrà deposto la sua scheda nell'urna in Italia saranno le sei del
mattino e forse per quell'ora sapremo chi avrà vinto la grande corsa che
porta alla Casa Bianca di Washington.
30 ottobre 2004
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