Togo. I doveri dell’Europa
di Susanna Creperio Verratti

“L’obiettivo principale della politica dell’Unione nel settore della cooperazione allo sviluppo è la riduzione, e a termine, l’eliminazione della povertà”. Così recita il progetto di Costituzione per l’Europa a proposito dell’azione esterna dell’Ue. La Repubblica del Togo, striscia sottile di terra incuneata tra Ghana, Burkina Faso e Benin, è un piccolo paese dell’Africa occidentale che oggi soffre una grave condizione di povertà e di degrado umano. Conosciuta come “Svizzera africana”, sino agli anni Novanta era meta turistica famosa grazie alle spiagge deserte, all’affascinante cultura animista, e alla popolazione ospitale e pacifica. La capitale, Lomè, con il suo immenso porto, era il più importante centro di scambi commerciali del Golfo di Guinea. L’esportazione dei fosfati, oltre al turismo, era la principale risorsa economica del paese.

Ex colonia francese, con l’indipendenza nel 1960 il Togo ha conosciuto, per primo, in Africa un colpo di Stato militare che depose Sylvanus Olimpio, un ewe del Sud, nel 1963. Da allora il presidente Etienne Eyadema, un kabyè del nord, detiene il potere. La dittatura militare di Eyadema, fondata sul culto della personalità, iniziò a vacillare negli anni Novanta sotto la spinta del processo di democratizzazione dell’opposizione, sostenuto soprattutto dalla Francia, che esercitava forti pressioni perché il presidente si aprisse a un sistema multipartitico. Le forze a favore della democrazia organizzarono scioperi e manifestazioni e provocarono disordini in tutto il paese. Il governo reagì con una violenta repressione da parte dell’esercito. Nell’aprile del ’91 ventotto corpi furono estratti dalla laguna di Lomè e scaricati sui gradini dell’ambasciata degli Stati Uniti, per denunciare al mondo la natura repressiva del governo.

Venne instaurato un governo provvisorio in attesa di elezioni i democratiche ma Eyadema, già esautorato dei suoi poteri, fu di nuovo messo alla guida del paese grazie all’appoggio delle truppe rimaste fedeli, formate da kabyè del nord. Sino al ’93, anno in cui il presidente indisse e vinse le elezioni, gli scioperi misero in ginocchio il paese e da allora l’opposizione ha boicottato e bloccato ogni iniziativa di ripresa di dialogo da parte del governo, nonostante un’apertura al multipartitismo nelle ultime elezioni politiche del ’94.

All’indomani degli episodi di violenza la comunità europea interruppe sussidi ed aiuti economici, sospese la cooperazione nei confronti del Togo, richiamandosi all’articolo 96 dell’Accordo di Cotonou. Applicando il principio secondo cui il rispetto delle istituzioni democratiche, dei diritti dell’uomo e dello Stato di diritto costituiscono gli elementi essenziali dell’Accordo di parternariato con l’Europa. Da allora, nonostante il governo si sia gradualmente aperto alla libertà di stampa e al maggiore rispetto per i diritti umani, la comunità europea ha mantenuto la sospensione di tutti i sussidi e con essa gli altri organismi internazionali. Oggi il Togo è al collasso economico. Lo Stato togolese a stento è in grado di pagare gli insegnanti della scuola pubblica (80, 90 allievi per classe), è privo di fondi per poter combattere la violenza contro il corpo delle donne e il traffico dei bambini. Nei villaggi, disseminati per il paese, bambini e bambine, tolti alle loro famiglie con la promessa di un futuro migliore, vengono portati verso il Gabon, attraverso la Nigeria, e venduti come schiavi.

La pratica dell’infibulazione è assai diffusa in tutto il paese, non solo tra i musulmani (25% della popolazione) ma anche tra gli animisti (52%). Cinque sono le donne ministro nel governo di Eyadema e, tra queste, una in particolare, Saayo Boyoti, ministra degli Affari sociali, sta portando avanti una battaglia nazionale contro la violenza all’infanzia, a tutti i livelli, a cominciare dalla scuola. La ministra ha fatto approvare dal consiglio dei ministri il “Progetto del codice del bambino”, ora in attesa di essere varato dal Parlamento. Il suo obiettivo è la lotta alla violenza contro donne e bambini. Anche nella società civile si moltiplicano nel paese le iniziative di singoli e di associazioni, moltissime femminili, per combattere la povertà, la prostituzione, sostenere le madri che lavorano raccogliendo i bambini in asili per toglierli dalla strada (in media ogni donna ha sei figli). Ma occorrono fondi.

