I professionisti della dietrologia
di Stefano Magni

C’è qualcosa che accomuna Naomi Klein e la stampa araba più antisemita. La Klein, divenuta icona del movimento No-Global grazie al suo libro-manifesto “No Logo”, nel caso del rapimento delle due cooperanti italiane arriva a dire: “I giornalisti occidentali sono contrari a parlare di spie e cospirazioni, soprattutto per paura”. Invece i giornalisti arabi e lei stessa, evidentemente, in mancanza di prove e di argomenti, non esitano a puntare il dito contro i nemici di sempre: gli Ebrei e gli Americani. Se non si trovano prove, allora vuol dire che la cospirazione è fatta bene, come sempre sostengono i cospirazionisti arrampicandosi sui vetri. Cosa spinge a credere che la strage di Beslan sia stata architettata dagli Ebrei? Assolutamente niente, soprattutto perché i suoi autori, cioè Basaev e i radicali islamici ceceni, hanno rivendicato tutto e se ne sono pure vantati. Ma per il giornale governativo giordano Al Dustour (della Giordania: uno degli Stati arabi più vicini all’Occidente nella guerra al terrorismo) i veri pianificatori dell’attacco e dell’eccidio sarebbero oligarchi ebrei che finanziano frange del terrorismo ceceno.

Gli fa eco Ghassan Makhal, editorialista di Al Sharq, quotidiano del Qatar (altro paese moderato e filo-occidentale): “chi c'è dietro alla presa di ostaggi? - si chiede il giornalista arabo, il cui articolo di fondo è stato tradotto dal Memri – E’ probabile che l’abbattimento degli aerei a Mosca e l’assalto alla scuola di Beslan facessero parte di una battaglia che il governo di Putin sta portando avanti contro la mafia russa, che ha legami con Israele”.La stampa araba ci ha abituato a questi interrogativi del tipo “chi c’è dietro?” e “chi tira veramente le fila?”, a cui si risponde sempre e solo con “Israele” o “Stati Uniti”. Non c’era da stupirsi, dunque, quando questa fu la prima risposta data da un ulema iracheno, Salam Al Kubaisi, alla domanda su chi avesse rapito le due Simona. Secondo l’autorevole dottore della legge religiosa, infatti, il comportamento dei rapitori (ben armati, travestiti da soldati regolari e ben addestrati) e le circostanze del rapimento (avvenuto in piena zona verde, nella sede della Ong, in base a liste di nomi già preparate) sono atipiche. Quindi ci possono esser dietro gli Americani! E’ una tesi che non ha fondamento e che può essere solo il frutto di un personaggio arabo che si dichiara “vicino” alla guerriglia sunnita irachena. Però, sulle speculazioni dell’ulema iracheno, in Italia è nata una vera e propria industria di dietrologie.

I No-Global si dividono, fra chi (Naomi Klein) sostiene che le cospirazioni della Cia siano la “norma” in Iraq e chi, come un giornalista di Avvenimenti, ritiene che la cospirazione miri a diffondere malignità contro le Ong (accusandole di spionaggio) per esporle alla minaccia delle bande armate. Ma il dubbio che le due cooperanti italiane siano state rapite dagli iracheni, perché Occidentali, donne e italiane (quindi nemiche sotto tutti i punti di vista) non sfiora nemmeno la mente dei pacifisti. Rimane da capire perché venga abbracciata, con così tanta sicurezza, la tesi più difficile da dimostrare, quella del coinvolgimento di “servizi segreti internazionali” che va contro ogni logica investigativa. Forse per gli stessi motivi che spingono gli editorialisti arabi a fare salti mortali pur di dimostrare la responsabilità di Israele dietro ogni atto del terrorismo islamico: non ammettere di avere dei “compagni che sbagliano” (gli integralisti nel primo caso, i “resistenti iracheni” nel secondo) e nello stesso tempo considerare che i cattivi sono sempre dalla stessa parte, sempre dalla parte dell’Occidente, qualsiasi cosa accada.

23 settembre 2004

stefano.magni@fastwebnet.it

 

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