L’Aia boccia il muro. E torna il terrorismo
di Stefano Magni

Forse è la prima volta che un tribunale internazionale condanna un muro. E’ successo venerdì 9 luglio scorso, alla Corte Penale Internazionale dell’Aja: “La costruzione del muro da parte di Israele nei Territori occupati palestinesi, anche all’interno e intorno a Gerusalemme Est è contraria alla legge internazionale”. L’Assemblea Generale dell’Onu, il 21, ha votato a stragrande maggioranza (anche con il voto favorevole dell’Unione Europea) a favore dello smantellamento della barriera difensiva, così da rendere esecutiva la sentenza. La risoluzione, che non è vincolante, oltre a chiedere ai membri dell’Onu di “non riconoscere la situazione illegale scaturita dalla costruzione del muro nel territorio palestinese occupato”, chiede anche al segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan di tenere un registro con tutti i “danni causati dalla barriera di sicurezza”.

Un muro non può attaccare e non può ferire nessuno. Contrariamente al muro di Berlino, la barriera costruita dal governo Sharon non serve nemmeno a imprigionare una popolazione non consenziente, ma a difendere popolazioni da assalti continui, come nell’Europa alto-medievale esposta alle razzie di barbari e briganti. Eppure non sono serviti a nulla gli argomenti a difesa di Israele presentati all’Aja, né i giudici si sono sensibilizzati dopo la struggente manifestazione di dolore dell’associazione Zaka e degli Evangelici, che hanno portato di fronte alla sede del “processo al muro” i rottami di un autobus fatto esplodere dai terroristi. Il governo israeliano e i suoi difensori si sono appellati all’Articolo 51 dell’Onu, che legittima l’autodifesa da un aggressore esterno; hanno fatto presente che le Convenzioni di Ginevra permettono la costruzione di fortificazioni anche in territori provvisoriamente occupati, ricordando anche che i territori “palestinesi” in questione non sono nemmeno territori occupati, ma contesi, il cui assetto potrà essere deciso solo in seguito ad un accordo definitivo; i difensori di Israele hanno ricordato anche che la barriera ha un carattere evidentemente provvisorio: è già stata smontata e spostata, in molti tratti e più volte e solo il 5% del suo percorso è in cemento, mentre il resto è un semplice recinto di rete e sensori.

Sicuramente i giudici all’Aja non hanno nemmeno tenuto conto del parere delle popolazioni coinvolte. Non hanno pensato che l’80% degli Israeliani, indipendentemente dalla loro ideologia, appoggia la barriera. Non hanno nemmeno pensato che gli Arabi israeliani sono, a larga maggioranza, soddisfatti di una barriera che li difende da un terrorismo che colpisce pesantemente anche loro e le loro attività commerciali. Non hanno tenuto conto del parere della popolazione che vive al di là della barriera: essa ha comportato il ritiro delle Forze di Difesa israeliane dalle città palestinesi, cosa che ha consentito alla popolazione locale di ritornare a vivere una vita normale, stando a numerose testimonianze. (Per chi volesse approfondire questi temi segnaliamo il sito web www.unabarrieraperlavita.net). Queste, avranno pensato i giudici all’Aja, sono pareri dell’opinione pubblica, non riguardano la giustizia internazionale. Ma allora perché scartare del tutto l’ipotesi che la costruzione della barriera difensiva risponda all’articolo 51 della Carta dell’Onu? “L’articolo 51 non ha rilevanza in questo caso” ha sentenziato la Corte senza un minimo di esitazione.

Eppure, prima del 2002 non c’era alcuna intenzione di costruire una barriera per separare Israele (e alcune delle sue colonie più popolose) dalla Cisgiordania: l’idea è venuta ed è stata approvata sia dai Laburisti che dal Likud, dopo due anni di terrorismo costante, metodico, genocida, condotto dai terroristi palestinesi con base in Cisgiordania contro la popolazione civile israeliana. Da quando è iniziata la costruzione della barriera difensiva, nell’agosto del 2003, gli attentati terroristici in Israele sono calati del 90%. Dalla fine dell’agosto 2003 alla fine del giugno scorso, i terroristi provenienti dalla Cisgiordania, al di là della barriera, sono riusciti a portare a termine solo 3 attentati, causando 26 morti e 76 feriti. Prima della barriera, i terroristi, provenienti dagli stessi territori, riuscivano a mettere a segno, in media, 26 attentati all’anno, causando (sempre in media) la morte di 103 civili israeliani ogni anno. Però, stando al giudizio della Corte dell’Aja, la barriera non è stata costruita a scopo difensivo. Nella sentenza, infatti, neanche una riga è dedicata al terrorismo contro i civili israeliani. Non erano passati nemmeno tre giorni dalla sentenza, quando, a Tel Aviv, un ordigno è stato fatto saltare a una fermata d’autobus: una ragazza diciannovenne uccisa e trenta passeggeri feriti. Secondo il premier Sharon “È il primo attentato sotto il patrocinio della Corte dell’Aja”.

21 luglio 2004

stefano.magni@fastwebnet.it

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