“Il governo mente, falsifica i risultati elettorali, corrompe i media”, denuncia Jean Pierre Fabre, il segretario generale dell’UFC, il maggiore partito di opposizione. Ministri e funzionari di governo dichiarano che il Togo è il paese con un tasso di analfabetismo inferiore alla media africana con la più avanzata politica per l’istruzione di tutta l’Africa (obbligatoria per maschi e femmine sino al 15mo anno di età). Il presidente Eyadema dichiara che nelle carceri non ci sono giornalisti e neppure detenuti politici. Afferma di condurre “una politica della porta aperta” e di aver condotto da tempo il paese verso la libertà di opinione e di stampa. Ma la politica di blocco esercitata dall’opposizione anche sulle istituzioni europee, impedisce al Togo di avere credibilità all’estero, in particolare presso l’Unione Europea. La società togolese è demoralizzata, si sente abbandonata e soffre moralmente l’ingiustizia dell’Occidente che usa due pesi e due misure con i paesi poveri, sospendendo aiuti a quelli che, come il Togo, stanno praticando la politica della “porta aperta” senza essere ascoltati e quelli che vengono aiutati pur non rispettando le clausole dell’articolo 96 di Cotonou.

Una delegazione di dodici giornalisti togolesi si è presentata il 14 aprile a Bruxelles, all’apertura ufficiale dei lavori per la ripresa della cooperazione tra Unione e Repubblica del Togo mentre una manifestazione di africani protestava contro il governo togolese denunciando ancora oggi il grave deficit democratico nel paese. Ma i giornalisti in delegazioni affermano che non c’era un togolese tra i manifestanti. Dunque, è in atto uno scontro politico sulla pelle del popolo togolese. E’ in nome delle sue sofferenze che i media si stanno mobilitando. “Il Togo e il popolo togolese al centro di tutte le preoccupazioni”, “Sessanta giorni…per convincere”, titolano i principali giornali di Lomè. “Questi giorni sono storici, il Togo è in effetti a una svolta decisiva della sua storia”, scrive con enfasi la stampa. “Dopo il capitolo tumultuoso del risveglio democratico degli anni Novanta, l’apertura delle consultazioni tra il Togo e l’Ue offre ai togolesi l’occasione di imprimere una svolta significativa al loro processo democratico”.

Il governo del presidente Eyadema ora deve infatti applicare i ventidue “engagements”, impegni che ha preso nei confronti della Commissione europea se vuole che l’Unione riprenda la cooperazione. Democrazia come ripresa del dialogo tra governo, opposizione e società civile, rispetto per i diritti dell’uomo, come liberazione dei prigionieri politici e azione giudiziaria contro i responsabili delle torture, libertà fondamentali a cominciare dalla libertà di opinione e di stampa, come revisione del codice della stampa, queste le principali richieste da parte europea. Il governo togolese sarà tenuto per sessanta giorni sotto tutela per verificare che la sua apertura alla democrazia e alla libertà sia concreta e veritiera. “Finite le supposizioni degli uni e degli altri sulla volontà europea di ripresa della cooperazione, finite le teorie di vittimismo del Togo, finite le belle parole. Ora spazio all’azione che secondo quanto dice l’Ue, permetterà di misurare i progressi del Togo nella soluzione del suo deficit democratico”. Un’azione che il Togo dovrà compiere entro sessanta giorni. Ma il suo presidente ha dichiarato che dalle sue elezioni del ’98 il governo si è aperto alla libertà dell’opposizione di esprimersi. Le elezioni legislative del ’99, aperte al multipartitismo, sono però state boicottate dall’opposizione, così che l’RPT, il partito di governo, ha conquistato 77 degli 81 seggi dell’assemblea nazionale.

Ora L’Unione Europea è pronta a finanziare elezioni locali per verificare la reale risposta politica della società. Ma in un paese privo di comunicazioni e di mezzi mediatici, ci si domanda come sia possibile una adeguata e corretta informazione, soprattutto tenendo conto che migliaia sono i villaggi isolati, ancora guidati dalla figura di preti wudu. Aldilà delle posizioni politiche, oltre le polemiche interne, l’Unione Europea dovrebbe promuovere una cooperazione concreta, verificabile e a sostegno di iniziative che nascono dalla società civile, senza interessi e vantaggi personali. In fondo la Commissione europea ha elargito in questi ultimi anni aiuti ai palestinesi senza chiedere in cambio garanzie democratiche e il rispetto dei diritti umani. E così in molti paesi africani. Politica di parte ed elefantiasi burocratica frenano interventi necessari e davvero utili per combattere la povertà assoluta. Il reddito medio di un togolese è di venti euro al mese. Non è difficile capire che la povertà porta con sé miseria umana e sfruttamento. Prostituzione delle bambine e tratta dei bambini sono i mali peggiori che affliggono la piccola Repubblica del Togo. Non lasciamo che un paese africano sia eternamente condannato allo schiavismo.

22 maggio 2004

www.susannacreperioverratti.it

 

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