Australia: il centro-destra trionfa per la quarta volta
di Giuseppe Mancini

Ha vinto John Howard, per la quarta volta consecutiva. Una vittoria netta, storica, trionfale. Gli australiani, chiamati a rinnovare completamente la Camera dei Comuni e parzialmente il Senato, hanno confermato la loro fiducia alla coalizione liberal-conservatrice, che ha incrementato il numero dei voti e dei seggi, consolidando la propria maggioranza nella camera bassa (coi voti per posta ancora in fase di conteggio, i seggi ottenuti dovrebbero essere circa 87-89 su 150) e ottenendo almeno la metà dei seggi al Senato (sono già 38 i seggi assegnati alla coalizione guidata da Howard). E nel sistema politico australiano, complesso e articolato in virtù della sua struttura a base federale, la maggioranza al Senato è essenziale per poter approvare, in modo spedito e senza ostruzionismi, le riforme che il Liberal Party of Australia e i Nationals hanno in programma sin da quando sconfissero il premier laburista Keating nel 1996: riforme mai attuate a causa della mancanza di voti in Senato. Proprio nella camera alta si è registrata una delle sorprese di questa tornata elettorale: il seggio ottenuto da Steve Fielding di Family First, il neonato partito di ispirazione evangelica che ha come obiettivo la tutela della famiglia tradizionale; un alleato in più per i liberal-conservatori in caso di necessità, una curiosità per la presenza di un partito religioso sulla scena politica australiana. Notevole anche l’affermazione dei Verdi, che diventano la terza forza nel paese con circa il 7% dei suffragi, scavalcando i Democratici di centro-sinistra da anni in crisi ormai irreversibile e scesi al 2%. E sconfitti, ovviamente, sono anche i laburisti guidati da Mark Latham: che hanno perso voti (circa il 2-3%) e seggi (circa 4-5) rispetto alle elezioni del 2001, un po’ in tutti gli stati della federazione.

Una vittoria annunciata, quella di Howard, che gli analisti hanno spiegato con una considerazione molto semplice: in Australia non c’era voglia di cambiamento. In una campagna elettorale dominata dalla politica interna e soprattutto dai temi economici, i risultati positivi, le proposte rassicuranti e la continuità assicurata dal centro-destra hanno avuto la meglio sulle iniziative spesso incoerenti e impopolari del Labor Party e sull’inesperienza del quarantenne Latham, mai collaudato in incarichi di governo. I tassi di interesse, la scuola, la sanità, i mutui, le pensioni: nonostante dubbi sulla figura di Howard (che nel suo collegio, pur se rieletto, ha perso il 3.5% delle preferenze) e su alcuni passaggi della politica estera di appoggio alla strategia americana in Medio oriente, il governo in carica ha mostrato una straordinaria abilità nel confrontarsi con gli avversari e con l’elettorato sui problemi concreti, mentre non hanno pagato le critiche e le proposte roboanti (ritiro delle truppe australiane in Iraq già a dicembre) ma difficilmente applicabili dei laburisti. Tuttavia, anche se le vicende irachene hanno avuto un ruolo abbastanza limitato nelle elezioni australiane, la vittoria di Howard non può che dare fiducia agli altri sostenitori della guerra contro Saddam Hussein: Bush, Blair e Berlusconi. Dopo la debacle di Aznar in Spagna, infatti, un’ulteriore sconfitta di un esponente del fronte filo-americano avrebbe potuto provocare una reazione a catena e creare un’atmosfera di sfiducia, nelle rispettive opinioni pubbliche, nei confronti di chi ha appoggiato l’azione militare degli Usa in Iraq.

All’indomani delle elezioni, le prospettive future ruotano attorno a un dubbio e a una certezza. Il dubbio riguarda la leadership del premier, il quale potrebbe ritirarsi dalla vita politica già nel 2006, permettendo al ministro del Tesoro Peter Costello di diventare primo ministro e preparare da una posizione forte le successive elezioni politiche triennali del 2007; la certezza riguarda invece le riforme che verranno attuate senza indugio: completa privatizzazione e deregolamentazione per le telecomunicazioni e la stampa, ulteriori liberalizzazioni nel mercato del lavoro, completa riforma delle relazioni industriali, riduzione generalizzata delle tasse, incentivi per le attività imprenditoriali e le esportazioni. Un’Australia forte, moderna, rispettata, prospera, vincente: questa è l’Australia che John Howard ha contribuito a costruire e vuole continuare a costruire nei prossimi anni.

13 ottobre 2004

giuse.mancini@libero.it

 

 

stampa l'articolo